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L'indipendenza e l'imparzialità dei giudici polacchi non è inficiata dalla nomina in epoca pre-democratica

La Cgue ritiene che i dubbi sottoposti dalla Corte suprema della Polonia non siano tali da inficiare la presunzione di "terzietà"

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di Paola Rossi

Con la sentenza sulla causa C-132/20, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha affermato che il "semplice fatto" che un giudice sia stato nominato in un'epoca in cui lo Stato membro di appartenenza non era ancora un regime democratico non mette di per sé in discussione l'indipendenza e l'imparzialità del magistrato.

I quesiti
La Corte suprema polacca adita in qualità di giudice di ultima istanza ha sospeso il giudizio per operare il rinvio pregiudiziale alla Cgue, alla quale chiedeva se fosse da mettere in discussione la nomina dei giudici dei tribunali polacchi quando questa fosse avvenuta nell'epoca in cui il Paese non era ancora un regime democratico. Ossia se l'assenza dei requisiti dello Stato di diritto fossero atti a inficiare la legittimità delle nomine dei giudici per assenza di talune fondamentali garanzie democratiche, quali anche la dubbia indipendenza dell'organo di autogoverno della magistratura.
La Corte suprema chiedeva alla Cgue se i tre giudici di appello che si erano in precedenza occupati della controversia soddisfacessero i requisiti di indipendenza e di imparzialità stabiliti dal diritto dell'Unione. In quanto:
- uno di essi avrebbe cominciato la propria carriera di giudice sotto il regime comunista e non avrebbe prestato nuovamente il giuramento solenne dopo la fine di tale regime;
- gli altri due sarebbero stati nominati giudici di appello in un'epoca (ossia tra il 2000 e il 2018) in cui, secondo la Corte costituzionale polacca, il Consiglio nazionale della magistratura (Krs), che ha partecipato alla loro nomina, non funzionava in maniera trasparente e la sua composizione era contraria alla Costituzione.

Nomina in epoca pre-democratica
La Corte di giustizia risponde alla prima questione chiarendo che la carriera del giudice iniziata sotto il regime comunista senza prestare poi nuovo giuramento costituisca un "semplice fatto", che non ne rimette da solo in discussione l'indipendenza e l'imparzialità. La Corte sottolinea che l'adesione della Polonia all'Unione europea (e al requisito unionale fondamentale del rispetto dello Stato di diritto) non ha fatto registrare specifiche difficoltà connesse alla circostanza che alcuni giudici polacchi fossero stati già nominati in un'epoca in cui la Polonia non era ancora un regime democratico. L'epoca della nomina non è quindi un punto fondamentale e dirimente per valutare negativamente l'indipendenza della magistratura polacca.

Le nomine dell'organo di autogoverno
Per quanto riguarda l'indipendenza degli altri due giudici nominati dall'organo di autogoverno della magistratura la Cgue non dà rilevanza decisiva all'argomento portato dal giudice del rinvio. Per la Cgue non si riverbera sull'indipendenza dei giudici dei tribunali - alla cui nomina ha partecipato l'organo di autogoverno - la pronuncia della Corte costituzionale polacca che aveva dichiarato l'illegittimità dell'iter di nomina dei consiglieri del Krs. Secondo la Cgue la sentenza costituzionale del 2017 non si era specificatamente espressa sull'indipendenza dell'organo - all'epoca della nomina dei due giudici - e quindi non era atta a porre in dubbio la presunzione della sua legittimità delle relative nomine effettuate.

Legittimazione al rinvio pregiudiziale
Infine, va rilevato che la Cgue ha rigettato il rilievo del Mediatore polacco interveniente nel giudizio il quale sosteneva che difettassero i requisiti di indipendenza anche in capo alla stessa Suprema Corte polacca che avev operato il rinvio alla Cgue. Questa ha però risposto di non disporre di informazioni tali da rovesciare la presunzione di legittimità del giudice polacco di ultima istanza a proporre questioni pregiudiziali alla Cgue. Quindi, indipendentemente dalla sua composizione concreta, non visono elementi per escluderla dal novero delle giurisdizioni nazionali legittimate al rinvio pregiudiziale presso il giudice dell'Unione. Ragionamento che ha fondato il giudizio di ricevibilità delle questioni sottoposte e chiarite con la sentenza in esame.

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