Professione e Mercato

Prestazioni accessorie per regolamentare tutti i compensi ai soci

La via d’uscita da inserire nello statuto potrebbe evitare la doppia imposizione contributiva delle Casse

Alla crescita costante dei professionisti che scelgono di organizzarsi in forma associata utilizzando lo schema societario delle Stp e delle Sta, fa ancora riscontro una lacunosa normativa di riferimento. Ad esempio, un problema che spesso si riscontra, riguarda le modalità di remunerazione dei soci. A volte, per ovviare al problema, vengono previsti dei “compensi amministratori” anche se le attività svolte dai soci non sono riconducibili a quella di amministratore di società. Altre volte i soci mantengono la propria posizione Iva personale ed emettono – anche in modo esclusivo – fatture alla stessa Stp o Sta.

Il nodo delle parcelle

Ma qual è la soluzione migliore per regolamentare i compensi da corrispondere ai soci per l’attività prestata a favore della Stp? Escludendo il compenso amministratore per tutti i casi in cui l’attività svolta dal socio non sia riconducibile a quella di amministratore e il conferimento d’opera per la complessità gestionale, rimarrebbe l’ipotesi del lavoro subordinato, strada spesso non percorribile perché in molti casi i soci risultano essere anche amministratori. Oppure, come detto, la fatturazione alla stessa Stp, magari fino ad azzerare gli utili. Ma questa scelta, oltre a comportare numerosi svantaggi (come, ad esempio la doppia applicazione della rivalsa della cassa previdenziale, riconfermata proprio la scorsa settimana come legittima anche dal ministero del Lavoro in risposta a una interrogazione parlamentare, si veda Il Sole 24 ore dell’8 luglio), può esporre anche a rischi accertativi quali, ad esempio, la riqualificazione dei compensi fatturati in dividendi con disconoscimento del costo in capo alla Stp.

La soluzione

In questo contesto, l’istituto delle prestazioni accessorie (articolo 2345 del Codice civile), già applicabile alle Spa e alle Srl, può essere una valida soluzione. L’istituto permette di riconoscere un compenso periodico al professionista che presta la propria attività a favore della Stp, evitando tutti gli svantaggi gestionali e previdenziali prima evidenziati escludendo taluni rischi di natura fiscale; permette, inoltre, di regolare statutariamente gli obblighi dei singoli soci, vincolandoli a determinate prestazioni a favore della società stessa prevedendone la remunerazione in relazione alle attività effettivamente svolte.

Lo strumento delle prestazioni accessorie, per remunerare i soci, ha ottenuto di recente anche l’avallo della Fondazione Commercialisti che, nel documento «La disciplina delle società tra professionisti» prevede la prestazione accessoria quale modalità per regolamentare la prestazione professionale dei soci per le Spa. Ma questo istituto è senz’altro applicabile anche alle Stp o Sta che utilizzano lo schema societario della Srl.

Sotto il profilo fiscale si ritiene che le prestazioni accessorie rese dai soci, che evidentemente non avrebbero più la necessità di mantenere la propria partita Iva, siano configurabili come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lett. c-bis) del Tuir come evidenziato nella risoluzione delle Entrate n. 81/E/2002 e, come tali, deducibili dal reddito d’impresa delle Stp. Per il trattamento contributivo di queste somme, la circolare Inps n. 45/2018, ritiene attratto alla contribuzione presso la cassa previdenziale di appartenenza il reddito prodotto ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lett. c-bis) evitando così versamenti alla gestione separata Inps.

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