Comunitario e Internazionale

L’impatto delle sanzioni sul riconoscimento e l’esecuzione dei lodi arbitrali internazionali

Le sanzioni possono avere un ruolo ai fini della (mancata) esecuzione di un lodo qualora siano considerate parte integrante del c.d. ordine pubblico dello Stato

Economic sanctions and government restrictions or punitive tariffs as a financial penalty or commercial sanction and trade barrier from countries to cause financial pain and incentive to change as a 3D illustration.

di Andrea Atteritano e Giovanni Zarra*

Il riconoscimento e l’esecuzione dei lodi arbitrali all’estero in materia commerciale è oggetto di uno dei trattati di maggior successo nella storia, la Convenzione di New York del 1958, che, con i suoi 172 Stati parte – tutti vincolatisi a dare esecuzione a tali decisioni, fatto salvo un numero ristretto di ipotesi di rifiuto –, rende un lodo arbitrale uno strumento spesso ben più efficace di una sentenza emessa da un giudice interno.

Sebbene tra i motivi che giustificano il rifiuto del riconoscimento di un lodo arbitrale ai sensi della Convenzione non figurino le sanzioni (emesse dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, o dall’Unione europea, o da singoli Stati su base unilaterale), queste ultime possono comunque avere un ruolo ai fini della (mancata) esecuzione di un lodo, laddove esse siano considerate parte integrante del c.d. ordine pubblico dello Stato dove l’esecuzione è richiesta, ossia di quell’insieme di principi e regole che costituiscono il nocciolo duro dell’ordinamento giuridico in un dato momento storico e che sono, in quanto tali, inderogabili.

La questione è di non poco conto se si considera che, soltanto a seguito dell’invasione dell’Ucraina a opera della Federazione Russa, sono stati colpiti dalle sanzioni circa 1950 soggetti ed enti privati, di cui molti operavano regolarmente nel mercato internazionale con controparti europee (e italiane) e sono, di conseguenza, spesso coinvolti in procedimenti arbitrali commerciali. Tra essi figurano banche, operatori del settore del lusso, minerario, della tecnologia, dell’energia, dell’aviazione e della navigazione marittima, ai quali, per quanto qui di interesse, da un lato, è, a far data dalle sanzioni, precluso avere rapporti commerciali con i Paesi europei e, dall’altro, sono stati congelati” i beni che già si trovavano in Europa e che ricadevano sotto il loro controllo (anche di fatto).

Cosa devono quindi aspettarsi gli operatori europei coinvolti in arbitrati con soggetti russi sanzionati aventi ad oggetto rapporti preesistenti alle sanzioni una volta che sia emessa la decisione finale?

La risposta è ovviamente diversa a seconda che il soggetto sanzionato, in seguito all’emissione del lodo, sia creditore o debitore dell’operatore europeo, il quale ultimo deve quindi esser ben informato di questi scenari allo scopo di determinare gli esiti a esso più favorevoli.

Nel primo caso, la soluzione più semplice per il creditore russo – e rischiosa per il debitore europeo – sarebbe quella di cercare di dare esecuzione al lodo in un Paese dove le sanzioni non trovano applicazione (ad es., una banca russa è di recente riuscita a dare esecuzione a un lodo presso la Corte suprema dell’Uzbekistan), sempre che siano ivi localizzabili beni che possano essere aggrediti. In alternativa, non vi è altra soluzione per il soggetto sanzionato che tentare il riconoscimento in un Paese dove le sanzioni trovano applicazione, con il concreto rischio che l’eccezione di ordine pubblico porti ad un diniego del riconoscimento e della successiva esecuzione. Copiosa è, infatti, la giurisprudenza utilizzabile al fine di dimostrare che le sanzioni – anche comminate dall’Unione europea – integrano i presupposti per essere considerate norme imperative tali da precludere l’esecuzione di obbligazioni ad esse contrarie.

Quanto invece al caso in cui l’operatore europeo risulti creditore di un lodo arbitrale - fatta sempre salva la possibilità di provare a dare esecuzione al lodo in un Paese dove le sanzioni non trovano applicazione - è sicuramente più facile che egli provi a soddisfarsi con successo su beni già oggetto di congelamento in un Paese europeo. Infatti, l’art. 2, par. 4) della Decisione europea n. 2014/145/CFSP dispone che possa essere autorizzato lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati (anche) al fine dell’esecuzione di un lodo, purché:

  • a) i fondi o le risorse economiche siano oggetto di una decisione arbitrale emessa anteriormente alla data delle sanzioni in questione;
  • b) i fondi o le risorse economiche saranno usati esclusivamente per soddisfare i crediti garantiti da tale decisione o riconosciuti validi da tale decisione;
  • c) la decisione non vada a favore di un soggetto sanzionato; e
  • d) il riconoscimento della decisione non sia contrario all’ordine pubblico dello Stato membro interessato.

Va comunque posta in evidenza una complicazione in cui potrebbe incorrere, alla luce della disposizione citata, chi prova a dare esecuzione a lodi emessi dopo l’attuazione delle sanzioni, seppur nell’ambito di procedimenti iniziati prima delle sanzioni stesse, posto che il testo della norma sembrerebbe tutelare soltanto i creditori di decisioni arbitrali che temporalmente precedono le sanzioni.

Non pare, invero, che un eventuale trattamento diverso di questi creditori rispetto a quelli che hanno il solo vantaggio di aver ottenuto in precedenza un lodo favorevole sia legalmente giustificabile, posto che altrimenti si verrebbe a creare una distinzione arbitraria basata sul giorno in cui il lodo che riconosce il credito è stato emesso. 

Questa tesi è, peraltro, corroborata dal fatto che la menzionata Decisione chiarisce che il congelamento non osta a che una soggetto sanzionato effettui un pagamento dovuto nell’ambito di un contratto concluso prima della data in cui le sanzioni siano state attuate – e dunque a prescindere dalla data in cui un eventuale lodo che riconosca il credito derivante da contratto sia emesso – purché il pagamento non sia percepito, direttamente o indirettamente, da un soggetto sanzionato.

Fondamentale sarà, quindi, un’adeguata preparazione del processo esecutivo, che non trascuri anche dei profili di (dis)uguaglianza sostanziale e le implicazioni sistemiche che deriverebbero da un’applicazione letterale della disposizione.

Il problema non sorge, invece, per quel che concerne le obbligazioni sorte dopo l’attuazione delle sanzioni, in quanto lo stesso contratto alla base di tali obbligazioni potrebbe in questo caso considerarsi invalido per violazione di norme imperative laddove la sua conclusione sia proibita dalle sanzioni.

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*A cura di Andrea Atteritano, Partner Hogan Lovells e Giovanni Zarra, Senior Associate Hogan Lovells e Professore Ordinario di diritto internazionale all’Università Federico II di Napoli

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