Penale

Intercettazioni: no al sequestro probatorio per acquisire messaggi contenuti nel blackberry

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di Giuseppe Amato

In materia di utilizzazione di messaggistica con il sistema blackberry è corretto (e doveroso) acquisirne i contenuti mediante intercettazione ex articolo 266-bis del Cpp, atteso che le chat, anche se non contestuali, costituiscono un flusso di comunicazioni: l'intercettazione, del resto, avviene con il tradizionale sistema, ossia monitorando il codice pin del telefono (ovvero il codice Imei), che risulta associato in maniera univoca a un nickname. Lo hanno affermato i giudici dell a terza sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 50452 del 2015.

Il sequestro probatorio - Pertanto, deve escludersi che, per acquisire tale messaggistica, debba procedersi mediante lo strumento del sequestro probatorio ex articolo 254-bis del Cpp, ove si consideri che il sequestro probatorio di supporti informatici o di documenti informatici, anche detenuti da fornitori di servizi telematici, esclude, di per sé, il concetto di comunicazione e va disposto solo quando è necessario acquisire al processo documenti a fini di prova, mediante accertamenti che devono essere svolti sui dati in essi contenuti.

Rogatorie internazionali - La Corte nel ribadire, quindi, l'utilizzo dello strumento delle intercettazioni ha anche escluso fosse necessario il ricorso a una rogatoria internazionale in quanto, benché la società fosse canadese, le comunicazioni tramite messaggi erano avvenute in Italia, per effetto del convogliamento delle chiamate in un nodo situato in Italia, ove era stata svolta l'attività di captazione, tanto che l'intercettazione, a livello tecnico, era stata gestita dalla sede italiana della società.

Duplici i profili di interesse - Il primo, riguarda la disciplina applicabile alla intercettazione dei messaggi telefonici, che la Corte ha ritenuto essere quella di cui all'articolo 266-bis del Cpp, essendosi in presenza, pur sempre, di flussi di comunicazione, pur in assenza del requisito della contestualità tra il singolo messaggio e l'acquisizione.

La seconda, concerne l'affermazione del principio secondo cui il convogliamento delle comunicazioni (telefoniche o messaggistiche) in un nodo situato in Italia rende l'acquisizione pienamente legittima, senza la necessità di dover procedere mediante rogatoria internazionale. È quest'ultima affermazione consolidata, essendosi ormai da tempo sostenuto, in termini generali, che sono pienamente utilizzabili le intercettazioni, autorizzate dalla autorità giudiziaria nazionale, anche nei casi in cui le stesse abbiano avuto a oggetto conversazioni con utenti che si trovino all'estero, allorquando siano state effettuate avvalendosi della tecnica del cosiddetto “istradamento”, che consente la captazione delle telefonate che transitano dalle centrali collocate nel territorio italiano, e cioè attraverso i cosiddetti “ponti telefonici”.

In questo caso, infatti, l'attività di intercettazione viene eseguita esclusivamente se la telefonata, pur avendo a oggetto un'utenza straniera, o essendo compiuta all'estero, si avvale di una delle centrali collocate in Italia per collegarsi con altra utenza, ovvero nel caso inverso che altra utenza si colleghi a quella estera usufruendo dei ponti telefonici siti in Italia.

Da ciò deriva così che trattasi di metodica che, rispettando la sovranità di ogni singolo Stato, perché tutta l'attività di intercettazione, ricezione e registrazione delle telefonate viene compiuta sul territorio italiano, non necessita del ricorso alla procedura della rogatoria di cui all'articolo 727 del Cpp. Ricorso che sarebbe invece necessario solo in riferimento a interventi che dovessero compiersi all'estero per intercettazioni di conversazioni captate solo da un gestore straniero (sezione IV, 28 febbraio 2008, Volante; nonché, sezione IV, 6 dicembre 2011, Lazzaro e altri).

Corte di cassazione – Sezione III penale – Sentenza 23 dicembre 2015 n. 50452

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