Penale

L’interdizione legale e dai pubblici uffici sono nulle se la pena è inferiore a cinque anni

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di Paola Rossi

Le sanzioni accessorie dell’interdizione legale e dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici sono illegali se applicate a seguito di condanna a pena inferiore ai cinque anni. E l’illegittimità è rilevabile d’ufficio dal giudice di appello e dalla Corte di cassazione anche quando l’impugnazione sia inammissibile. Così la prima sezione penale della Suprema Corte - con la sentenza n. 20246/2024 - ha dettato il principio di diritto in base al quale il giudice nel caso di concordato in appello deve annullare le sanzioni accessorie interdittive disposte nel primo grado di giudizio, anche se non oggetto dei motivi di impugnazione - nel caso in cui la pena risultante dall’accordo delle parti sia inferiore ai cinque anni. Infatti, in tal caso l’interdizione legale durante l’espiazione della pena non è applicabile tout court al pari dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici che va necessariamente imposta solo in via temporanea.

Nel caso concreto la condanna a sette anni - comminata dal giudice di primo grado e corredata dalle due misure interdittive nella misura massima - era stata concordata in appello in poco più di quattro anni. Ma il giudice dell’impugnazione non aveva annnullato/adeguato le due sanzioni accessorie dell’interdizione. La Cassazione spiega che tale inerzia del giudice non è giustificata dall’assenza di motivi specifici di impugnazione sul punto. Ciò discende dalla rilevabilità d’ufficio delle conseguenze non previste dalla legge in caso di condanna.

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