No al preavviso sui motivi di recesso solo ai lavoratori a tempo indeterminato
La discriminazione è contraria al diritto fondamentale a un ricorso effettivo contro il licenziamento. Il giudice disapplica la regola illegittima o la interpreta in modo conforme al diritto Ue
Ha diritto di essere informato con preavviso sui motivi di recesso anche il lavoratore assunto a tempo determinato se tale informazione è prevista per i lavoratori a tempo indeterminato. Altrimenti scatterebbe la lesione del diritto fondamentale a un ricorso effettivo creando un’ingiustificata disparità di trattamento in base al diritto Ue. Così la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza sulla causa C-715/20.
Il diritto dell’Unione osta a una normativa nazionale che consente al datore di lavoro di non motivare il recesso con preavviso da un contratto di lavoro a tempo determinato mentre vi è obbligato quando recede da un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
L’interpretazione
In un’ipotesi del genere, il lavoratore assunto a tempo determinato è privato di un’informazione importante per valutare l’eventuale carattere ingiustificato del suo licenziamento ed, eventualmente, per agire in giudizio. Poiché tale differenza di trattamento lede il diritto fondamentale a un ricorso effettivo, il giudice nazionale investito di una controversia tra privati è tenuto a disapplicare, per quanto necessario, la normativa nazionale qualora non gli sia possibile interpretarla in modo conforme.
Il caso quo
Un giudice polacco è stato investito di una controversia tra un lavoratore, assunto in forza di un contratto di lavoro a tempo determinato, e il suo ex datore di lavoro. Conformemente alla normativa nazionale, quest’ultimo ha risolto il contratto con preavviso senza indicare i motivi della sua decisione. Deducendo l’illiceità del suo licenziamento, il lavoratore ritiene che la mancanza di una tale indicazione violi il principio di non discriminazione sancito dal diritto dell’Unione nonché dal diritto polacco. Egli sostiene che nella normativa polacca esiste invece un obbligo di comunicare i motivi per quanto riguarda il recesso da contratti di lavoro a tempo indeterminato.
Il rinvio pregiudiziale
Il giudice polacco chiede alla Corte di giustizia se tale differenza di requisiti in materia di recesso, a seconda del tipo di contratto di lavoro in questione, sia compatibile con l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Esso chiede inoltre se tale accordo possa essere invocato in una controversia tra privati.
La Corte ricorda che l’accordo quadro mira a migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione.
L’assenza di un possibile ricorso
Qualora non riceva informazioni circa i motivi di recesso dal contratto, il lavoratore a tempo determinato è privato di un’informazione importante per valutare l’eventuale carattere ingiustificato del suo licenziamento. Esso non dispone quindi, a monte, di un’informazione che può essere determinante ai fini della scelta di avviare o meno un’azione giudiziaria. Pertanto, la normativa polacca in questione istituisce una differenza di trattamento a danno dei lavoratori impiegati a tempo determinato.
Tuttavia, spetterà al giudice nazionale verificare che il lavoratore a tempo determinato si trovi, nel caso di specie, in una situazione comparabile a quella di un lavoratore assunto a tempo indeterminato dallo stesso datore di lavoro.
Inoltre, la Corte considera che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro non giustifica il trattamento meno favorevole dei lavoratori a tempo determinato. La comunicazione dei motivi di licenziamento non inciderebbe sulla flessibilità inerente a tale forma di contratto di lavoro.
Non invocabile l’accordo quadro...
Benché obbligato a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, il giudice nazionale non sarebbe tenuto, nel caso di specie, a disapplicare la disposizione nazionale per il solo fatto che essa è contraria all’accordo quadro. Allegato a una direttiva, quest’ultimo non è infatti invocabile in una controversia tra privati.
...disapplicabile la norma discriminatoria
Tuttavia, la differenza di trattamento in questione lede altresì il diritto a un ricorso effettivo, quale garantito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Pertanto, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare, per quanto necessario, la normativa nazionale di cui trattasi al fine di garantire la piena efficacia di tale diritto qualora non gli sia possibile interpretare il diritto nazionale applicabile in modo conforme.