Nuovi scenari, le tre sfide davanti alle imprese italiane
Il trend favorevole ha tre componenti interconnesse e legate ai processi di innovazione delle imprese
I buoni risultati dell'economia italiana sono certo il frutto del lavoro del più prestigioso e capace capo di governo che il paese abbia avuto negli ultimi decenni. Sotto traccia vi è però un trend strutturale a noi favorevole accentuato dalla pandemia e dal conflitto ucraino.
Questo trend favorevole ha tre componenti interconnesse e legate ai processi di innovazione delle imprese.
La prima componente è geopolitica. Le imprese si trovano oggi ad operare in uno scenario mutato dall'onda devastante del COVID e dalla guerra in Ucraina, con ricadute immediate sulle scelte di allocazione degli impianti produttivi e dei centri di ricerca e sviluppo (R&D). Un lungo ciclo di globalizzazione "estrema" sembra giunto alla fine a causa della crescente instabilità geopolitica. Il paradigma del "mondo illimitato" delle produzioni e dei commerci appare messo parzialmente in discussione dalla grande crisi logistica indotta dalla pandemia e poi dalla brutale aggressione russa nel cuore dell'Europa. Si è così accelerato un già esistente trend mondiale verso il rimpatrio degli impianti produttivi e del know-how strategico. Le imprese che hanno fabbrica e magazzino in luoghi vicini e sicuri scoprono di avere un vantaggio competitivo nei confronti di chi deve fare i conti con catene "lunghe" di approvvigionamento divenute fragili e dai costi crescenti. Nuove tecnologie consentono di realizzare fabbriche di dimensioni più contenute a basso impatto ambientale, luoghi di produzione che l'architettura può trasformare in opere d'arte contemporanea mimetizzate con i preziosi paesaggi della vecchia Europa. La crescente importanza nella comunicazione commerciale di valori come l'eticità del lavoro e la sostenibilità ambientale spinge le imprese più consapevoli a ripensare profondamente le loro logiche produttive, con una crescente attenzione al benessere dei lavoratori e alla tutela del territorio. Questa de- globalizzazione (accompagnata dalla realizzazione delle riforme connesse al PNRR) darà una forte spinta agli investimenti produttivi in Italia generando una accelerazione tecnologica che potrebbe essere di dimensioni mai viste negli ultimi decenni.
La seconda componente è tecnologica. Il diffondersi della tecnologia blockchain e degli NFT (non fungible token) offre straordinarie opportunità di valorizzazione alle imprese italiane in numerosi settori (dall'agroalimentare, alla moda, allo sport). La blockchain è già utilizzata per assicurare la tracciabilità delle filiere produttive ad alto valore in ambito industriale e agroalimentare, ma le sue potenzialità sono enormi per gran parte delle imprese italiane che si caratterizzano per l'altissima qualità delle lavorazioni e delle materie prime. È insomma un formidabile booster del made in Italy che dà ad imprese e consumatori uno strumento per visualizzare in un istante mediante un semplice QR code il "background" dei prodotti premiando l'eccellenza italiana e consentendo di meglio riconoscere le produzioni davvero sostenibili. Anche gli NFT possono divenire asset strategici per le imprese italiane tra cui quelle culturali (musei), sportive e più in generale nel mondo del lusso. La caratteristica degli NFT è di essere certificati digitali unici, registrati e scambiati all'interno di una blockchain, e utilizzati per registrare la proprietà e certificare la provenienza e l'unicità di determinati beni come opere d'arte digitali, o oggetti da collezione. Le opportunità legate al mondo degli NFT non si limitano alla creazione di immagini e memorabilia. Queste tecnologie possono essere utilizzate anche dalle imprese per introdurre dei token che consentano ai propri clienti di accedere a contenuti esclusivi ed a esperienze virtuali uniche in un Metaverso. Si tratta di un mercato dalle grandi potenzialità (diecine di miliardi di dollari solo nel settore sportivo) per le imprese italiane.
La terza componente è culturale. La straordinaria espansione dei mercati di questi ultimi due decenni, ha comportato uno squilibrio tra produttori di infrastrutture tecnologiche per l'accesso ai contenuti (il mondo immenso della "information technology") ormai saldamente in USA e Asia, e titolari/produttori di contenuti (molti ancora in Europa). Il mondo dell'alta tecnologia ha fame di contenuti culturali creativi che sono ancora in larga misura una specialità europea ed in particolare italiana. Un esempio è il design dove l'Italia mantiene una posizione forte, ma il discorso si estende alla creatività in ogni settore industriale e sociale. L'Italia ha il più grande patrimonio artistico del mondo e quindi può divenire una straordinaria fabbrica globale di contenuti dalle potenzialità economiche immense.
Queste tre componenti creano un trend molto favorevole per l'Italia. Vi sono però grandi ostacoli che dovrebbero essere affrontati da una classe dirigente consapevole e responsabile. Il principale ostacolo è costituito dalla dimensione delle imprese italiane.
Per poter costruire un corretto percorso di innovazione (nei processi produttivi, nella organizzazione aziendale, nella comunicazione) occorrono imprese almeno medio - grandi, dotate di risorse finanziarie adeguate e di un management colto e consapevole della complessità della sfida. L'Italia ha moltissime micro e piccole imprese e poche imprese grandi e medie. Occorre sfatare il mito del "piccolo è bello" e favorire la crescita delle nostre PMI. Il cuore delle aziende e sempre più "intangibile" e legato alla proprietà intellettuale (IP) e alla valorizzazione del brand. La piccola impresa per quanto straordinaria nella qualità dei suoi prodotti, non ha le risorse finanziarie e di management necessarie per accompagnare ai processi produttivi la costruzione di strategie di crescita che le consentano appunto di beneficiare del trend favorevole che abbiamo descritto.
Il rischio concreto è che le nostre piccole imprese rimangano "sub-suppliers" di player globali, senza avere alcun controllo sul loro destino.
Per evitare questo occorre anzitutto favorire il salto generazionale e culturale che già in atto aprendo le porte al venture capital (da noi ancora marginale) combinato a forti processi di innovazione, seguendo modelli (in primo luogo Israele) che hanno reso possibile la creazione di aziende globali da una costellazione di microimprese.
*a cura dell'avv. Gabriele Cuonzo – Managing Partner, Trevisan & Cuonzo