Maxi processo Reggio Emilia: dall'aggravante dell'associazione armata al concorso esterno del professionista
In materia di mafia e in particolare su aggravante dell'associazione armata, presupposto dei reati di riciclaggio e reimpiego di capitali e concorso esterno del professionista, la Cassazione con la recente sentenza del 5 aprile n. 15041 detta una serie di principi interessanti nell'ambito del "maxi processo" instaurato dalla regione Emilia Romagna.
L'aggravante dell'associazione armata - Poiché in relazione alle associazioni di stampa mafioso (cosa nostra, 'ndrangheta e camorra), la stabile dotazione di armi è fatto notorio non ignorabile, l'aggravante dell'associazione armata, una volta accertata la disponibilità di armi (integrata dalla mera disponibilità delle armi da parte dell'associazione, indipendentemente dal fatto che essa configuri le ipotesi delittuose di porto e detenzione, e quindi ravvisabile anche per armi legalmente detenute), è certamente configurabile, in ragione della sua natura oggettiva, in capo a ogni singolo partecipe del sodalizio criminoso; e ciò ancorché la disponibilità delle armi sia provata a carico di un solo appartenente.
Riciclaggio e illecito reimpiego - Il delitto di associazione di tipo mafioso può costituire il presupposto dei reati di riciclaggio e di reimpiego di capitali, in quanto di per sé idoneo a produrre proventi illeciti, rientrando negli scopi dell'associazione anche quello di trarre vantaggi o profitti da attività economiche lecite per mezzo del metodo mafioso. Tuttavia, non è configurabile il concorso fra i delitti di cui agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale e quello di associazione mafiosa, quando la contestazione di riciclaggio o reimpiego nei confronti dell'associato abbia a oggetto denaro, beni o utilità provenienti proprio dal delitto di associazione mafiosa, operando in tal caso la clausola di riserva contenuta nelle predette disposizioni; mentre può configurarsi il concorso tra i reati sopra menzionati nel caso dell'associato che ricicli o reimpieghi proventi dei soli delitti-scopo alla cui realizzazione egli non abbia fornito alcun contributo causale (cfr. sezioni Unite, 27 febbraio 2014, Iavarazzo).
L'aggravante - Ai fini della configurabilità dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis, comma 6, del codice penale - che ricorre quando gli associati intendono assumere il controllo di attività economiche, finanziando l'iniziativa, in tutto o in parte, con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti - occorre, in primo luogo, una particolare dimensione dell'attività economica, nel senso che essa va identificata non in singole operazioni commerciali o nello svolgimento di attività di gestione di singoli esercizi, ma nell'intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, sulle altre strutture che offrano gli stessi beni o servizi; in secondo luogo, è pure necessario che l'apporto di capitale corrisponda a un reinvestimento delle utilità procurate dalle azioni criminose, essendo proprio questa spirale sinergica di azioni delittuose e di intenti antisociali a richiedere un più efficace intervento repressivo.
Il concorso esterno del professionista - Correttamente viene ravvisato il concorso esterno in associazione di tipo mafioso (nella specie, 'ndranghetistico) ex articoli 110 e 416-bis del Cp nei confronti del professionista, esperto in materia finanziaria, che consapevolmente offra il proprio contributo tecnico al perseguimento degli scopi dell'associazione criminale, mettendo a disposizione la propria specifica capacità professionale di tipo economico-finanziario, rafforzano con il proprio operato l'organizzazione in particolare favorendo il reimpiego dei profitti illeciti.
La partecipazione ad associazione mafiosa e il concorso esterno costituiscono fenomeni completamente alternativi fra loro, in quanto la condotta associativa implica la conclusione di un pactum sceleris fra il singolo e l'organizzazione criminale, in forza del quale il primo rimane stabilmente a disposizione della seconda per il perseguimento dello scopo sociale, con la volontà di appartenere al gruppo, e l'organizzazione lo riconosce e include nella propria struttura, anche per facta concludentia e senza necessità di manifestazioni formali o rituali, mentre il concorrente esterno è estraneo al vincolo associativo, pur fornendo un contributo causalmente orientato alla conservazione o al rafforzamento delle capacità operative dell'associazione, ovvero di un suo particolare settore di attività o articolazione territoriale, e diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima. Ai fini della rilevanza del concorso esterno in associazione mafiosa non è però sufficiente una valutazione ex ante del contributo, risolta cioè in termini di mera probabilità di lesione del bene giuridico protetto, ma è necessario un apprezzamento ex post, in esito al quale sia dimostrata, alla stregua dei comuni canoni di «certezza processuale», l'elevata credibilità razionale dell'ipotesi formulata in ordine alla reale efficacia condizionante della condotta atipica del concorrente.
Cassazione – Sezione V penale – Sentenza 5 aprile 2019 n. 15041