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Lavori in condominio, il venditore rischia di perdere il diritto a impugnare la delibera

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, ordinanza n. 16654 depositata oggi, dichiarando inammissibile il ricorso dell’alienante che non essendo più un condomino non aveva neppure interesse ad agire

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di Francesco Machina Grifeo

Il condomino che contesti la delibera condominiale – nel caso di approvazione di lavori di manutenzione straordinaria– se vende l’appartamento in corso di causa deve allegare il suo “persistente interesse ad ottenere un diverso assetto organizzativo della decisione sui lavori” a pena dell’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, ordinanza n. 16654 depositata oggi, chiarendo che non è valida a questi fini la memoria depositata ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c., secondo cui: “Le parti possono depositare le loro sintetiche memorie illustrative non oltre dieci giorni prima dell’adunanza

Nella memoria, il ricorrente aveva infatti allegato che “l’interesse all’esito della impugnazione della delibera assembleare … non è venuto meno anche se egli ha venduto l’immobile”, in quanto l’azione “tende ad ottenere la declaratoria di nullità della stessa avente ad oggetto l’approvazione della contabilità finale dei lavori di straordinaria manutenzione …”, in forza della quale egli “si è visto quindi richiedere il pagamento della propria quota millesimale”, sicché “sussiste anche attualmente l’interesse concreto del ricorrente a far venir meno detta delibera condominiale, posto che ciò comporterebbe il venir meno del titolo per il quale sono state riscosse le somme da parte del Condominio, che pertanto sarà tenuto a restituirle al predetto”.

Per la II Sezione civile, tuttavia, queste deduzioni sono inammissibili, in quanto la funzione esclusiva delle “sintetiche memorie illustrative” (articolo 380-bis.1. c.p.c.) è quella, appunto, di illustrare e chiarire i motivi della impugnazione e di confutare le tesi avversarie, “non potendo viceversa esse servire a specificare, integrare o ampliare il contenuto dei motivi originari, allegando, come nella specie, quale perdurante interesse si abbia alla caducazione di una deliberazione assembleare condominiale, nonostante il risalente venir meno della qualità di condomino”.

In sostanza, prosegue la decisione, il venir meno, in corso di causa, del requisito di legittimazione consistente nell’essere l’attore condomino impedisce al giudice di pronunciare l’annullamento della deliberazione impugnata, “essendo venuto meno il potere dell’attore di interloquire sul modo di operare dell’assemblea e di incidere sugli effetti da essa derivanti, a meno che - come detto - lo stesso attore non prospetti che la permanente efficacia di detta delibera continua a ripercuotersi sulla sua sfera patrimoniale, ad esempio per essere egli tuttora obbligato a contribuire alle spese che quella aveva approvato e ripartito”.

Nel caso specifico, il ricorrente aveva venduto l’appartamento nel corso del processo, ed in particolare durante il giudizio d’appello. “Deve dunque escludersi - prosegue la Cassazione - che possa più pronunciarsi l’annullamento della delibera avente ad oggetto la manutenzione straordinaria dell’edificio, nella specie lamentandosi la difformità della contabilità dei lavori approvata rispetto al capitolato speciale d’appalto, in quanto la dismissione dello status di condomino da parte dell’attore, ora ricorrente, ha fatto venir meno ogni suo interesse ad un diverso contenuto organizzativo di quella delibera e quindi pure ad avvalersi dell’impugnazione, in difetto di specifica allegazione di una permanente incidenza negativa delle irregolarità denunciate nella sfera giuridica del ricorrente”.

La Suprema corte ha dunque affermato il seguente principio di diritto: «L’azione di annullamento delle deliberazioni dell’assemblea di condominio, disciplinata dall’art. 1137 c.c., presuppone, quale requisito di legittimazione, la sussistenza della qualità di condomino dell’attore non solo al momento della proposizione della domanda, ma anche al momento della decisione della controversia, determinando, di regola, la perdita di tale status il conseguente venir meno dell’interesse ad agire dell’istante ad ottenere giudizialmente una caducazione o una modifica della portata organizzativa della delibera impugnata». E, prosegue: «La perdita della qualità di condomino può lasciar sopravvivere l’interesse ad agire solo quando l’attore vanti un diritto in relazione alla sua passata partecipazione al condominio e tale diritto dipenda dall’accertamento della legittimità della delibera presa allorché egli era ancora condomino, ovvero quando tale delibera incida tuttora in via derivata sul suo patrimonio».

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