Penale

Rinvio al giudice civile, la Cassazione ribadisce l'applicabilità immediata della Cartabia

La II Sezione penale, sentenza n. 6690 depositata oggi, rileva un contrasto ma non rinvia alle sezioni Unite

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di Francesco Machina Grifeo

La II Sezione penale della Cassazione, sentenza n. 6690 depositata oggi, ribadisce la tesi della «immediata applicabilità del nuovo articolo 573, comma 1-bis, cod. proc. pen. – come riformato dalla Cartabia – a tutti i giudizi pendenti a seguito di impugnazione per i soli interessi civili e quindi anche a quelli introdotti prima o relativi a sentenze emesse prima del 30 dicembre 2022», come avvenuto nel caso specifico.

La causa penale era relativa ad al supposto reato di ricettazione per la messa in commercio di un quadro rivelatosi falso, a cui era seguita l'assoluzione dell'imputato perché inconsapevole della contraffazione. Contro questa decisione ha proposto ricorso la parte civile ai soli fini del risarcimento del danno.

Proprio in ordine alla immediata applicabilità o meno della novella, anche considerata la mancanza di una specifica disposizione transitoria, la Corte rileva che «si è già registrato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità». Infatti, mentre una prima pronunzia della Quarta Sezione ha risolto in termini affermativi la questione (n. 2854 del 11/01/2023), una risposta negativa è stata data in una sentenza della Quinta Sezione (n. 3990 del 20/01/2023).

Non essendo l'impugnazione inammissibile, va dunque applicato il disposto del comma 1-bis dell'art. 573 cod. proc. pen. (introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi dell'art. 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni nella legge 30 dicembre 2022, n. 199), secondo il quale, «quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile».

Il Collegio è tranchant: non vi sono ragioni per ancorare l'applicabilità del nuovo comma 1-bis dell'art. 573 cod. proc. pen. alla data di pronuncia della sentenza impugnata. "Si consideri – prosegue la decisione - che la stessa sentenza della Quinta Sezione … è giunta alla opposta conclusione rimarcando che «l'impugnante ai soli effetti civili ha l'interesse, nell'incertezza sull'attribuzione di un termine per adeguare il contenuto degli atti a diverse regole decisorie, a costruire il proprio atto di impugnazione in modo da poter affrontare un giudizio di legittimità retto da regole diverse da quelle alla stregua delle quali doveva essere superato il vaglio di ammissibilità».

«L'attenzione, dunque – prosegue -, è stata focalizzata sul momento in cui la parte presenta l'impugnazione, essendosi ritenuto che l'immediata applicazione della nuova norma, nei casi in cui essa sia stata proposta anteriormente al 30 dicembre 2022, potrebbe incidere negativamente sulla valutazione in ordine alla fondatezza e alla stessa ammissibilità - per quel che in questa sede rileva - del ricorso per cassazione». «Da questa sola osservazione consegue che la data della pronunzia della sentenza impugnata non dovrebbe avere alcun rilievo: l'impugnante che eserciti il proprio diritto, a partire dal 30 dicembre 2022, è a conoscenza della nuova disposizione e quindi del possibile rinvio al giudice civile, indipendentemente dal fatto che la sentenza impugnata sia stata emessa prima o dopo tale data».

La Cassazione passa poi ad analizzare l'eventuale lesione del legittimo affidamento delle parti. Prima della riforma, una impugnazione ammissibile ma proposta con motivi infondati avrebbe comportato la conferma della sentenza di primo grado (nel giudizio di appello) o il rigetto del ricorso (nel giudizio di legittimità). Mentre a una impugnazione anche solo in parte fondata sarebbe conseguita, la riforma, anche solo parziale, della sentenza di primo grado ovvero l'annullamento con rinvio ai sensi dell'art. 622 del codice di rito. Allora, prosegue la Corte, «ci si deve chiedere se la prosecuzione del giudizio davanti al giudice civile dello stesso grado, prevista dalla nuova norma, arrechi un pregiudizio alla parte che abbia impugnato prima della entrata in vigore della nuova disposizione (30 dicembre 2022)». Per il Collegio vi sono «valide ragioni per dare risposta negativa a questo interrogativo».

Un argomento "rilevantissimo" lo offrono le S.U. con la sentenza Cremonini. «Proprio con l'atto di riassunzione, anche in base alla nuova disposizione, la parte impugnante avrà modo, se necessario, di emendare l'atto di appello o il ricorso per cassazione, mentre la controparte avrà la possibilità di contraddire e replicare mediante nuove memorie difensive». Non pare sussistere, dunque, quel pregiudizio paventato nella sentenza della Quinta Sezione che giustificherebbe l'applicazione differita della nuova norma ai ricorsi proposti dopo la entrata in vigore della novella (non risultando comunque giustificabile, invece, la esclusione di detta applicazione per le impugnazioni presentate dopo il 30 dicembre 2022 contro sentenze emesse prima di tale data).

Infine, la Corte ricorda che emendatio non è mutatio della domanda, cosa ben diversa e non ammessa. Così tornando al caso concreto conclude: all'imputato era contestato di avere ricevuto e messo in commercio un'opera pittorica contraffatta, siccome però egli è stato definitivamente prosciolto, l'azione civile della Fondazione che tutela il nome dell'autore, per il risarcimento del danno, presupponeva evidentemente l'accertamento del fatto-reato a questi ascritto. Venuto meno il profilo penale, l'accertamento del giudice civile, ferme restando le diverse regole probatorie, «dovrà comunque rimanere nei binari tracciati dalla stessa parte civile, costituitasi nel processo penale per ottenere il risarcimento del danno in relazione a quel fatto contestato nell'imputazione».

Col ricorso in esame la parte civile ha censurato tra l'altro la sentenza per «contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione … in ordine alla esclusione del coefficiente soggettivo doloso in capo all'imputato». Così, vendendo al punto, la Cassazione afferma: «È in relazione a questo fatto, connotato anche dall'elemento psicologico del dolo, che il giudizio, se riassunto, potrà proseguire in sede civile».

Mentre la ipotetica deduzione della messa in circolazione dell'opera non con dolo ma con colpa «configurerebbe una inammissibile mutatio della domanda, che evidentemente pregiudicherebbe le ragioni del presunto danneggiante, per la prima volta messo di fronte alla contestazione di un fatto diverso, che in astratto ben potrebbe costituire un illecito aquiliano ai sensi dell'art. 2043 cod. civ. ma che evidentemente non costituiva reato neppure ab origine: in ordine a tale diverso fatto, perché connotato da un diverso elemento psicologico, la parte civile avrebbe potuto (o potrebbe) proporre autonoma azione civile, ma non potrebbe agire nel giudizio civile di rinvio per la decisione delle questioni civili, in prosecuzione di un processo penale nel quale la stessa si è costituita chiedendo il risarcimento del danno sul presupposto della sussistenza del fatto-reato contestato all'originario imputato».

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