Il CommentoAmministrativo

La crisi di impresa negli appalti all'epoca del PNRR

Cresce l'interesse sull'interazione tra le norme che regolano le procedure fallimentari e le procedure di scelta del contraente. Le due normative per anni sono corse parallele, trovando punti di contatto nell'una e nell'altra normativa all'occorrenza, ma senza mai intersecarsi perché di fatto rispondenti a finalità completamente diverse: da un canto la <span id="U402216267393VtG" style="font-weight:bold;font-style:normal;">certezza </span>di una procedura di <span id="U40221626739338F" style="font-weight:bold;font-style:normal;">scelta del contraente in un appalto pubblico</span>, dall'altro la <span id="U402216267393UgG" style="font-weight:bold;font-style:normal;">salvaguardia dell'impresa</span> e degli interessi ad essa connessi in situazioni di crisi.

di Francesca Petullà*

Cresce l'interesse sull'interazione tra le norme che regolano le procedure fallimentari e le procedure di scelta del contraente. Le due normative per anni sono corse parallele, trovando punti di contatto nell'una e nell'altra normativa all'occorrenza, ma senza mai intersecarsi perché di fatto rispondenti a finalità completamente diverse: da un canto la certezza di una procedura di scelta del contraente in un appalto pubblico, dall'altro la salvaguardia dell'impresa e degli interessi ad essa connessi in situazioni di crisi.

Di certo entrambe normative dettate dall'evolversi delle condizioni di mercato che negli ultimi tre anni hanno subito fortissime oscillazioni dovute alle ben note vicende tali da comportare, nell'immediatezza, prima una sospensione dell'entrata in vigore del codice dell'impresa e poi, di pari passo, la decretazione d'emergenza per il Codice dei contratti sino la normazione straordinaria; normative, quindi, che restano profondamente influenzate dalla pratica degli affari e dall'andamento economico ormai quotidiano sia in fase di adozione delle disposizioni che di applicazione e interpretazione da parte degli operatori giuridici e non.

Non è un caso che, entrato in vigore lo scorso luglio il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, a breve è intervenuta Anac con un suo Comunicato sull'impatto della novella sulla qualificazione delle imprese di costruzione e subito dopo una interessante sentenza del Consiglio di Stato che ratifica e consolida di fatto il portato della novella frutto di anni di confronto tra dottrina e giurisprudenza sulla natura del concordato.

Perché il punto di contatto tra le due disposizioni da anni è proprio la disciplina del concordato liquidatorio o non, disputa che ha visto fronteggiarsi "innocentisti e colpevolisti" sinanco dinnanzi alla Adunanza plenaria del Consiglio di stato che si è vista dover intervenire per cercare di dare una linea di condotta comune nell'interpretare il disposto dell'art. 80 comma 5 del codice dei contratti in combinato disposto con l'art. 110 del medesimo codice.

Il dedalo delle norme

In principio era la legge fallimentare, nella quale, la sola norma che si occupava degli appalti pubblici era l'art. 81, la quale peraltro si limitava (e tuttora si limita) a rinviare alla relativa disciplina.

Il sistema si caratterizzava per l'assoluta preminenza accordata all'interesse pubblico, che in questo settore è a monte, l'interesse alla speditezza e stabilità della procedura di gara, e, a valle, quello alla regolare esecuzione del contratto pubblico. Infatti, le procedure concorsuali (o quanto meno di alcune di esse) e quella degli appalti pubblici erano destinate a correre parallele e a non intersecarsi, o meglio, a biforcarsi immediatamente qualora fossero venute ad incrociarsi: l'art. 38 del vecchio Codice degli Appalti Pubblici escludeva dalla partecipazione alle procedure di affidamento di concessioni e di appalti pubblici, oltre che dalla possibilità di essere affidatari di subappalti e di stipulare i relativi contratti, i soggetti che si trovano in stato di fallimento, liquidazione coatta e concordato preventivo, nonché quelli nei cui confronti fosse in corso "un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni"; a sua volta l'art. 140, per l'eventualità di fallimento, liquidazione coatta amministrativa o concordato dell'appaltatore, facoltizzava la stazione appaltante ad interpellare i soggetti che avevano partecipato alla gara originaria, in base all'ordine risultante dalla relativa graduatoria, al fine della stipula di un nuovo contratto per il completamento dei lavori.

