Ok a Unico oltre i 90 giorni se il fallimento è annullato
In caso di annullamento della sentenza dichiarativa di fallimento da parte della Cassazione, la procedura concorsuale va considerata come mai dichiarata e non come revocata, con la conseguenza che vengono meno tutti i suoi effetti. Pertanto, da un lato è onere del contribuente, una volta ritornato in bonis, presentare le dichiarazioni fiscali delle singole annualità mai trasmesse a suo tempo dall’organo della procedura concorsuale, e dall’altro, spetta al Fisco considerarle tempestive e, dunque, valide, anche se trasmesse con un ritardo superiore a 90 giorni rispetto al termine ordinario di scadenza.
Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la Ctr Milano con la sentenza 4558/18/2017 del 13 novembre scorso (presidente Martorelli, relatore Chiametti).
Il caso
La pronuncia trae origine dal disconoscimento da parte dell’ufficio delle Entrate di un credito per ritenute d’acconto su interessi bancari sulle giacenze di conto corrente per le annualità dal 2007 al 2012 vantato da una società. In particolare, dagli atti del fascicolo di causa risultava che tale credito era maturato durante la procedura di fallimento della società pronunciato nel 2007 dal Tribunale di Milano e poi annullato nel 2012 dalla Cassazione.
A seguito dell’annullamento di sentenza di fallimento, il liquidatore della società tornata in bonis provvedeva a predisporre i bilanci per ciascuna annualità dal 2007 al 2012 e a trasmettere le relative dichiarazioni telematicamente entro il 30 settembre 2013 (termine di presentazione della dichiarazione relativa al 2012), riportando in esse il credito che poi veniva utilizzato in compensazione.
Tuttavia, l’Agenzia, ritenendo omesse le dichiarazioni relative alle annualità dal 2007 al 2012 perché trasmesse oltre 90 giorni dalla scadenza ordinaria, disconosceva il credito e iscriveva a ruolo le maggiori imposte compensate, con aggravio di sanzioni e interessi. Secondo le Entrate, infatti, l’annullamento del fallimento era assimilabile alla chiusura del fallimento, con la conseguenza che le dichiarazioni trasmesse per le singole annualità non era valide perché presentate non solo oltre il termine di 90 giorni ma anche oltre il termine di 9 mesi dalla sentenza di annullamento del fallimento stesso (pronunciata nel 2012), come previsto dall’articolo 183 del Tuir.
Le sentenze
Impugnato il ruolo, la Ctp Milano respingeva il ricorso della società e riteneva legittime le ragioni addotte dall’ufficio in merito al disconoscimento del credito.
Riformando completamente la sentenza di primo grado, la Ctr di Milano ha innanzitutto precisato che la pronuncia con cui la Corte di Cassazione annulla la dichiarazione di fallimento resa dal Tribunale rende inesistente il fallimento stesso, con la conseguenza che, secondo il brocardo latino tamquam non esset, la procedura concorsuale è come se non fosse mai esistita. In altre parole, annullare la sentenza di fallimento equivale a dire che la procedura non è mai esistita e non che il fallimento è chiuso.
Inoltre, proprio perché il fallimento non c’è mai stato, nel caso di specie non trova applicazione la norma di cui all’articolo 183 del Tuir che prevede la trasmissione di un’unica dichiarazione che abbraccia tutta la durata del fallimento. Pertanto, secondo i giudici lombardi è corretto e tempestivo il comportamento del liquidatore della società tornata in bonis che ha predisposto e trasmesso per ogni annualità (in questo caso, dal 2007 al 2012) le dichiarazioni non presentate a suo tempo dal curatore. Inoltre, avendo appurato l’esistenza del credito attraverso la documentazione prodotta in atti dalla società appellante, il collegio ne ha riconosciuto la legittima spettanza.
Ctr Milano con la sentenza 4558/18/2017