Maltrattamenti in famiglia, la Consulta frena su sospensione responsabilità genitoriale
La Consulta, sentenza numero 55 depositata oggi, boccia l’automatismo affermando che il giudice deve poter valutare la situazione caso per caso nell’interesse del minore
Non è nell’interesse del minore fissare un rigido automatismo tra la condanna per maltrattamenti in famiglia e la sospensione dalla potestà genitoriale, prescindendo dunque da ogni valutazione circa la situazione concreta venutasi a creare dopo il delitto. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, con la sentenza n. 34 depositata oggi, richiamando la “progressiva emersione … della centralità dell’interesse del minore nel sistema normativo”. Ed aggiungendo così un’altra pronuncia ad un percorso iniziato nel 2012 con la sentenza n. 31 sulla “alterazione di stato”.
È stato così dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 34, secondo comma, del codice penale nella parte in cui non consente al giudice di valutare in concreto se - a seguito della condanna per il delitto di maltrattamenti in famiglia commesso, in presenza o a danno di minori, con abuso della responsabilità genitoriale (articolo 572, secondo comma, del codice penale) - corrisponda all’interesse del minore applicare anche la pena della sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale.
Nel caso specifico, il Tribunale di Siena riconosciuta la responsabilità dei genitori, ex articoli 81 e 572, secondo comma, cod. pen., «perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, ponevano in essere abitualmente, con finalità educative, condotte violente ed aggressive nei confronti dei figli minori conviventi», non poteva far altro che applicare la sanzione accessoria della sospensione dalla potestà genitoriale. E ciò, nonostante durante il dibattimento, fosse emersa la ricomposizione del quadro familiare. E allora per il rimettente la «automatica applicazione della pena accessoria» «appare suscettibile di produrre effetti nocivi nell’interesse del minore»; ed in particolare «l’interesse del minore, da valutare in concreto, alla preservazione del nucleo familiare», di qui i dubbi di legittimità costituzionale.
L’articolo 34, secondo comma, del codice penale, ricorda la decisione, prevede che, in caso di condanna per delitti commessi con abuso della responsabilità genitoriale, sia automaticamente applicata anche la pena accessoria della sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale, per un periodo di tempo pari al doppio della pena inflitta.
Per la Consulta «il rigido automatismo che impone al giudice di applicare la pena accessoria in questione non consente una valutazione in concreto dell’interesse del minore a vedere recisa, sia pure temporaneamente, o mantenuta, nonostante l’irrogazione della pena principale, quella relazione tra genitori e figli (nella quale agli obblighi derivanti dalla responsabilità genitoriale corrisponde il diritto del minore ad essere mantenuto e istruito dai genitori) in tutte quelle ipotesi – di cui costituisce esempio il caso all’esame del giudice rimettente – in cui risulti accertata la ricomposizione del quadro familiare e l’interesse del minore possa risultare meglio protetto, quindi, senza che sia sospesa la responsabilità genitoriale, venendone altrimenti paradossalmente leso».
Sul punto la Corte richiama quanto stabilito con la sentenza n. 102 del 2020, quando è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli articoli 2, 3, 30 e 31 Cost., l’articolo 574-bis, terzo comma, cod. pen., «nella parte in cui prevede che la condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di sottrazione e mantenimento di minore all’estero ai danni del figlio minore comporta la sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, anziché la possibilità per il giudice di disporre la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale». Osservando che «tale pena accessoria presenta caratteri del tutto peculiari rispetto alle altre pene previste dal codice penale, dal momento che, incidendo su una relazione, colpisce direttamente, accanto al condannato, anche il minore, che di tale relazione è il co-protagonista».
“Anche l’odierna norma censurata – prosegue la Consulta - pone l’irragionevole presunzione assoluta che, a fronte di una condanna del genitore per il reato di maltrattamenti in famiglia, l’interesse del minore sia sempre e soltanto tutelato sospendendo il genitore dall’esercizio della responsabilità genitoriale”. “Al contrario, le norme costituzionali evocate a parametro (artt. 2, 3 e 30 Cost.) impongono che sia il giudice penale a valutare se la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale sia, in concreto e alla luce dell’evoluzione, successiva al reato, del rapporto tra figlio e genitore, la soluzione ottimale per il minore, in quanto rispondente alla tutela dei suoi preminenti interessi”.
Altro passaggio importante è quello in cui la Corte interpella il Legislatore: «Resta affidata alla prudente considerazione del legislatore – si legge - se il giudice penale sia l’autorità giurisdizionale più idonea a compiere la valutazione di effettiva rispondenza all’interesse del minore di un provvedimento che lo riguarda, o se invece tale valutazione possa essere meglio compiuta dal tribunale dei minorenni…».