Migranti, dopo 6 mesi stop al rinvio al Paese di ingresso
Le autorità competenti di uno Stato Ue, che decidono il trasferimento del richiedente protezione internazionale nel Paese membro di primo ingresso, devono procedere all’esecuzione del provvedimento entro sei mesi. In caso contrario, la competenza passa dallo Stato di primo ingresso al Paese che dispone il trasferimento ma non lo esegue. E questo in modo automatico, senza che le autorità del Paese di entrata nello spazio Ue esprimano il rifiuto a riprendere in carico l'interessato.
È la Corte di giustizia dell'Unione europea a stabilirlo con la sentenza depositata ieri (nella causa C-201/16, Shiri) con la quale gli eurogiudici, seppure indirettamente, danno una mano agli Stati di primo ingresso.
A richiedere l’intervento di Lussemburgo è stata la Corte amministrativa austriaca alle prese con il ricorso di un iraniano entrato in Europa dalla Bulgaria.
L’uomo era arrivato in Austria e aveva presentato una domanda di protezione internazionale. L’Agenzia per l’immigrazione e l’asilo aveva chiesto alle autorità bulgare di riprendere in carico il caso. Tuttavia, a fronte della risposta affermativa dell’amministrazione bulgara, le autorità austriache non avevano proceduto al trasferimento del profugo. Di qui la richiesta del cittadino extra Ue di poter presentare nuovamente la domanda alle autorità austriache.
Prima di tutto, la Corte di giustizia ha precisato che il regolamento Dublino III n. 604/2013 prevede che uno Stato membro non competente a decidere sulla domanda di asilo debba procedere al trasferimento del richiedente entro sei mesi dall’accettazione della richiesta dell'altro Stato Ue di riprendere in carico l’istanza.
In caso contrario, la competenza è trasferita allo Stato membro in origine non competente. Di conseguenza, il Paese competente secondo il regolamento di Dublino «è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato». Si tratta di un trasferimento di competenza – osserva la Corte – che scatta in modo automatico perché l’articolo 29 del regolamento non subordina il passaggio sulla decisione della richiesta a ulteriori condizioni. In questo modo, poi, non è posto un altro onere sullo Stato di primo ingresso ed è garantito un esame rapido delle domande di protezione internazionale. Questo anche a vantaggio del richiedente che non deve essere danneggiato dall’inerzia dello Stato di secondo ingresso.
Non solo. Il richiedente, decorso il termine di sei mesi, acquisisce il diritto di rivolgersi al secondo Stato membro in forza del trasferimento automatico di competenza provocato dalla mancanza del rispetto del termine. Con il diritto del richiedente, in linea con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, di usufruire di un ricorso effettivo e rapido e di far valere in giudizio la scadenza del termine anche dopo la decisione sul trasferimento.
Corte di giustizia Ue, sentenza 25 ottobre 2017 sulla causa C-201/16