Professione e Mercato

Tecnologie digitali, come regolamentare la concentrazione di potere e governare i rischi?

Dialoghi interdisciplinari tra tecnologi e giuristi, e l’utilizzo effettivo di valori pubblici e umanistici che si concentrano sull’effettiva espressione del potenziale umano, come partecipazione ed empatia, rappresentano le misure tra le più appropriate per controllare il potere digitale e per assicurare un accesso equo alle nuove risorse e infrastrutture

Businessman hands holding tablet with creative glowing world map hologram background. Digital transformation, innovation and future technology concept. Created with generative Ai technology.

di Giulia Gentile*

A partire dall’inizio del ventunesimo secolo, una serie di avanzamenti nel campo digitale hanno profondamente rivoluzionato la nostra società. Sviluppi tecnologici come l’accesso Internet a banda larga e la sua commercializzazione hanno permesso ad utenti in tutto il mondo di connettersi all’‘agorà virtuale’ e scambiare informazioni, idee, contenuti e servizi.

In tale contesto, l’avvento dei social media e delle piattaforme digitali era prevedibile, se non inevitabile. Gli utenti online si sono trasformati in prosumatori, in parte consumatori e in parte prodotto stesso, costantemente influenzati nelle loro scelte da algoritmi che monitorano e raccolgono informazioni sugli interessi e preferenze espressi online. Tali voluminose quantità di dati, non sempre raccolti nella consapevolezza degli utenti, hanno potenziato un altro importante avanzamento tecnologico il cui impatto sociale deve ancora rivelarsi pienamente: l’intelligenza artificiale. Tale tecnologia è pervasiva e malleabile, applicabile in svariati settori che spaziano dall’ambito medico, a quello militare o legale. L’intelligenza artificiale viene usata nei sistemi di riconoscimento facciale impiegati ai confini di varie nazioni, o su smartphone o tablet. È una tecnologia di potenziale ubiquo.

Un osservatore dell’evoluzione digitale potrebbe ritenere che tale progresso tecnologico sia unico, e non senza ragione: la dematerializzazione delle comunicazioni e delle informazioni, combinata all’estrazione di potere commerciale tramite infrastrutture digitali e dati, è indubbiamente senza precedenti. Ciò nonostante, come spiegato da Smil nel suo libro ‘Creare il XX secolo’, il progresso tecnologico ha costellato l’intera storia dell’umanità. Ne sono esempio l’invenzione del motore a vapore, dell’elettricità o dell’automobile, tra i vari. Allo stesso tempo, progresso tecnologico e progresso umano non sono equivalenti. Ciò è dovuto al fatto che tutti gli avanzamenti tecnologici emersi nella storia umana condividono la stessa caratteristica: essi rappresentano nuovi modi di organizzare ed esercitare potere, e creano nuove infrastrutture e risorse. È dunque evidente che il progresso tecnologico porti con sé significativi vantaggi e vincitori, ma anche importanti perdite e vinti.

Ineluttabilmente, ogni avanzamento tecnologico solleva ondate di resistenza dalle comunità negativamente impattate dalle tecnologie. Ciò che invece contraddistingue ogni progresso tecnologico è come tale nuovo potere venga esercitato, controllato, e limitato, e il tipo di accesso che viene fornito a tali nuove infrastrutture e risorse all’interno della società. La regolamentazione gioca un ruolo chiave in tale ambito, e può avere importanti funzioni redistributive, o, al contrario, di concentrazione del potere e divisione sociale.

Come affrontare, dunque, le sfide regolamentari poste dall’intelligenza artificiale e della concentrazione di poter(i) che essa porta con sé?

Come governare in maniera effettiva i rischi di questa tecnologia attraverso legislazione?

Alcune considerazioni sono in ordine. Innanzitutto, il potere algoritmico va contestualizzato alla luce della sua creazione: esso emerge in un ambito spesso privatistico che estrae valore da dati. Esso, dunque, influenza la privacy e le facoltà dell’individuo in quanto agente. Tali dinamiche possono non solo portare a concentrazioni di potere (i numerosi casi antitrust riguardanti società tech in Europa e altrove ne sono chiara prova), ma anche uno svilimento dell’attività umana, della conoscenza, e, in ultima analisi, del libero arbitrio.

In aggiunta, la regolamentazione digitale è storicamente emersa in ritardo’ rispetto allo sviluppo della tecnologia per una mancanza di conoscenza da parte delle autorità, o forse per praticità – solo problemi ‘sufficientemente gravi’ domandano interventi regolamentari, alcuni direbbero. Le conseguenze di tali forze e dinamiche in una società sempre più influenzata da tecnologie digitali potrebbero essere disastrose, e richiedono soluzioni collettive.

Dialoghi interdisciplinari tra tecnologi e giuristi, e l’utilizzo effettivo di valori pubblici e umanistici che si concentrano sull’effettiva espressione del potenziale umano, come partecipazione ed empatia, appaiono dunque come le misure più appropriate per controllare il potere digitale e per assicurare un accesso equo alle nuove risorse e infrastrutture.

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*Giulia Gentile, Ricercatrice, Università di Essex

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