La disciplina introdotta sul punto dal D.l.gs. 18 aprile 2016, n. 50, è, rispetto a quella previgente, sicuramente più organica e di più ampio respiro.

Come noto, l'art. 80, comma 5°, d.lgs. 50/2016 prevede l'esclusione automatica dalle gare e l'impossibilità di stipulare i contratti per l'operatore economico che si trovi sottoposto a procedura concorsuale, tra le quali procedure è contemplata anche quella del concordato preventivo (previsione confermata nella bozza di nuovo codice da ultima licenziata dal Consiglio di Stato). Tale divieto ammette un'unica eccezione consistente nel concordato con continuità aziendale.

L'art. 110 si occupa, infatti, non soltanto del concordato in continuità, ma anche del concordato con cessione dei beni e del fallimento, ove sia stato autorizzato l'esercizio provvisorio. Per il concordato si distingue e si disciplina sia la fase che segue l'ammissione che quella ad essa precedente (facendo espressa menzione della domanda di concordato presentata ai sensi dell'art. 161, comma 6°, l. fall.), con riferimento sia alla prosecuzione dei contratti che alla partecipazione alle gare.

Il quadro che ne emerge può così riassumersi:
• nel caso di fallimento con autorizzazione all'esercizio provvisorio: il curatore può sia eseguire i contratti già stipulati dall'impresa fallita, sia partecipare a procedure di affidamento di concessioni ed appalti di lavori, forniture e servizi, ovvero essere affidatario di subappalto;
• nel caso di concordato in continuità: dopo l'ammissione alla procedura l'impresa ha le medesime facoltà (esecuzione dei contratti pubblici in corso e partecipazione a gare pubbliche) appena viste per il fallimento con esercizio provvisorio, mentre, dopo il deposito del ricorso, anche ai sensi dell'art. 161, comma 6°, l. fall., e sino all'ammissione, essa può (soltanto) eseguire i contratti pubblici già stipulati;
• nel caso di concordato con cessione dei beni: l'impresa può eseguire i contratti pubblici in corso sia prima che dopo l'ammissione, ma non partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici.

In tutti questi casi è prevista un'autorizzazione del giudice delegato, sentito il parere dell'ANAC, che, in determinati casi, può subordinare la partecipazione, l'affidamento di subappalti e la stipulazione dei relativi contratti, all'avvalimento di altro operatore in possesso dei requisiti richiesti per l'affidamento dell'appalto (comma 5°).

Questa regola non vale però per l'impresa ammessa al concordato con continuità aziendale, che, a mente del precedente comma 4°, "non necessita di avvalimento di requisiti di altro soggetto".

Ebbene, ormai è chiaro a tutti che la disciplina dettata dal Codice degli Appalti e quella contenuta nell'art. 186 bis l. fall. sono destinate a convivere. Ciò innanzi tutto perché le nuove disposizioni si applicheranno "alle procedure e ai contratti per le quali i bandi di gara o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano stati ancora inviati gli inviti a presentare offerte" (così l'art. 216, comma 1°, del Codice e così pure la nova bozza di Codice ).

Altrettanto vero è che a regime, peraltro, un'abrogazione tacita per incompatibilità appare predicabile soltanto per il quarto comma dell'art. 186 bis (atteso che l'art. 110, comma 3°, del D.lgs. n. 50/2016 consente la partecipazione alle gare soltanto dopo l'ammissione), e per la lett. b) del comma successivo (in quanto l'avvalimento non è più richiesto per le imprese ammesse al concordato con continuità).

Pienamente compatibile con la nuova normativa è, in particolare, il sistema di attestazioni suppletive previsto dal terzo e dal quinto comma, lett. a), dell'art. 186 bis. È anzi verosimile che tali disposizioni forniranno la traccia del corredo documentale necessario ai fini del rilascio delle autorizzazioni previste dall'art. 110 del D.lgs. n. 50/2016, anche al di fuori dell'ambito di applicazione loro proprio (e quindi, in particolare, per l'autorizzazione all'esecuzione di contratti pubblici dopo il deposito di domanda di concordato con riserva ovvero nell'ambito di un concordato con cessione dei beni).

