Immobili

Locazioni: recesso del conduttore sempre per iscritto

Per la Cassazione, il contratto di locazione soggetto all'obbligo di forma scritta deve essere risolto per iscritto non trovando applicazione il principio di libertà delle forme

di Marina Crisafi

Il contratto di locazione va risolto in forma scritta. È quanto ha affermato la Cassazione (ordinanza n. 18971/2022) offrendo spunti interessanti sulle facoltà riconosciute al conduttore.

La vicenda
Ad approdare innanzi alla Suprema Corte è il ricorso di una società immobiliare locatrice di un immobile che veniva lasciato senza alcun preavviso dall'inquilino. Per la ricorrente, era stato violato quanto stabilito nel contratto di locazione che, richiamando le previsioni dell'articolo 4 della legge n. 392/1978, sanciva la facoltà di recesso della parte conduttrice solo previo preavviso di almeno sei mesi, da inviarsi a mezzo raccomandata A/R.
La società locatrice chiedeva pertanto il pagamento, oltre che dei canoni ancora non versati, anche dell'indennità per mancato preavviso.
Il conduttore si difendeva, sostenendo di aver esercitato la sua facoltà di recesso verbalmente.
Ma dal Palazzaccio danno ragione alla società.

La decisione
Ricordano, preliminarmente, i giudici che la giurisprudenza ha già escluso la validità del preavviso orale dell'intenzione, della parte conduttrice, di recedere dal contratto di locazione, e ciò in quanto "la risoluzione consensuale di un contratto può avvenire anche con una manifestazione tacita di volontà, salvo che per il contratto da risolvere non sia richiesta la forma scritta ad substantiam", tale ultimo essendo il caso che occupa, visto che "il contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta ex art. 1, comma 4, della I. n. 431 del 1998 è affetto da nullità assoluta, rilevabile da entrambe le parti e d'ufficio, attesa la ratio pubblicistica del contrasto all'evasione fiscale" (cfr. Cass. n. 22647/2017).
Di qui, pertanto, l'enunciazione del principio secondo cui "il contratto di locazione ad uso abitativo, soggetto all'obbligo di forma scritta ai sensi dell'art. 1, comma 4, della I. n. 431 del 1998, deve essere risolto con comunicazione scritta, non potendo, in questo caso, trovare applicazione il principio di libertà delle forme" (così, in motivazione, sempre Cass. n. 22647/2017).
D'altra parte, nel caso in esame, le parti avevano contrattualmente ribadito, con apposita clausola, che il recesso del conduttore fosse comunicato per iscritto.
Ciò comportava, quindi, affermano gli Ermellini, l'applicazione dell'art. 1352 c.c., a mente del quale le forme convenzionalmente stabilite anche per singole clausole contrattuali si intendono volute per la validità delle stesse.
La norma "de qua" è stata ritenuta applicabile anche al recesso, "costituendo un atto negoziale unilaterale dal contenuto negativo, nel senso che pone fine agli effetti sostanziali della permanenza del contratto rispetto al quale si esplica", di talché sussiste, "anche nella fattispecie di atto di recesso, la presunzione che l'articolo 1352 c.c. trae dall'adozione negoziale della forma scritta" (cfr. Cass. n. 18414/2019).
Assorbiti gli altri motivi, il ricorso è accolto e la sentenza cassata con rinvio.

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