Penale

No al falso per la copia di un originale inesistente

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di Patrizia Maciocchi

La falsa copia di un atto inesistente non fa scattare il reato di falsità materiale. A meno che non abbia l’apparenza di un atto originale. Con questo principio le Sezioni unite (sentenza 35814) appianano il contrasto che, sul punto, aveva diviso la giurisprudenza di legittimità, tra i fautori di un orientamento più restrittivo, disatteso dal verdetto di ieri e il principio più elastico. A chiedere lumi alle Sezioni unite era stata, a novembre 2018, la quinta sezione penale chiamata a decidere sul ricorso del Pubblico ministero contro la decisione della Corte d’Appello di assolvere dal reato di falso materiale l’amministratore di una società. Al manager era stato contestato di aver creato la falsa copia di un’autorizzazione edilizia rilasciata dal Comune in favore della società. Un documento “taroccato” che era stato mostrato all’ingegnere, capo dell’ufficio tecnico, da un perito incaricato di valutare un terreno di proprietà, al fine di ottenere un leasing finanziario. Per il “falsificatore” c’era stata la condanna in primo grado, con rito abbreviato, seguita dall'assoluzione in appello. Verdetti contrastanti che rispecchiano la spaccatura tra le due scuole di pensiero.

La Cassazione ricorda le due tesi opposte che hanno portato all’ordinanza di remissione. Secondo un primo indirizzo il solo utilizzo della copia contraffatta di un atto inesistente non integra il reato di falsità materiale, in «assenza di determinate condizioni, individuate nella presenza di requisiti di forma e di sostanza, tali da far apparire l’atto in fotocopia, come il documento originale o come la copia autentica di esso». Per la tesi più rigida, invece, per il reato basta «la formazione di un atto presentato come riproduzione fotostatica di un documento in realtà inesistente, del quale invece, si intendano attestare artificiosamente l’esistenza e gli effetti probatori». Le Sezioni unite scelgono il primo orientamento. Per i giudici non si può affermare il reato se la falsa fotocopia, di un originale che non c’è, viene presentata come tale. E dunque priva attestazioni utili ad “accreditarla” come un documento reale o una sua estrazione. Neppure quando è così verosimile da ingannare: il comportamento può essere, eventualmente sanzionato come truffa. In virtù della scelta fatta è inammissibile il ricorso del Pm. L’amministratore, infatti, non aveva l’ambizione di far sembrare la sua creazione un originale: il numero non corrispondeva alla cronologia e timbro e modulo erano diversi da quelli usati dal Comune. C’era il solo scopo di ottenere il finanziamento, ingannando il pubblico ufficiale, sull’effettiva esistenza del documento.

Corte di cassazione - Sentenza 35814

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