Riciclaggio, la confisca del prodotto del reato prescinde dal patteggiamento
Lo ha stabilito la Cassazione, sentenza n. 9965 depositata oggi, respingendo il ricorso degli imputati che lamentavano la violazione dell’accordo raggiunto ex art. 444 Cpp
Nozione ampia per il “prodotto” del reato di riciclaggio, come tale sottoponibile alla confisca indipendentemente dall’accordo delle parti raggiunto in sede di patteggiamento. La Corte di cassazione, sentenza n. 9965 depositata oggi, ha respinto il ricorso di due imputati condannati alla pena concordata tra le parti, ai sensi degli artt. 444 e segg. cod. proc. pen., per reati di riciclaggio, disponendo la confisca, anche per equivalente, delle somme di denaro di provenienza illecita confluite sui conti correnti degli imputati.
Nel ricorso, le parti hanno però lamentato che il GUP avrebbe adottato una motivazione solo apparente per giustificare il provvedimento ablativo in termini quantitativamente diversi da quelli concordati, che prevedeva la confisca soltanto della somma residuata sul conto corrente all’esito della retrocessione al dante causa del resto del danaro.
La Seconda sezione penale afferma che deve darsi continuità al principio secondo cui, in tema di confisca per equivalente, “il profitto dei reati di riciclaggio e reimpiego di denaro è costituito dal valore delle somme oggetto delle operazioni dirette a ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, posto che, in assenza di tali operazioni, esse sarebbero destinate a essere sottratte definitivamente, essendo provento del delitto presupposto”.
E ancora, “costituiscono prodotto dei reati di riciclaggio, di reimpiego e di autoriciclaggio non solo i beni oggetto di trasformazione per effetto della condotta illecita, che, in quanto tali, presentano caratteristiche identificative alterate, modificate o manipolate, ma anche i beni e i valori che, pur non avendo subito modificazioni materiali, risultano diversamente attribuiti in termini di titolarità ed ai fini delle regole di circolazione, per effetto di operazioni negoziali”.
In tema di confisca (ex art. 648-quater cod. pen.), allora, è suscettibile di ablazione non solo il profitto del reato, ma anche il prodotto di esso, prevedendo la normativa sovranazionale la necessità di “sottrarre alla criminalità i risultati dell’attività illecita”, che non si esauriscono nei soli vantaggi derivati, in via diretta o mediata, dai delitti presupposti, “ma comprendono anche quanto forma oggetto delle successive fasi di reinvestimento o trasformazione degli anzidetti proventi”.
Nel caso in esame devono essere considerate come profitto dei reati di riciclaggio le somme di denaro che gli indagati avevano prelevato dai loro conti correnti e utilizzato personalmente senza prova alcuna di retrocessione.
Quanto alle somme che i due ricorrenti avevano ritrasferito all’autore del reato presupposto a quello di riciclaggio (il quale aveva accreditato le somme illecitamente ricavate sui conti correnti degli indagati, allo scopo di ottenerne la cosiddetta “ripulitura” tipica del riciclaggio), esse, si legge nella sentenza, devono ritenersi prodotto del reato di riciclaggio e, dunque, da sottoporre a confisca, eventualmente per equivalente, ai sensi dell’art. 648-quater cod.pen., “la cui natura obbligatoria, proprio perché tale, prescinde dall’accordo delle parti sul punto e può essere disposta indipendentemente da esso e senza alcuna interferenza sulla validità generale della pattuizione, che rimane ferma”.