Le attestazioni suppletive e l'avvalimento obbligatorio

L'attestazione della conformità al piano della continuazione di contratti pubblici (art. 186 bis, comma 3°), o della partecipazione a gare pubbliche (art. 186 bis, comma 5°, lett. a), presuppone, oltre all'ovvio riscontro che l'una o l'altra siano previste nel piano, anche che i flussi dei costi e dei ricavi attesi dall'esecuzione di tali contratti, i relativi fabbisogni finanziari e la relativa copertura, siano inglobati nell'ambito del piano predisposto ai sensi dell'art. 186 bis, comma 2°, lett. a), con un grado di analiticità che sarà ovviamente maggiore per i contratti in corso di esecuzione e per le gare per le quali sia stata già presentata, o sia di prossima presentazione, la relativa domanda, e minore per le gare non ancora bandite o per quelle per le quali l'opportunità di partecipare si presenti in un secondo momento.

La ragionevole capacità di adempimento del contratto andrà invece vagliata tenendo conto delle condizioni che legittimerebbero la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 108 del D.lgs. n. 50/2016 , attestando quindi che la capacità tecnico organizzativa dell'impresa è tale da garantire la regolare esecuzione del contratto sotto il profilo sia qualitativo che quantitativo. L'una e l'altra attestazione dovrebbero in definitiva escludere, nel concordato con continuità aziendale, che l'interesse dell'imprenditore alla prosecuzione di contratti pubblici pendenti, ovvero all'acquisizione di nuovi contratti, possa confliggere con l'interesse pubblico alla regolare esecuzione del contratto, o con l'interesse dei creditori al "miglior soddisfacimento".

Analoghe basi documentali dovrebbero poi supportare le autorizzazioni previste dall'art. 110 del D.lgs. n. 50/2016 per le ipotesi di prosecuzione di contratti pubblici nell'ambito di un "esercizio provvisorio" destinato ad innestarsi in una procedura di stampo liquidatorio, sia essa il fallimento ovvero il concordato con cessione dei beni: per il primo, del resto, opera il limite rappresentato dalla mancanza di pregiudizio per i creditori (art. 104, comma 1°, l. fall.), mentre per il secondo pare logico fare riferimento al disposto dell'art. 2487, lett. c), c.c., e quindi al carattere conservativo della gestione provvisoria dell'impresa ed alla sua funzionalizzazione al miglior realizzo dei cespiti aziendali.

Per quel che infine concerne l'avvalimento, esso è oggi obbligatoriamente previsto, in aggiunta alle attestazioni di cui si è sin qui parlato, per la partecipazione a gare pubbliche da parte dell'impresa ammessa al concordato con continuità, mentre in futuro, per le gare cui si applicherà il D.lgs. n. 50/2016, l'avvalimento potrà essere richiesto dall'ANAC, al fine della partecipazione o dell'affidamento di subappalti e per la stipulazione dei relativi contratti, al ricorrere di determinati presupposti, e cioè
"a) se l'impresa non è in regola con i pagamenti delle retribuzioni dei dipendenti e dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali", ovvero
"b) se l'impresa non è in possesso dei requisiti aggiuntivi che l'ANAC individua con apposite linee guida" (art. 110, comma 5°).

Sebbene per i "requisiti aggiuntivi" occorrerà attendere l'emanazione da parte dell'ANAC delle relative linee guida, l'ipotesi contemplata nella lett. a) è già tale da dar luogo, nella normalità dei casi, alla richiesta di avvalimento da parte dell'ANAC, a meno che la medesima Autorità non si orienti nel senso di ritenere che la mancanza di regolarità retributiva e contributiva vada riferita agli adempimenti maturati nel corso della procedura piuttosto che a quelli pregressi.

In ogni caso l'avvalimento, sia ai sensi dell'art. 186 bis, comma 5°, lett. b), l. fall., sia a mente dell'art. 110, comma 5°, del D.lgs. n. 50/2016, consiste nell'impegno assunto nei confronti dell'impresa concorrente e della stazione appaltante da altro operatore economico, "in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica, nonché di certificazione, richiesti per l'affidamento dell'appalto", di mettere a disposizione "per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa nel corso della gara, ovvero dopo la stipulazione del contratto, non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all'appalto o alla concessione".

