Reato accedere al cassetto fiscale della sorella che modifica la password senza comunicarla
L'accesso abusivo a sistema informatico scatta anche in presenza di precedente autorizzazione se questa è revocata
La pregressa autorizzazione ad accedere in nome del titolare a un sistema informatico non giustifica gli ingressi successivi alla revoca del consenso. E per revoca vale qualsiasi atto concludente che dimostri la manifestazione di volontà di non consentire più tale accesso al terzo. Tra gli atti concludenti la sentenza n. 15899/2021 della Corte di cassazione include anche il cambio della password da parte del titolare.
Nel risolvere il caso concreto la Cassazione ha dettato specifico principio quando il sistema informatico violato è quello delle Entrate, ossia i cassetti fiscali dei contribuenti. La violazione scatta anche quando il titolare aveva precedentemente consentito l'accesso a un terzo comunicandogli la propria password. Infatti, successivamente acquisire e ancor più modificare la nuova password registrata dal titolare - ma da questi non ricomunicata al terzo - sostanzia il reato dell'articolo 615 ter del Codice penale. In quanto, secondo i giudici, il cambio di password è già di per sé sufficiente a dimostrare la volontà di non consentire più l'ingresso nel proprio cassetto fiscale a colui che, invece, in precedenza vi era stato autorizzato esplicitamente o tramite fatti concludenti. Infatti, presupposto centrale del reato è l'accesso informatico contro la volontà di chi è titolare di un personale spazio informatico. Il cambio di password non più condivisa con altri dimostra da sola tale volontà.
Nel caso specifico la vicenda riguarda due sorelle che agivano congiuntamente nel cassetto fiscale di una di loro al fine di gestire il patrimonio familiare, attraverso la registrazione di contratti di locazione, anche da parte della sorella non titolare. Il consenso all'accesso era indiscutibile non solo dal fine comune di gestione del patrimonio indiviso, ma anche dall'uso condiviso della password di accesso perché direttamente comunicata da parte della titolare alla propria sorella. Ma, come spesso accade nelle famiglie, a seguito di dissidi intercorsi tra le due, la titolare del cassetto fiscale aveva modificato la password senza più condividerla con la sorella. Quest'ultima si era procurata la nuova chiave di accesso e l'aveva per giunta modificata commettendo così il reato. Magari era solo una provocazione nell'ambito di un conflitto tra familiari, ma - dice la Cassazione - proprio l'esistenza di aperti dissidi è ulteriore segno che i successivi accessi fossero consapevolmente effettuati contro la volontà della titolare. Consapevolezza che ha fondato la sua responsabilità penale.