Pacchetti tv: costituisce pubblicità ingannevole indicare un solo forfait
È una pratica commerciale ingannevole la diffusione di messaggi pubblicitari per un abbonamento relativo a un pacchetto di programmi televisivi nei quali è indicato il forfait mensile, ma non quello semestrale. La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza depositata il 26 ottobre 2016 (causa C-611/14, Canal Digital), interviene a fissare gli obblighi per gli spot pubblicitari nel caso di promozione di abbonamenti televisivi.
La controversia - A chiedere l’intervento della Corte Ue è stato il tribunale di Glostrup (Danimarca), chiamato a decidere sull’attività di un’impresa che forniva programmi televisivi sotto forma di pacchetti. In diverse occasioni, attraverso spot pubblicitari diffusi sulla televisione e su internet, l’azienda aveva indicato i prezzi degli abbonamenti mostrando il costo del forfait mensile, mettendo invece in secondo piano, oppure omettendo del tutto, il richiamo al forfait semestrale collegato al servizio connesso alla tessera. Era stato avviato un procedimento penale e i giudici danesi, prima di pronunciarsi, hanno chiesto ai colleghi Ue alcuni chiarimenti sulla direttiva 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno, recepita in Italia con il Dlgs 146/2007.
Il giudizio - È evidente che la suddivisione dell’importo da versare per l’abbonamento in un forfait mensile e uno semestrale, che può rendere più appetibile l’acquisto, è in sé consentita. Quello che fa scattare la violazione della direttiva è la circostanza che nella pubblicità era messo in evidenza un solo importo, con la conseguenza che il consumatore medio aveva l’impressione erronea di un prezzo più vantaggioso. Questo – scrive la Corte – potrebbe spingere il consumatore a effettuare una scelta che non avrebbe fatto se fossero stati noti con precisione tutti gli importi.
Per verificare l’incidenza sulla scelta del consumatore, i giudici nazionali devono tenere conto di tutte «le circostanze pertinenti del procedimento principali». Poco importa, poi, che nella normativa nazionale di recepimento non venga riportata la norma della direttiva che fa riferimento alla valutazione del contesto, perché, in ogni caso, i giudici nazionali sono tenuti ad «assicurare ai singoli la tutela giurisdizionale derivante dalle norme del diritto dell’Unione e garantirne la piena efficacia». Nel classificare una pratica come ingannevole, il giudice nazionale, così, deve utilizzare come criterio di valutazione il consumatore medio «normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici», nonché il contesto.
Il prezzo è un elemento che condiziona le scelte del consumatore medio e, quindi, la suddivisione dell’importo non deve trarre in inganno e spingere a una decisione non del tutto consapevole. Se l’azienda, in una pubblicità, mette in evidenza il prezzo del forfait mensile e omette (o reclamizza in modo meno evidente) quello semestrale ,sussistono forti indizi per bollare la tecnica come omissione ingannevole. Chiariti i fattori da considerare, la Corte di giustizia passa la decisione finale al giudice nazionale,che deve valutare l’adempimento dell’obbligo di informazione da parte dell’azienda, anche tenendo conto della natura e delle caratteristiche del prodotto, nonché del mezzo di comunicazione utilizzato.
Corte di giustizia Ue, sentenza del 26 ottobre 2016