Responsabilità

Movida selvaggia, a Brescia la minaccia di una class action contro il comune

Dopo la sentenza della Corte di cassazione n. 14209 del 23 maggio scorso cittadini pronti a chiamare in causa il comune

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di Francesco Machina Grifeo

La lotta contro la movida selvaggia che si scatena soprattutto nei periodi estivi tenta una nuova strada, quella della class action contro i comuni incapaci di far rispettare la quiete pubblica. È la carta che vogliono giocare 140 residenti del quartiere Carmine di Brescia stanchi di passare notti insonni. Alla base dell'iniziativa c'è una recente sentenza della Corte di cassazione (n. 14209 del 23 maggio scorso) che ha accolto il ricorso di due coniugi bresciani contro il Municipio per le immissioni di rumore nella propria abitazione, proprio in via Fratelli Bandiera. I cittadini hanno così inviato via pec contenente un ultimatum al Comune di Brescia riservandosi "in caso di mancato intervento risolutivo o contenitivo dei fenomeni, di valutare l'introduzione di azione giudiziaria nei confronti del Comune".

Secondo la Terza sezione civile della Cassazione infatti: "la P.A. è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere, con ciò potendo essere condannata sia al risarcimento del danno (artt. 2043 e 2059 c.c.) patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un facere , al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità, non investendo una tale domanda, di per sé, scelte ed atti autoritativi, ma, per l'appunto, un'attività soggetta al principio del neminem laedere". In tal modo riconoscendo la titolarità dal lato passivo del convenuto Comune.

Un tema molto delicato quello delle immissioni sonore che è stato al centro anche delle polemiche di questi giorni che hanno portato la Rai alla decisione di spostare la trasmissione dell'alba di Fiorello "Viva Rai2!" a seguito delle proteste dei residenti, perché la trasmissione che doveva svolgersi all'interno di una teca in vetro in via Asiago a Roma posta era poi debordata su strada richiamando il pubblico da tutta Italia.

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