Misure cautelari: il decorso del tempo attenua le esigenze di cautela
Secondo la Cassazione (Sezione VI, 13 novembre 2015- 26 novembre 2015 n. 46960, Proc. Rep. Trib. Lecce in proc. D'Alema) , in tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all'articolo 74 del dpr 9 ottobre 1990 n. 309, in presenza di condotte esecutive risalenti nel tempo, la sussistenza delle esigenze cautelari deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l'attualità, in quanto il decorso di un arco temporale significativo può essere sintomo di un proporzionale affievolimento del pericolo di reiterazione.
Infatti, anche per i reati per i quali vige la presunzione relativa di cui all'articolo 275, comma 3, del Cpp (esistenza delle esigenze cautelari e adeguatezza della misura cautelare carceraria), la distanza temporale tra i fatti ed il momento della decisione cautelare, quale circostanza tendenzialmente dissonante con l'attualità e l'intensità dell'esigenza cautelare, comporta l'obbligo per il giudice di motivare sia in relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della misura.
Ciò valendo, in particolare, proprio per il reato di cui all'articolo 74 citato perché l'associazione ivi sanzionata non presuppone necessariamente l'esistenza di una struttura organizzativa complessa, essendo, al contrario, una fattispecie “aperta”, idonea a qualificare in termini di rilevanza penale situazioni fortemente eterogenee, oscillanti dal sodalizio a vocazione transnazionale all'organizzazione di tipo “familiare”; con la conseguenza che, in un panorama così variegato, il giudice deve valutare ogni singola fattispecie concreta, ove la difesa rappresenti elementi idonei, nella sua ottica, a scalfire la presunzione relativa operante per il reato de quo , ovvero a dimostrare l'insussistenza di esigenze cautelari o la possibilità di soddisfarle con misure di minore afflittività
La decisione - Quindi, nella specie, secondo la Corte, correttamente e motivatamente il giudice del riesame, aveva annullato la misura della custodia in carcere, tra l'altro proprio per il reato associativo, ritenendo prive di concretezza e di attualità le esigenze cautelari, in quanto la contestazione si riferiva ad un'attività illecita marginale e comunque racchiusa in un arco temporale risalente nel tempo.
L'affermazione è convincente, ove si consideri che, in tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al “tempo trascorso dalla commissione del reato” di cui all'articolo 292, comma 2, lettera c), del Cpp, impone al giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari (cfr. Sezioni unite, 24 settembre 2009, Lattanzi). Per l'effetto, ai fini dell'apprezzamento del rischio di recidiva, è necessario indicare gli elementi concreti sulla base dei quali è possibile affermare che l'indagato/imputato, verificandosene l'occasione, potrà commettere reati della stessa specie, mentre non assolve a tale obbligo la motivazione che valorizzasse il tempo trascorso esclusivamente per scegliere una misura cautelare meno afflittiva (cfr. Sezione III, 19 maggio 2015, Sancimino, nonché, Sezione IV, 28 marzo 2013, Cerreto). Ergo, ne deriva che la necessità di uno specifico apprezzamento in punto di “attualità” impone una “motivazione rafforzata”, per giustificare positivamente l'esigenza di cautela, in caso di fatto risalente nel tempo.
Ma è convincente anche alla luce del novum normativo introdotto dalla legge 16 aprile 2015 n. 47, laddove, quanto all'esigenza cautelare del pericolo di fuga (articolo 274, comma 2, lettera b), del Cpp)ed a quella del pericolo di recidiva (articolo 274, comma 2, lettera c), del Cpp) è stata prevista l'”attualità”, oltre che la concretezza del pericolo, non dissimilmente a quanto già previsto per l'esigenza cautelare correlata al pericolo di inquinamento probatorio (articolo 274, comma 2, lettera a), del Cpp).
Infatti, se la concretezza significa esistenza di elementi “concreti” (cioè non meramente congetturali) sulla cui base possa argomentarsi il rischio cautelare, il requisito dell'attualità impone un ulteriore sforzo motivazionale, risultando necessario che il rischio cautelare si basi su riconosciute “occasioni prossime favorevoli”, accreditanti o il rischio della fuga o quello della reiterazione del reato: ed è chiaro che tale sforzo motivazione deve essere particolarmente stringente proprio rispetto a vicende risalenti nel tempo.
Corte di Cassazione – Sezione VI penale – Sentenza 26 novembre 2015 n. 46960