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Nessuna plusvalenza tassabile per la riedificazione in aumento del terreno

Per la Cassazione, ordinanza 3006 depositata oggi, ciò che rileva è la destinazione edificatoria conferita in sede di pianificazione urbanistica

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di Francesco Machina Grifeo

No all'equiparazione ai fini fiscali del terreno da edificare "a quello già edificato che venga edificato nuovamente, previa demolizione e ricostruzione, pur se con aumento di volumetria". Lo ha stabilito la Cassazione, con l'ordinanza n. 3006 depositata oggi, respingendo il ricorso dell'Agenzia delle entrate che invece riteneva doversi dare valore preminente all'accertamento della inequivoca volontà delle parti di "demolire per sfruttare il terreno per nuovi fini edificatori".

Ciò che infatti intende colpire la norma, spiega la Corte, è la plusvalenza connessa all'aumento di valore di un terreno dichiarato edificabile, mentre resta escluso l'aumento di carico edilizio (aumento di volumetria) che se ne vorrà eventualmente ricavare. Quest'ultimo profilo, precisa la Corte, non è esente da oneri fiscali, ma sarà assoggettato agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, oltre alla percentuale sul costo di costruzione già al momento di rilascio del titolo edilizio (o in sede di liquidazione SCIA). Mentre successivamente il bene costituirà ricchezza prodotta dalla società immobiliare e seguirà le regole proprie delle imposte sul reddito, tanto al momento di venuta ad esistenza, quanto nel momento di cessione.

Non è quindi possibile, prosegue il ragionamento, porre a carico del venditore dell'edificio sorto su terreno (già) edificabile una (affermata) plusvalenza anche solo commisurata all'ulteriore capacità edificatoria non (ancora) sviluppata. In tal modo, infatti, si porrebbe su un soggetto diverso (il venditore) una tassazione che il legislatore ha fissato già in capo al compratore. Né si deve pensare che in tal modo il venditore si sottragga ai propri obblighi fiscali: "infatti nel prezzo di cessione dell'edificio, come nella rendita catastale, è computata anche la capacità edificatoria inespressa". Detta in altri termini, la norma "non intende colpire la capacità edificatoria residua (c.d. volumetria, cubatura o superficie coperta rimanente), bensì solo la plusvalenza nella cessione di un terreno a seguito della primigenia edificabilità prevista in sede di pianificazione urbanistica".

Diversamente opinando, continuano i giudici, sarebbero da considerare soggette a plusvalenza da cessioni di terreno edificabile "tutte le alienazioni a titolo oneroso di edifici che non abbiano sviluppato integralmente la potenzialità edificatoria del lotto su cui insistono, poiché potrebbero sempre essere abbattuti e ricostruiti o semplicemente ampliati, a prescindere dall'intenzione delle parti".

In definitiva, al termine di un excursus giurisprudenziale, la Suprema corte, con riferimento all' articoo 67, comma 1, lettera b) del Dpr n. 917 del 1986, ha affermato quattro diversi principi di diritto: a) la distinzione fra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva che in via logica non ammette un tertium genus; b) la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l'edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste; c) nella cessione di edificio, la pattuizione delle parti da demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile; d) il potere generale dell'Amministrazione finanziaria di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell'operazione economica sottesa trova un limite nell'indicazione precisa di carattere tassativo del legislatore, ove - nell'esercizio di discrezionalità politica che non trascende i limiti costituzionali di cui agli articoli 3 e 53 Cost. - ha previsto per la cessione di edifici un regime fiscale/temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale.

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