PNRR e giurisdizione forense: il ruolo dell'avvocato nelle procedure di giustizia complementare
Le ADR (Alternative Dispute Resolution) possono fungere da vero e proprio volàno per un auspicabile riequilibrio del complesso macrocosmo della giurisdizione, in questo contesto l'Avvocato può ulteriormente valorizzare il suo ruolo come baricentro della lite
L'ormai celebre Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha l'ambizione di riformare l'intero "Sistema Giustizia" nell'ottica di una profonda rivisitazione delle dinamiche processuali per raggiungere l'obiettivo di ridurre sensibilmente i tempi delle cause (per il settore civile, almeno il 40% entro cinque anni): al netto delle discutibili scelte sul rito, che rischiano di sacrificare inutilmente la piena tutela dei diritti sull'altare della contrazione dello spatium temporis del contenzioso, è certamente da valutare con favore la scelta governativa di consolidare, potenziare e incentivare (dal punto di vista fiscale) le procedure di "Giustizia complementare", tradizionalmente note come ADR (Alternative Dispute Resolution), che possono fungere da vero e proprio volàno per un auspicabile riequilibrio del complesso macrocosmo della giurisdizione.
In questo senso, il dato che merita maggior condivisione attiene alla funzione dell'Avvocato, che - forte di una logica non più univocamente rivolta verso la controversia gestita nelle aule dei Tribunali - può ulteriormente valorizzare il suo ruolo come baricentro della lite: l'approdo naturale dev'essere l'esercizio della "Giurisdizione Forense" in termini di strumento e motore della rinascita di un sistema sostenibile della giustizia civile, complementare appunto alla giurisdizione statale.
L'Avvocato è il primo soggetto che intercetta il conflitto: non a caso, il legislatore - con l'art. 4, comma 3 D.lgs. 28/2010 - ha conferito al difensore il compito di informare il cliente, all'atto del conferimento dell'incarico, della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione e dei casi in cui questo è condizione di procedibilità. Il dovere di informativa è stato, peraltro, ribadito nel nuovo Codice deontologico forense all'art. 27, che estende l'obbligo anche a tutti gli altri percorsi alternativi al contenzioso giudiziario previsti dalla legge.
Per poter adempiere a tale obbligo, però, è necessario che gli Avvocati conoscano gli strumenti alternativi e siano adeguatamente formati a gestire il conflitto per aiutare le parti a risolverlo. Per fare ciò non sono più sufficienti le sole competenze teoriche e nozionistiche, che dovranno necessariamente essere integrate con quelle relazionali, comunicative e psicologiche. L'Avvocato, così, dovrà abbandonare la classica prospettiva antagonistica e orientata al processo, per adottare un atteggiamento sempre più propositivo, senza sostituirsi alle parti, ma assistendole e accompagnandole verso la soluzione del problema. La prospettiva è ribaltata, in vista dell'interesse superiore del cliente: qui, non ci sono avversari da "battere", ma collaboratori con i quali lavorare insieme per il raggiungimento di un accordo che rifletta i bisogni reali delle parti, preservando per quanto possibile le relazioni personali.
Non si tratta di una classica risoluzione stragiudiziale basata solamente sul visibile, ma coinvolge anche l'aspetto emotivo e relazionale, che molte volte è la chiave per entrare a fondo nel conflitto e permettere di risolverlo in maniera definitiva.
Il legislatore, dapprima nel D.lgs. 28/2010 e poi nella legge sulla Negoziazione assistita (L.162/2014), ha attribuito agli Avvocati una nuova funzione complementare alla giurisdizione: nella fase di stipula, la loro sottoscrizione - unitamente a quella delle parti - e la loro certificazione di conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico conferiscono all'accordo valore di titolo esecutivo e di sentenza.
Con l'introduzione della Giurisdizione forense può dirsi, quindi, "già" realizzata nei fatti un'aspirazione perseguita oggi da tutta l'Avvocatura, e cioè l'inserimento dell'Avvocato in Costituzione: non più soltanto indirettamente - attraverso il riconoscimento del diritto di difesa inviolabile, nell'articolo 24; dei diritti della difesa, nell'articolo 111; nonché attraverso il richiamo al contraddittorio tra le parti e alle condizioni di parità processuale, nello stesso articolo 111 Costituzione - bensì direttamente, come riconoscimento di rango costituzionale del ruolo dell'Avvocato.
Se due o più Avvocati possono, quindi, comporre conflitti tra le parti, con il loro consenso, producendo atti con valore di titolo esecutivo e di sentenza, ciò significa che gli Avvocati sono già organi della giurisdizione, inseriti a pieno titolo, sia pure (per ora) in via di fatto, nell'ordinamento costituzionale della Repubblica.
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*A cura dell'avv. Cristina Bellini, Consigliera dell'Ordine degli Avvocati di Milano