Penale

La remissione della querela vale anche se l’imputato non l’accetta espressamente

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di Selene Pascasi

La remissione della querela è efficace anche se l'imputato non la accetti espressamente o sia assente al processo: l'importante è che non si comporti in modo tale da far intendere che voglia opporvisi. A sottolinearlo è il Tribunale di Aosta, sezione penale, con sentenza n. 124 del 14 marzo 2017.

Tratto a giudizio per concorso nel reato di furto, è un uomo impossessatosi, per trarne profitto, di un telefono cellulare di nuova generazione, sottraendolo al proprietario, che lo custodiva dietro alla cassa di un esercizio commerciale. Fatti per i quali, la persona offesa dichiarava di voler ritirare la querela a suo tempo proposta.

L'imputato, però, non si era presentato in udienza e non aveva, pertanto, avuto modo di accettare, di fronte al giudice, la remissione di querela. Ma il Tribunale tiene conto della decisione del derubato di tornare sui propri passi, ed emette – nonostante l'assenza del reo – sentenza di «non doversi procedere per intervenuta remissione di querela».

Nel deciderlo, si evidenzia come per l'efficacia estintiva della remissione non sia necessaria l'accettazione della medesima da parte dell'imputato. È sufficiente, infatti – come ribadisce costante giurisprudenza – che si accerti l'inesistenza «di una ricusazione espressa o tacita» ai sensi dell'articolo 155 del Codice penale. In altre parole, non occorre acquisire l'accettazione espressa da parte del querelato, purché, dichiaratamente o da fatti concludenti, non risulti che egli intenda ricusare la remissione.

D'altro canto, è assodato che, per il pensiero prevalente, ai fini dell'efficacia della remissione di querela non sia indispensabile l'accettazione, essendo sufficiente che, da parte del querelato, non vi sia un rifiuto espresso o tacito di tale remissione.

Di conseguenza, in assenza di condotte incompatibili che remino nella direzione contraria – pervenibili nelle forme più varie all'autorità giudiziaria procedente – anche la contumacia dell'imputato potrà essere apprezzata quale indice dell'assenza della volontà di interessarsi della propria posizione processuale (Cassazione, sentenza 7072/11). Essenziale, allora, che nell'assenza o contumacia dell'imputato non siano apprezzabili «segni positivi della volontà di costui di coltivare il processo per giungere alla rilevazione della propria innocenza» (Cassazione, sentenza 30614/08).

Soluzione lineare, peraltro, anche con quanto previsto in caso di mancata comparizione del querelante, punto sul quale si è di recente pronunciata la Cassazione (sentenze 18969/17 e 17136/17) richiamando la tesi sostenuta dalla Sezioni unite (sentenza 31668/16), intervenute ad affermare che integra una remissione tacita di querela l'assenza all'udienza dibattimentale (dinanzi al Giudice di pace: Cassazione, sentenza 47539/16) del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice che tale scelta sarebbe stata intesa come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela.

Ebbene, nella vicenda concreta, il reo, scegliendo di non presenziare all'udienza penale, aveva esternato il suo disinteresse per il processo. Comportamento dal quale, inevitabilmente, doveva dedursi la volontà tacita di non ricusare la remissione di querela. Di qui, l'efficacia della rimessione formulata dalla parte offesa e la dichiarazione di non doversi procedere nei suoi confronti.

Tribunale di Aosta, sentenza 14 marzo 2017, n. 124

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