Imperizia e imprudenza non escluse se il medico tenta più volte una manovra ad alto rischio
Il giudice non può escludere l’imperizia e l’imprudenza del medico se il camice bianco insiste in una manovra, nonostante sia noto il rischio di tentarla più volte. La Cassazione (sentenza 33405/2018) accoglie il ricorso del Pm e delle parti civili contro l’assoluzione di un’anestesista, accusata di aver provocato la morte di bimbo di 17 mesi dopo aver tentato per sette volte di incannulare le vene del collo del paziente, pur in assenza di un rischio immediato di vita e nell’ambito di un intervento programmato.
Per la Corte d’Appello l’omicidio colposo andava escluso per insussistenza del fatto. La Corte territoriale aveva escluso l’imperizia sulla base delle relazioni dei perito nominati dal Gip, che avevano evidenziato la grande difficoltà tecnica dell’incannulazione della giugulare e l’elevatissimo rischio di trombosi.
Per la Cassazione però la motivazione non regge. La Suprema corte inizia con il considerare quale norma applicare al fatto, accaduto nel 2007, quando non erano in vigore né il decreto Balduzzi né la legge Gelli Bianco. I giudici escludono la possibilità di applicare la norma in vigore allora, perché meno favorevole in quanto priva di distinzioni sul grado di colpa. Chiariscono poi l’impossibilità di applicare l’articolo 560-sexies del Codice penale dettato dalla Gelli Bianco per la parte che riguarda le linee guida. La norma è, infatti, chiara nel subordinare l’operatività all’emanazione delle linee guida in base a un articolato iter di elaborazione (articolo 5 della legge 24/2017) che a tutt’oggi manca. L’applicazione dell’articolo 590-sexies dovrebbe dunque essere limitata alla parte in cui richiama le buone pratiche assistenziali. Per quanto riguarda la legge Balduzzi, la Cassazione sottolinea che questa escludeva la responsabilità penale solo in caso di rispetto “dell’arte medica”.
La motivazione della Corte territoriale è dunque lacunosa nel non aver considerato se l’atto fosse, all’epoca dei fatti, oggetto di linee guida e cosa queste prescrivessero nel caso di un paziente del peso di poco più di sei chili. E in assenza di linee guida se esistessero delle buone pratiche clinico assistenziali. Per la Suprema corte il medico non poteva ignorare i rischi noti di una manovra che, a detta dei periti dell’accusa, era sconsigliato tentare più di due volte. Anche un’eventuale assenza di imperizia lascerebbe comunque in piedi la tesi dell’imprudenza. E seppur il reato sia prescritto, l’assoluzione è annullata per un nuovo verdetto agli effetti civili, nel quale dovrà essere valutato anche il grado di colpa.
Corte di cassazione - Sezione IV - Sentenza 18 luglio 2018 n.33045