“Manovra”, il processo si estingue se non si è in regola col contributo unificato
Nel Ddl Bilancio entra la previsione per cui il giudice dichiara l’estinzione del processo civile in caso non solo di omesso ma anche parziale pagamento del contributo unificato
“Estinzione del processo per omesso o parziale pagamento del contributo unificato”. Recita così la rubrica dell’articolo 307-bis del Cpc introdotto dall’articolo 105 del Disegno di legge di bilancio per il 2025, firmato oggi dal Capo dello Stato. Una misura davvero drastica che ha lo scopo di combattere l’evasione contributiva. Il processo, dunque, si legge nel testo, “si estingue per omesso o parziale pagamento del contributo unificato”. L’impossibilità di proseguire nella domanda di giustizia si manifesta anche soltanto nel caso in cui il pagamento non sia corretto.
Alla prima udienza il giudice, dovrà verificare se il pagamento sia stato fatto e in caso di irregolarità assegnerà alla parte interessata, un termine di trenta giorni per il versamento o l’integrazione, rinviando l’udienza a data “immediatamente successiva”. In questa udienza il giudice, in caso di mancato pagamento nel termine assegnato, “dichiara l’estinzione del giudizio”.
In caso poi di mancato o parziale pagamento, nel termine assegnato, del contributo unificato dovuto per la proposizione della domanda riconvenzionale, per la chiamata in causa, per l’intervento volontario in confronto di tutte le parti o per la proposizione dell’impugnazione incidentale, il giudice dichiara l’improcedibilità della domanda cui si riferisce l’inadempimento. Vengono fatti salvi unicamente i procedimenti “cautelari e possessori”. Vi rientrano invece le controversie disciplinate dal rito del lavoro e al processo esecutivo.
Immediata la reazione dell’Avvocatura. Per L’Organismo Congressuale Forense “lo stop ai processi è incostituzionale”, e si deve quindi subito “stralciare la misura”. Una simile norma, si legge in una nota, di fatto attribuirebbe al giudice “poteri di amministrazione finanziaria”. E, ricordano i legali, “ogni tentativo di subordinare la tutela dei diritti ad imposizioni o a prestazioni patrimoniali è stato, nel tempo, bocciato dalla Corte costituzionale”. L’Ocf annuncia “ogni iniziativa volta ad evitare la approvazione della norma e di qualsiasi altro provvedimento che pieghi l’operato del Giudice a ragioni fiscali”.
Per il Movimento forense “la giustizia non può essere per pochi o nel caso per ricchi” e “l’esercizio dell’azione (inteso come accesso alla giustizia), garantito costituzionalmente dall’art. 24, non può essere e non deve essere condizionato ad un adempimento di natura fiscale”. Inoltre, aggiunge MF “il mancato pagamento del contributo unificato non può essere e non è mai stato un adempimento di competenza dell’Avvocato, difatti è versato dal cittadino che richiede l’accesso alla giustizia”.
Mentre l’Associazione nazionale forense ricorda che un analogo tentativo era stato effettuato nel 2022, “ma che poi il governo era stato costretto a ritirare per evidente incostituzionalità“. Per il segretario generale Giampaolo Di Marco: “E’ inaccettabile mettere con le spalle al muro il cittadino che intende rivolgersi alla giustizia che non può essere un diritto solo per i più abbienti”. “Ancora una volta – aggiunge - vi è la sgradevole sensazione di uno Stato che fa pagare le proprie inefficienze ai cittadini. La lotta all’evasione non si fa sopprimendo diritti costituzionali, ma organizzando un sistema in grado di recuperare tempestivamente i tributi evasi”.
Secondo Carlo Foglieni, presidente AIGA: “Così si rischia di far gravare ancora una volta sulla classe forense responsabilità che esulano la funzione difensiva, portando persino all’estrema conseguenza di dover ’anticipare’ il contributo unificato pur di non far dichiarare l’estinzione del processo”.
L’articolo 106 della Manovra prevede poi che per le controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana il contributo unificato dovuto è pari a 600 euro. All’articolo 13 del Dpr 115/2002, n. 115, dopo il comma 1-quinquies, è infatti inserito il comma 1-sexies: «Per le controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana il contributo dovuto è pari a 600 euro. Il contributo è dovuto per ciascuna parte ricorrente, anche se la domanda è proposta congiuntamente nel medesimo giudizio.».
Il Ddl contiene poi all’articolo 107 una norma che va nel segno della gratuità delle copie di atti e documenti dei procedimenti penali. Una previsione salutata favorevolmente dalla Giunta dell’Unione camere penali. Viene infatti modificato l’articolo 269 del Dpr 115/2002 prevedendo che: “Il diritto di copia senza certificazione di conformità non è dovuto quando la copia è estratta direttamente dal fascicolo informatico dai soggetti abilitati ad accedervi”. Viene anche introdotto l’articolo 269-bis che disciplina il “Diritto per la trasmissione con modalità telematica di duplicati e copie informatiche nel procedimento penale” stabilendo che “per la trasmissione da parte della segreteria o della cancelleria del duplicato o della copia informatica di atti e documenti del procedimento penale”, è dovuto il diritto forfettizzato nella misura € 25,00 ove avvenga mediante riversamento su strumenti di memorizzazione di massa fisici (chiavette USB, CD, DVD) o di € 8,00 ove avvenga mediante trasmissione con modalità telematica (tramite posta elettronica, posta elettronica certificata o portali).
Per i penalisti si fa un passo avanti “verso l’effettività dell’esercizio del diritto di difesa, affinché -in attesa dell’entrata a regime del fascicolo informatico che permetterà ai difensori, a discovery avvenuta, di estrarre gratuitamente duplicati di atti e documenti- sia abbattuto e razionalizzato il costo della copie”. “Al momento, infatti – si legge nel comunicato della Giunta -, l’impossibilità di selezionare da remoto le parti di fascicolo di interesse costringe chi vuole ottenere presso il proprio studio atti e documenti tramite il TIAP a pagare -secondo il sistema del calcolo del diritto “a pagina”- l’intero fascicolo mentre la copia di supporti CD costa ancora € 327,56.
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di Ennio Codini - Professore associato di diritto pubblico presso l'Università Cattolica di Milano