Responsabilità

Nessuna responsabilità del Comune se concede una sanatoria all'immobile con barriere architettoniche

Non è l'ente locale che deve provvedere fattivamente all'eliminazione delle strutture che ostacolano il portatore di handicap

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di Giampaolo Piagnerelli

Il Comune non ha una responsabilità indiretta se rilascia una sanatoria e un permesso di agibilità su un immobile che presenta barriere architettoniche di accesso e non si accerta di verificare poi la messa a norma dell'edificio.La colpa, infatti, va ricondotta al privato che (a seguito del provvedimento dell'ente locale) non ha provveduto a realizzare concretamente quelle opere per agevolare il portatore di handicap. Lo precisa la Cassazione con ordinanza n. 17138/23.

Venendo al caso concreto un soggetto era affetto da handicap in una situazione di gravità e invalido civile al 100 per cento con invalidità di accompagnamento. Il soggetto aveva esposto che il Comune aveva posto nei suoi confronti atti e comportamenti gravemente discriminatori, avendogli precluso di fruire, a causa dell'illecita presenza di barriere architettoniche, dell'accesso presso l'immobile acquistato nel 2000 della propria sorella con cui viveva stabilmente.

Visto che la causa si incentra sul tema della discriminazione, i Supremi giudici chiariscono le tipologie di discriminazione che giuridicamente esistono in base all'articolo 2 della legge n.67/2006:

ricorre la "discriminazione diretta" quando una persona disabile viene trattata in modo diverso, in diritto o in fatto, rispetto a un soggetto abile;

ricorre la "discriminazione indiretta" quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, apparentemente neutri, mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ai soggetti abili;

infine, sono "discriminazioni" le molestie, ovvero i comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che creino un clima di intimidazione, umiliazione, offesa o ostilità nei confronti della persona disabile.

In primo grado e in appello - Al Comune era stata contestata la discriminazione indiretta perché secondo il ragionamento della Corte di appello dopo aver decretato la sanatoria dell'edificio doveva provvedere anche alla messa a norma. Secondo i giudici dell'appello l'ente locale era dunque responsabile in maniera solidale per avere rilasciato la concessione edilizia in sanatoria, prima, e il permesso di agibilità, poi, malgrado l'edificio realizzato da una srl non fosse conforme alle prescrizioni di cui alla legge 13/1989, applicabile alla fattispecie. Pertanto non provata dal Comune l'assenza di colpa i giudici di seconde cure lo hanno condannato al risarcimento in misura percentuale assommante al 50 per cento.

La sentenza della Cassazione - Per la Cassazione rientrano certamente nell'ambito della "discriminazione indiretta" le barriere architettoniche ostacolanti l'accesso, sulla cui presenza presso l'immobile di proprietà della sorella, è stata focalizzata la originaria azione del disabile. Nel caso specifico l'ente locale – (in assenza di un nesso causale tra sanatoria e il protrarsi della condizione penalizzante per il portatore di handicap) non era però tenuto a nessun intervento volto all'abbattimento delle barriere architettoniche, lavori che invece spettavano al privato.
La Suprema corte, in conclusione, dà ragione al Comune e boccia la tesi seguita dai giudici di prime e seconde cure.

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