Responsabilità

Profili giuridici e responsabilità nella diffusione non consensuale di immagini intime

Il recente caso della pagina Facebook “Mia Moglie” evidenzia le implicazioni giuridiche derivanti dalla circolazione incontrollata di contenuti sensibili sui social network, con conseguenze penali, civili, familiari e sovranazionali

di Alberto Bozzo, Manuela Battistel*

La vicenda trae origine dalla pubblicazione, sulla pagina Facebook “Mia Moglie”, di immagini intime della moglie da parte del marito senza il consenso di quest’ultima. Un fatto che evidenzia le implicazioni giuridiche derivanti dalla circolazione incontrollata di contenuti sensibili sui social network, con conseguenze penali, civili, familiari e sovranazionali.

Profili generali

La diffusione non consensuale di immagini intime si colloca all’incrocio fra diritto penale, civile, tutela della riservatezza e disciplina europea dei servizi digitali. È un fenomeno in crescita che mette in luce la fragilità delle tradizionali categorie giuridiche di fronte a nuove forme di violenza tecnologica, spesso definite come “violenza digitale”.

Diritto penale

Il legislatore italiano ha introdotto nel 2019 l’art. 612-ter c.p., che incrimina la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti destinati a rimanere privati, noto come revenge porn. L’elemento centrale è l’assenza di consenso della persona ritratta.

Il reato è procedibile a querela, salvo aggravanti (relazioni affettive pregresse, minore età o disabilità della vittima, utilizzo di strumenti informatici) che comportano la procedibilità d’ufficio e pene più severe. La giurisprudenza più recente conferma che non occorre un intento di vendetta: è sufficiente la pubblicazione consapevole senza consenso, che determina la lesione della dignità e della vita privata.

L’inquadramento penale permette inoltre l’applicazione di misure cautelari personali e reali (sequestro dei dispositivi, oscuramento dei contenuti), garantendo una protezione immediata della vittima.

Tutela dei dati personali

Sul piano del diritto alla protezione dei dati, le immagini intime sono dati personali particolarmente sensibili, in quanto rientranti nella sfera più intima dell’identità. La loro divulgazione costituisce un trattamento illecito, privo di qualsiasi base giuridica ai sensi dell’art. 6 GDPR.

Inoltre, la diffusione senza consenso viola i principi di liceità, correttezza e minimizzazione. La persona offesa può:

• presentare un reclamo al Garante per la protezione dei dati personali;

• agire in sede civile per ottenere il risarcimento ex art. 82 GDPR;

• richiedere la cancellazione immediata dei contenuti (diritto all’oblio digitale).

Il Garante ha più volte ribadito che la diffusione di materiale intimo rappresenta una violazione particolarmente grave della privacy, giustificando interventi urgenti e sanzioni elevate nei confronti dei responsabili e delle piattaforme che non rimuovono tempestivamente i contenuti.

Responsabilità civile

Oltre al piano penale e privacy, rilevano le norme del diritto civile. L’art. 2043 c.c. consente alla vittima di ottenere un risarcimento per danno ingiusto derivante da fatto doloso o colposo.

La giurisprudenza riconosce che la lesione della dignità, della reputazione e della riservatezza integra un danno non patrimoniale autonomamente risarcibile, con liquidazione equitativa. Possono aggiungersi danni patrimoniali (perdita di occasioni lavorative o contrattuali) qualora dimostrati.

Sono inoltre azionabili rimedi cautelari: sequestro dei file, inibitoria della diffusione e rimozione forzata dai social network o dalle piattaforme online.

Diritto di famiglia

Nel diritto di famiglia, la vicenda evidenzia la natura relazionale e fiduciaria del matrimonio. Il Codice civile (artt. 143 ss.) impone ai coniugi doveri di fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione e coabitazione.

La diffusione di immagini intime senza consenso viola:

il dovere di lealtà e rispetto reciproco, ricompreso dalla giurisprudenza nell’obbligo di fedeltà;

l’assistenza morale, che implica sostegno e tutela della dignità dell’altro coniuge;

il rispetto della riservatezza e dell’onore, valori intrinseci alla vita familiare.

Tali violazioni possono legittimare, ai sensi dell’art. 151 c.c., la richiesta di separazione con addebito al coniuge responsabile. L’addebito produce conseguenze patrimoniali significative: esclusione dall’assegno di mantenimento e possibilità di incidere sui diritti successori. Il diritto di famiglia, dunque, si affianca agli altri settori giuridici, ribadendo che la dimensione familiare è il primo ambito in cui la fiducia deve essere preservata.

Profili sovranazionali e digitali

La dimensione online della vicenda richiede di considerare anche il Digital Services Act (Reg. UE 2022/2065), che impone obblighi di rimozione rapida dei contenuti illeciti e procedure di notice and action. Le piattaforme digitali, se inerti, possono essere ritenute responsabili in sede civile e amministrativa.

Il Consiglio d’Europa, attraverso la Convenzione di Istanbul, riconosce la violenza online di genere come forma di violenza domestica, obbligando gli Stati a predisporre strumenti di prevenzione, protezione e repressione. La Corte EDU ha inoltre chiarito che la protezione della vita privata (art. 8 CEDU) si estende al contesto digitale, imponendo agli Stati obblighi positivi di tutela.

Conclusioni

Il caso della pagina “Mia Moglie” mette in evidenza la trasversalità degli strumenti giuridici:

  • il diritto penale assicura la repressione e la deterrenza;
  • la normativa sulla privacy garantisce il controllo dei dati e il diritto all’oblio;
  • il diritto civile fornisce risarcimenti e misure cautelari;
  • il diritto di famiglia tutela la dimensione fiduciaria del matrimonio;
  • la disciplina europea e convenzionale impone responsabilità anche alle piattaforme digitali.

La diffusione non consensuale di immagini intime, quindi, non è soltanto una violazione privata, ma un fatto che incide su valori costituzionali fondamentali: dignità, riservatezza, uguaglianza e tutela della famiglia.

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*Alberto Bozzo, Componente commissione informatica e Ai Unione Triveneto del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati – Partner 24 OR e Avv. Manuela Battistel, matrimonialista ed esperta di diritto di famiglia

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