Professione e Mercato

La tutela dei segreti commerciali nell'industria 4.0

La disciplina dei segreti commerciali, regolata dagli art. 98 e 99 del Codice di Proprietà Industriale (c.p.i.), recentemente rafforzati in seguito all'entrata in vigore nel 2018 del decreto di attuazione della direttiva (UE) 2016/943, rappresenta il principale strumento per tutelare queste informazioni, ma per poter beneficiare di tali coperture legislative è importante implementare adeguati modelli organizzativi e di protezione dei dati

di Francesca La Rocca Sena*


Nell'impresa 4.0, informazioni e dati, come quelli di produzione, automatizzazione dei macchinari, ma anche le liste fornitori e clienti, costituiscono il principale valore del patrimonio sociale.

È, quindi, oggi fondamentale tutelare questi asset aziendali dalla loro illecita acquisizione, utilizzo e divulgazione da parte di concorrenti, fatti che causano alle imprese un danno economico e competitivo spesso assai rilevate.

Non infrequentemente capita, per esempio, che uno o più dipendenti passino ad un concorrente che, dopo poco tempo, esce sul mercato con un prodotto identico a quello realizzato dall'ex datore di lavoro; o casi in cui un soggetto che acquistava un prodotto in private label da un'impresa decida di acquistarlo da terzi disposti a realizzarne una copia a prezzi più convenienti.

La disciplina dei segreti commerciali, regolata dagli art. 98 e 99 del Codice di Proprietà Industriale (c.p.i.), recentemente rafforzati in seguito all'entrata in vigore nel 2018 del decreto di attuazione della direttiva (UE) 2016/943, rappresenta il principale strumento per tutelare queste informazioni, ma per poter beneficiare di tali coperture legislative è importante implementare adeguati modelli organizzativi e di protezione dei dati.

Informazioni tecniche e commerciali, possono infatti godere della tutela prevista dall'art. 98 c.p.i., ove tali informazioni siano segrete, nel senso che non siano, nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi note, o facilmente accessibili agli esperti e agli operatori del ramo, abbiano dette informazioni valore economico in quanto segrete e siano sottoposte a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.

La giurisprudenza (da ultimo Trib. Venezia 16 gennaio 2021) afferma che il know how meritevole di tutela non deve connotarsi in termini di novità assoluta rispetto allo stato dell'arte e alla produzione di prodotti similari, potendo sussistere diritti di know how rispetto alle concrete modalità di produzione, progettazione e commercializzazione dei prodotti.

Più delicato è la predisposizione e, poi, la verifica delle misure adeguate di protezione di detti segreti.

Tali misure hanno il duplice scopo di impedire che coloro che le detengono (ad esempio dipendenti e collaboratori) le portino a conoscenza di terzi e che i terzi possano accedervi direttamente.

Dunque all'interno dell'impresa dovranno essere adottate comportamenti al fine di rendere manifesta la volontà del titolare delle informazioni di mantenerle segrete, quali ad esempio circolari interne, protocolli, ordini di servizio, informativa generale, ma anche misure idonee ad impedire a terzi non autorizzati l'accesso alle informazioni riservate, ad esempio attraverso adeguati mezzi di protezione dei sistemi informatici, degli archivi fisici, una rigida regolamentazione per l'accesso alle informazioni in base ai ruoli svolti e predisposizione di patti di non concorrenza o accordi di segretezza.

Fondamentale è ricordare che la valutazione circa l'idoneità delle misure adottate va evidentemente effettuata con un giudizio ex ante, ossia ponendosi nella posizione in cui si trovava il legittimo detentore prima della contestata sottrazione. Dunque, le adeguate misure a tutela dei segreti devono essere implementate immediatamente ed aggiornate costantemente.

Un ulteriore concetto che è importante chiarire è quello della liceità dell'uso delle informazioni ricavabili attraverso un'attività di c.d. reverse engeniring.

L'art. 99 c.p.i. afferma infatti che l'acquisizione, uso e rivelazione dei segreti commerciali, senza il consenso del loro titolare, è illecita "salvo il caso in cui essi siano conseguiti in modo indipendente dal terzo".

A tale riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che per escludere la tutelabilità delle informazioni segrete non è sufficiente l'astratta possibilità di risalirvi tramite l'analisi e la scomposizione del prodotto stesso, occorrendo che tale processo di reverse engineering possa qualificarsi come "facile" per "gli esperti e gli operatori del settore".

Risulta, pertanto, dirimente accertare se l'autore del prodotto (per esempio di un macchinario), che si assume essere stato realizzato attraverso l'illecita utilizzazione di dati segreti del concorrente, abbia effettivamente svolto l'attività di decompilazione e di analisi.

Nel caso in cui non sussistano i requisiti per applicare la normativa del Codice di proprietà Industriale in tema di segreti commerciali, bisogna comunque tenere a mente che l'uso di un complesso di informazioni aziendali riservate avvenuto da parte di un concorrente secondo modalità scorrette e che sia idoneo a causare un danno concorrenziale, potenziale o attuale, costituisce una violazione delle norme in tema di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598 del Codice Civile.

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*A cura dell'Avv. Francesca La Rocca Sena - Studio Legale Sena & Partners

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