Tale istituto, e dall' art. 89 del nuovo Codice , si presentano in modo diverso: quest'ultimo è facoltativo, e consiste nel "prestito" da altra impresa di alcuni dei requisiti richiesti per la partecipazione alla gara; il primo, invece, previsto come obbligatorio dall'art. 186 bis, comma 5°, lett. b), lo è anche nei casi in cui l'ANAC subordinerà la partecipazione all'avvalimento ai sensi dell'art. 110, comma 5°, e comporta inoltre una duplicazione dei requisiti di partecipazione alla gara, che dovranno essere posseduti sia dall'impresa ausiliata che da quella ausiliaria.

Malgrado ed al di là di queste differenze, derivanti dalla diversa funzione cui l'avvalimento assolve – nell'un caso, quella di consentire la partecipazione alla gara anche a soggetti che non siano in possesso di tutti i requisiti all'uopo necessari, sì da ampliare la platea dei concorrenti, e, nell'altro, quella di garantire che il contratto pubblico troverà, in ogni caso, regolare esecuzione –, per altri aspetti, ed in particolare per quel che concerne il regime dei controlli demandati alla stazione appaltante, della responsabilità solidale dell'impresa concorrente e di quella ausiliaria, e dei limiti posti all'avvalimento, deve ritenersi applicabile la disciplina dettata dall'art. 89 del D.lgs. n. 50/2016.

La attestazione delle imprese di costruzione (SOA): il Comunicato di Anac del 16 novembre 2022

Anac con un recente comunicato del Presidente 16 novembre 2022 ha richiamato l'attenzione degli organismi di attestazione (SOA) il nuovo portato normativo, in particolare, gli effetti prodotti dall'entrata in vigore del nuovo art. 95 del Codice della crisi d'impresa , espressamente richiamato dall'art. 80, comma 5, lettera b) del Codice dei contratti pubblici, in sostituzione del precedente art. 186-bis della Legge fallimentare.

Sul punto, l'Autorità ha ritenuto che l'avvicendarsi tra il nuovo art. 95 e il precedente art. 186-bis non abbia mutato il criterio già delineato dal legislatore, il quale ammette la partecipazione alle gare e alla qualificazione nel solo caso di continuità aziendale dell'impresa sottoposta alla procedura e non anche nella diversa ipotesi di concordato liquidatorio. L'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa, e in particolare dell'art. 95, pertanto, non ha determinato nuove modalità di gestione delle imprese in procedura concorsuale ai fini della qualificazione, restando ferma la distinzione tra concordato liquidatorio e concordato in continuità.

Il punto di arrivo…… nella sentenza Consiglio di Stato, Sez. V, 11 ottobre 2022, n. 8685

Il Consesso interviene traendo le prime conclusioni a pochi mesi dall'entrata in vigore del Codice della crisi di Impresa per le imprese ammesse al concordato preventivo con continuità aziendale, al fine della partecipazione alle gare pubbliche: in gara non è sufficiente dichiarare, ma occorre provare l'autorizzazione del competente organo della procedura fallimentare, con acquisizione della relazione di un professionista abilitato contenente le attestazioni di conformità al piano concordatario e di ragionevole capacità di adempimento del contratto.

In altri termini vengono ribaditi i principi elaborati dalla giurisprudenza in merito alla qualificazione del possesso dell'autorizzazione giudiziale come requisito di partecipazione alla procedura ad evidenza pubblica, che va non soltanto dichiarato ma anche dimostrato alla stazione appaltante in corso di gara, comunque prima dell'aggiudicazione.

I giudici hanno ribadito che il quadro normativo è ormai definito e delineato perché sia l'art. 80, comma 5, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016, che prevede tale causa di esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica, sia l'art. 110, comma 4, dello stesso d.lgs., nei testi modificati dal d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, contemplano l'eccezione delle imprese che abbiano fatto domanda o che siano state ammesse al concordato preventivo con continuità aziendale, facendo rinvio all'art. 186 bis del r.d. 16 marzo 1942, n. 267.

I commi 4 e 5 di tale ultima disposizione, a loro volta, prevedono che "Successivamente al deposito della domanda di cui all'articolo 161, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato. L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l'impresa presenta in gara:
a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto;
".

L'applicazione delle richiamate disposizioni comporta la necessità che l'impresa ammessa al concordato preventivo con continuità aziendale sia autorizzata a partecipare alla procedura ad evidenza pubblica, ai sensi dell'art. 186 bis, comma 4, della legge fallimentare, ma porta anche ad escludere che il comma 5 dello stesso articolo, nel richiedere la relazione del professionista abilitato, prescriva un adempimento alternativo all'autorizzazione del comma precedente. Esso va piuttosto interpretato nel senso che la relazione si debba aggiungere all'autorizzazione quale requisito ulteriore richiesto per partecipare alla procedura (cfr. già Cons. Stato, III, 18 ottobre 2018, n. 5966 ).

