Professione e Mercato

Prodotti iconici: come proteggere questi nuovi assets di proprietà intellettuale

Come agire per tutelare queste reliquie culturali che agiscono sulla psicologia degli acquirenti generando una sorta di nostalgia verso un altrove mitizzato, spesso rappresentato da personaggi del jet set, grandi attori del cinema, oppure personalità nel campo dello sport

Patented word with check mark and pencil, 3D rendering

di Gabriel Cuonzo*

Vi è una crescente consapevolezza, tra chi fa strategia d’impresa, dell’importanza che alcuni prodotti possono acquisire, “brillando di luce propria “ finendo per costituire assets atipici accanto ai classici diritti di proprietà intellettuale (IPR) dell’azienda (ditta, marchi , brevetti, design, diritto d’autore, know -how ecc). Gli esempi sono numerosi e riguardano i più vari settori industriali. Si pensi alle borse Kelly e Birkin di Hermès, alle sedute disegnate da Le Corbusier e Eames, alla Ferrari “Testarossa” di Pininfarina, fino a icone più recenti come le scarpe dalla suola rossa di Laboutin o le loafers di LoroPiana. Questi prodotti hanno una caratteristica particolare che li rende preziosi: incorporano tutti specifici “Zeitgeist che rinviano di volta in volta, in forme diverse, ad una idea romantica di esclusività, oggi difficilmente conseguibile nell’ epoca del lusso globalizzato sempre più alla portata di vaste masse di borghesia emergente. I prodotti icona sono in fondo reliquie culturali che agiscono sulla psicologia degli acquirenti generando una sorta di nostalgia verso un altrove mitizzato, spesso rappresentato da personaggi del jet set, grandi attori del cinema, oppure personalità nel campo dello sport. Per le aziende, i prodotti iconici hanno l’ovvio vantaggio di rappresentare nicchie di mercato in se’ (non essendo concepibili prodotti sostitutivi) parzialmente sottratte alla logica di prezzo e all’ obsolescenza che colpisce i prodotti “normali”.

Inoltre l’icona può essere aggiornata finendo per creare una sorta di prezioso fil rouge storico particolarmente importante per i prodotti a più alto contenuto tecnologico (si pensi alla lunga storia della 911 della Porsche o della Harley Davidson 883). Il prodotto iconico può divenire tale per un processo spontaneo del mercato, ma quasi sempre vi è la spinta del marketing: si pensi all’orologio “ Monaco “ di Tag Heuer indossato da SteveMc Queen nel film Le Mans e rilanciato con grande forza negli anni novanta. In sostanza, di fronte alla globalizzazione del consumo, le aziende (specialmente quelle con un “heritage “ industriale importante) sono costantemente alla ricerca del prodotto che possa diventare un nuovo “classico magari pescando negli archivi o attraverso un progetto interamente nuovo. Questo comporta investimenti significativi ed una conseguente domanda di protezione dai tentativi di imitazione dei concorrenti.

Ma come si proteggono i prodotti iconici?

La tutela giuridica di questi assets strategici è un tema complesso in cui si incrociano diversi IPR (tipicamente, ma non esclusivamente, il marchio di forma e il diritto d’autore nonché la tutela contro la concorrenza sleale).

Fare una causa contro uno o più imitatori non è sufficiente e nemmeno utile se non vi è un coordinamento con la comunicazione strategica dell’impresa che deve dare il corretto risalto mediatico ai procedimenti giudiziari valorizzandoli presso il pubblico rilevante. Cito ad esempio, quello che mi sembra il caso più rilevante degli ultimi decenni. Le decisioni sul caso Panton chair del Tribunale di Milano che aprirono la strada alla tutela autoristica del grande design, non avrebbero avuto l’impatto che ebbero senza l’interesse dei media dell’epoca che spiegarono al grande pubblico perché alcuni prodotti iconici del design del 900 dovevano essere considerati opere d’arte e protetti in quanto tali.

Quelle sentenze dei primi anni 2000 furono propedeutiche al grande successo del Salone del Mobile di Milano. Quelle cause pionieristiche furono “progettate “ come parte di una più vasta campagna di sensibilizzazione del pubblico al tema dell’alto design contro ogni forma di contraffazione e di svilimento dell’opera come genuinamente concepita dal creatore.

La seconda indicazione è anch’essa di metodo:”if there is a will there is a way”. L’impresa deve credere fortemente nel carattere iconico del prodotto e combattere per la sua difesa sapendo che può essere una strada in salita. La lunga e tormentata vicenda giudiziaria di una nota azienda che produce calzature sulla proteggibilità delle suole di un determinato colore, dimostra che la tenacia alla fine porta a risultati importanti.

La terza indicazione è sulla scelta dei target contro cui agire in giudizio. Occorre dare priorità a quei casi di imitazione che oggettivamente risultino maggiormente censurabili sul piano del senso comune, o dell’etica generale se si preferisce. Questo accade quando l’imitazione è intenzionale e può indurre inganno nel pubblico. Si badi che un prodotto può diventare iconico e quindi aggredito dai copiatori anche se non possiede caratteristiche particolarmente vistose.
Nel caso di una nota marca di mocassini recentemente deciso dal Tribunale di Bari, il giudice ha riconosciuto tutela a prodotti simbolo del “quiet luxury” tenendo conto del prestigio raggiunto da quelle scarpe in una cerchia ristretta di pubblico di conoscitori.

Al quarto posto l’indicazione forse più importante: bisogna reagire con buona tempestività, combattendo i primi imitatori. Una prolungata inazione rende debole la difesa tardiva. Molti prodotti iconici sono stati travolti dal mare di imitazioni e dalla diluizione della loro originaria distintività.

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*Avv. Gabriel Cuonzo Managing Partner Studio legale Trevisan & Cuonzo

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