Rapina impropria se l'atto non si compie ma il soggetto usa violenza per procurarsi l'impunità
È configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per fatti indipendenti dalla sua volontà, adoperi violenza o minaccia per procurare a sé o ad altri l’impunità. La Corte di cassazione, con la sentenza 32505 /2019, ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale l’imputato pretendeva che il fatto fosse da riqualificare nel concorso del reato di tentato furto con quello di violenza privata
La precedente decisione delle Sezioni Unite - La Corte ha seguito le indicazioni fornite dalle sezioni Unite (sentenza 19 aprile 2012, Reina), laddove si è appunto affermato che è configurabile il tentativo di rapina, e non invece il concorso tra il tentativo di furto con un reato di violenza o minaccia, nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per fatti indipendenti dalla sua volontà, adoperi violenza o minaccia per procurare a sé o ad altri l’impunità.
Ha supporto le sezioni Unite hanno valorizzato una lettura logico-sistematica dell’articolo 628, comma 2, del Cp, in forza della quale è configurabile la fattispecie tentata della rapina impropria ogni qual volta l’azione tipica non si compia o l’evento non si verifichi, e, quindi, anche nel caso di colui che adopera violenza o minaccia per procurarsi l’impunità immediatamente dopo aver compiuto atti idonei, diretti in modo non equivoco a sottrarre la cosa mobile altrui, non riuscendovi a causa di fattori sopravvenuti estranei al suo volere e ciò negli stessi termini in cui è parimenti configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui il soggetto agente abbia sottratto la cosa altrui e subito dopo abbia tentato un’azione violenta o minacciosa nei confronti della vittima o di terzi per assicurarsi il possesso del bene; e hanno altresì considerato la natura di fattispecie complessa della rapina impropria, che resta tale, non ammettendo una considerazione autonoma degli elementi costitutivi, anche nel caso in cui questi - la sottrazione e la violenza - si presentino allo stato del tentativo; ulteriore supporto viene trovato, nella sentenza delle sezioni Unite, nella considerazione della ratio legis, che renderebbe illogico non applicare il medesimo trattamento di rigore previsto per i reati contro il patrimonio caratterizzati da violenza o minaccia alla condotta di chi pur sempre usando violenza o minaccia attenti al patrimonio altrui e non riesca nell’intento per cause estranee alla sua volontà e ciò in perfetta analogia tra il tentativo di rapina impropria e quello di rapina propria, che è tra l’altro configurabile anche nelle ipotesi in cui non si siano perfezionate né l’offesa al patrimonio né quella alla persona, quando la condotta dell’agente sia stata potenzialmente idonea a produrre l’impossessamento della cosa mobile altrui, mediante violenza o minaccia, e la direzione univoca degli atti abbia reso manifesta la volontà di conseguire l’intento criminoso.
Cassazione – Sezione IV penale – Sentenza 22 luglio 2019 n. 32505