Secondo i giudici, il riscontro della correttezza dell'interpretazione sopra esposta si rinviene nella disciplina dettata dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, contenente il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, che, pur essendo entrata in vigore il 15 luglio 2022, è stata tenuta presente dal d.l. n. 18 aprile 2019, n. 32, quando ha introdotto le modifiche sopra dette degli artt. 186 bis della legge fallimentare e 80, comma 5, e 110 del Codice dei contratti pubblici.

Il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza ha risolto il difettoso coordinamento interno all'art. 186 bis, commi 4 e 5, prevedendo nella rinnovata disciplina del concordato preventivo con continuità aziendale, all'art. 95, commi 3 e 4 , che: "3. Successivamente al deposito della domanda di cui all'articolo 40 [n.d.r. domanda di ammissione al concordato preventivo], la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura [n.d.r. della procedura di concordato preventivo], dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato. 4. L'autorizzazione consente la partecipazione alla gara previo deposito di una relazione del professionista indipendente che attesta la conformità al piano, ove predisposto, e la ragionevole capacità di adempimento del contratto.".

L'art. 372 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza ha inoltre disposto la modifica degli artt. 80, comma 5, lett. b) e 110, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, prevedendo, in luogo del rinvio all'art. 186 bis del r.d. n. 267 del 1942, il rinvio all'art. 95 dello stesso d.lgs. n. 14 del 2019.

Trova quindi definitiva conferma la necessità per le imprese ammesse al concordato preventivo con continuità aziendale, per partecipare alle gare pubbliche, di ottenere l'autorizzazione del competente organo della procedura fallimentare, con acquisizione della relazione di un professionista abilitato contenente le attestazioni di conformità al piano concordatario e di ragionevole capacità di adempimento del contratto.

Tale ricostruzione è, altresì, coerente con quanto esposto nella decisione assunta dall'Adunanza plenaria.

Infatti, la sentenza dell'Adunanza plenaria, 27 maggio 2021, n. 9 , si è pronunciata sulla questione dell'ammissione alla partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici delle imprese che avessero presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco (o con riserva o pre-concordato) ex art. 161, comma 6, della legge fallimentare.

Pur non essendo tale questione rilevante nel presente giudizio, va rimarcata l'affermazione dell'Adunanza plenaria secondo la quale la conclusione "che subordina la partecipazione alle procedure di gara al prudente apprezzamento del tribunale, vale sia per l'ipotesi che l'impresa abbia già assunto la qualità di debitore concordatario nel momento in cui è indetta la (nuova) procedura ad evidenza pubblica, che per il caso in cui, all'inverso, la domanda di concordato segua temporalmente quella già presentata di partecipazione alla gara. In questo senso la formula "partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici", contenuta nell'art. 186 bis, comma 4 (e da ultimo all'art. 110, comma 4, del codice dei contratti), deve essere letta nel suo significato più pieno e più coerente con quella esigenza di controllo giudiziale ab initio che, realizzandosi sin dal momento in cui si costituisce il rapporto processuale con il giudice fallimentare, rappresenta il punto di equilibrio tra la tutela del debitore e quella dei terzi" (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 9/2021, paragrafo 7, parte finale).

Sebbene l'Adunanza plenaria si sia pronunciata con riferimento alla disciplina vigente prima delle modifiche apportate dal d.l. n. 32 del 2019, le argomentazioni a supporto dei principi di diritto affermati – pur essendo superate, per quanto riguarda il concordato c.d. con riserva, dalla modifica legislativa dell'art. 110, comma 4, del Codice dei contratti pubblici – sono utili ad interpretare la regola della necessità dell'autorizzazione del giudice delegato per l'impresa ammessa al concordato con continuità aziendale. Tale regola, prima contenuta nell'art. 110, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, è poi confluita nell'art. 186 bis, comma 4, del r.d. n. 267 del 1942 (e, dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 14 del 2019, nell'art. 95, commi 3 e 4, di quest'ultimo).
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*A cura dell'Avv. Francesca Petullà, Studio Legale Petullà - Partner 24 ORE Avvocati
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