Professione e Mercato

L'avvocato non può trattenere gli atti di causa per il pagamento dei compensi

Per il CNF, l'avvocato non ha il diritto di ritenzione (degli originali) degli atti e dei documenti di causa, tanto meno per ottenere il pagamento dei propri compensi

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di Marina Crisafi

Incorre in un illecito disciplinare l'avvocato che non restituisce al cliente, la documentazione e gli atti di cui è venuto in possesso nel corso dello svolgimento del proprio incarico professionale. Né costituisce una giustificazione il fatto che il cliente non paga le spese legali. Questo quanto affermato dal Consiglio Nazionale Forense (sentenza n. 171/2021) decidendo sul ricorso di un legale sospeso dalla professione per 4 mesi.

La vicenda
I fatti originavano dall'esposto dell'ex assistito che lamentava diverse "mancanze" da parte dell'avvocato che lo aveva seguito in alcune vicende legali, tra cui appunto, la mancata restituzione dei documenti e degli atti delle varie cause in relazione alle quali aveva avuto, in precedenza, rara informativa.
L'avvocato, dal canto suo, trasmetteva al COA memoria difensiva sostenendo di aver svolto rilevante attività in favore dell'esponente e che questi "aveva strumentalmente utilizzato il rimedio disciplinare per far fronte alla legittima richiesta di pagamento dei compensi ricevuta".
La questione finiva innanzi al Consiglio distrettuale di disciplina che dichiarava l'avvocato responsabile degli addebiti contestati e gli infliggeva la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per 4 mesi.
Il legale impugnava la decisione del CDD innanzi al CNF.

La decisione
Per il Consiglio, tuttavia, dalla corrispondenza versata in atti e dalle dichiarazioni testimoniali, non vi sono dubbi sugli addebiti contestati al legale, tra cui quello della violazione degli articoli 27 comma 6 e 33 comma 1 CDF nella duplice declinazione dell'omessa integrale restituzione al cliente della documentazione e dell'omesso rendiconto delle somme percepite nell'espletamento dei mandati defensionali.
La restituzione della documentazione richiesta, infatti, fu parziale ed avvenne solo all'esito di una lunga serie di solleciti da parte dell'esponente e del suo nuovo difensore, come evidenziato dallo scambio di corrispondenza tra l'incolpato e il novo procuratore, segno "evidente dell'inequivoco sottrarsi ad un dovere positivamente prescritto sia dall'articolo 27, comma 6 CDF sia dall'articolo 33 comma1, CDF".
A tutto ciò si aggiunge, secondo il CNF, l'estrema sinteticità del ricorso dell'incolpato, al limite dell'ammissibilità, nonché il comportamento dello stesso, il quale nel corso del procedimento non ha neppure provveduto analiticamente a contestare le contestazioni mosse dall'esponente, e pur richiedendo più volte di essere sentito dal CDD non è mai comparso a rendere alcuna dichiarazione.
Da qui il rigetto integrale del ricorso, con la negazione anche di possibili attenuanti, considerate e le precedenti procedure sanzionatorie e il comportamento processuale caratterizzato da un completo disinteresse e da "una diffusa e consapevole negligenza di doveri minimi nei confronti dell'esponente e del suo nuovo difensore, insistendo pervicacemente sia nell'inadempimento dell'obbligazione di pagamento assunta verso il terzo sia nel disinteresse nel restituire la documentazione, solo in parte riconsegnata, e nella resa del conto, mai operata".

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