Divorzio: “Quota 100”, Tfs agli eredi dell’ex coniuge deceduto prima dell’erogazione
La Cassazione, sentenza n. 24289 depositata oggi, ha chiarito che la percentuale spetta anche quando il diritto è sorto ma il Tfs non è stato ancora versato in attesa che il lavoratore raggiunga l’età prevista dalla disciplina ordinaria
Per i figli (eredi) dell’ex coniuge divorziato scatta il diritto a ottenere la quota del Trattamento di fine servizio (il Tfs, proprio dei pubblici dipendenti), anche se non è stato ancora riscosso, purché però il relativo diritto sia sorto prima del decesso. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 24289 depositata oggi, con riguardo al particolare caso dell’adesione a “Quota 100” da parte di un impiegato dello Stato. La norme sperimentale dava ai dipendenti pubblici la possibilità di andare in pensione anticipata, senza subire alcuna perdita economica, se non quella legata al numero minore di anni lavorati, non potendo però ottenere il TFS, che pure matura con la cessazione del rapporto di lavoro, prima del tempo in cui avrebbe potuto conseguirlo se si fosse collocato in pensione in base alla disciplina ordinaria.
Il caso era quello di una donna, titolare dell’assegno di divorzio, morta prima di percepire la quota del trattamento di fine servizio a lei spettante sull’indennità liquidata all’ex marito. I figli, suoi eredi, hanno agito per ottenere tale quota e la Corte d’Appello ha accolto la domanda, riconoscendogli il diritto al 40% del TFS per gli anni di matrimonio. L’ex marito ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il diritto era intrasmissibile e comunque non ancora sorto al momento della morte della ex moglie.
Per la Suprema corte, tuttavia, le cose stanno diversamente. “Quota 100”, spiega la I Sezione civile, non tocca l’insorgenza del diritto al TFS, ma differisce soltanto il pagamento. E dunque non è vero che la ex moglie era deceduta quando il suo diritto alla quota del TFS non era ancora sorto, perché la donna è morta dopo che l’ex marito ha cessato il rapporto di servizio e, dunque, aveva già acquisito il diritto al TFS, anche se non poteva ancora esigerne il pagamento.
Inoltre, prosegue la Suprema corte, il credito alla quota di TFS, alla stregua del corrispondente debito, ha natura patrimoniale e, pertanto, entra a far parte dell’attivo dell’asse ereditario dell’ex coniuge divorziato, quando è già sorto prima della sua morte.
In definitiva per la Suprema corte vanno affermati i seguenti principi di diritto: «In tema di collocamento in pensione anticipata secondo la cd. “Quota 100”, il diritto alla percezione dell’indennità di fine servizio sorge, come di regola, con la cessazione del rapporto di lavoro, ma il pagamento viene ex lege differito al momento in cui il lavoratore avrebbe conseguito il collocamento in pensione in base alla disciplina ordinaria, con la conseguenza che l’ex coniuge divorziato, che percepisce l’assegno divorzile e non è passato a nuove nozze, acquista il diritto ad ottenere la quota di detta indennità, ai sensi dell’art. 12 bis l. n. 898 del 1970, con la cessazione del rapporto di lavoro dell’altro, fermo restando che costituisce condizione dell’azione l’effettiva percezione da parte di quest’ultimo della menzionata indennità.»
«In tema di divorzio - aggiunge poi la Suprema corte -, il diritto alla quota dell’indennità di fine servizio, spettante ai sensi dell’art. 12 bis l. n. 898 del 1970 ha carattere patrimoniale e può essere azionato dagli eredi dell’ex coniuge titolare dell’assegno divorzile, che non sia passato a nuove nozze, ove il decesso dell’avente diritto intervenga dopo la cessazione del rapporto di lavoro dell’ex coniuge obbligato, anche quando il pagamento da parte del datore di lavoro-pubblica amministrazione sia ex lege previsto, per ragioni di equilibrio di bilancio pubblico, in un momento successivo alla cessazione del rapporto di lavoro e intervenga dopo la proposizione della domanda, poiché, trattandosi di condizione dell’azione, è sufficiente che tale pagamento preceda la decisione».