Risarcimento danni: l'azione di rivalsa spettante alla Compagnia non prescinde dal giudizio del danneggiato
Dalla distinzione tra rivalsa e regresso la Corte con la sentenza 25087/2020 fa discendere la infondatezza della doglianza della ricorrente principale
L’azione di rivalsa spettante alla Compagnia assicurativa non presuppone, per la sua esperibilità, la previa instaurazione del giudizio da parte del danneggiato, ne il pagamento del danno nella sua integralità, rectius l’intevenuta estinzione dell’obbligazione risaritoria. Lo hanno affermato i giudici della terza sezione della Cassazione con la sentenza 9 novembre 2020 n. 25087.
Il caso in questione
La vicenda processuale trae origine da un sinistro stradale a seguito del quale perdeva la vita un trasportato a bordo di un ciclomotore.
La Compagnia garante per la Rca del vettore, al fine di recuperare quanto versato ai congiunti del de cuius, evocava in giudizio la proprietaria del mezzo, nonché, ex articolo 2048, comma I, del codice civile, i genitori del conducente minorenne, spiegando nei confronti della prima domanda di rivalsa ai sensi dell’articolo 144, comma II, del Codice delle assicurazioni private.
Si costituiva in giudizio la proprietaria del mezzo, contestando le avverse pretese ed eccependo, in via preliminare la improponibilità della domanda avversaria a cagione del mancato esperimento, da parte dei danneggiati, dell’azione diretta volta all’ottenimento di quanto dovuto a titolo risarcitorio.
Il Tribunale di Brindisi, in accoglimento dell’eccezione de qua, e ritenuto quindi necessario il previo esperimento, da parte dei danneggiati, dell’azione risarcitoria, respingeva la domanda proposta dalla Compagnia di assicurazione.
Di converso, la Corte d’Appello di Lecce, in accoglimento della doglianza svolta in parte qua dalla Compagnia di assicurazione, riteneva la domanda di rivalsa proponibile e condannava gli appellati, in solido tra loro, al versamento, in favore della prima, dell’importo di € 88.348,30, oltre interessi legali dal 3 marzo 2009 al saldo, dichiarando inoltre compensato, ex articolo 1241 del codice civile, il diritto di credito vantato dalla proprietaria del mezzo con il correlativo credito derivante alla Compagnia dall’esercizio dell’azione di rivalsa.
Avverso la sentenza in questione ricorreva per Cassazione la proprietaria del motoveicolo, la quale, con il secondo motivo, lamentava l’erroneità della decisione de qua nella parte in cui aveva ritenuto proponibile l’azione di rivalsa, e ciò sulla scorta della considerazione che, essendo quest’ultima da ricondurre al genus del regresso, la stessa sarebbe sottoposta alle medesime “regole operative” ed ai medesimi presupposti di quest’ultima, nel caso di specie mancanti.
La decisione della suprema corte
La Corte di legittimità, per le ragioni che seguono, ha ritenuto non fondato il motivo di ricorso al quale testè si è fatto riferimento.
Secondo la Corte, in particolare, premesso che né il regresso né la rivalsa sono disciplinati come “azioni di carattere generale” all’interno del nostro codice civile, rileva come il discrimen tra le due ipotesi, accomunate dalla medesima ratio recuperatoria / reintegrativa del depauperamento patrimoniale del soggetto che abbia pagato, possa essere rivenuto nella sussistenza, o meno, di colpa e di vincolo di solidarietà in capo ai soggetti comunque obbligati, per legge o per contratto, a risarcire il danno al terzo danneggiato.
Afferma in particolare la Corte, richiamando un proprio precedente sul punto, costituito da Cassazione civile, sezione I, 20 giugno 2000 n. 8371, che “l'azione di rivalsa presuppone che l'obbligazione gravante su un soggetto possa essere trasferita ad un terzo tenuto, per legge o per contratto, a rivalere il soccombente di quanto egli sia tenuto a pagare al creditore; la medesima non è pertanto ipotizzabile nel caso di più debitori tenuti in solido a risarcire il danno derivante da un fatto ad essi imputabile, in quanto ciascuno è obbligato nei confronti del danneggiato per l'intero, salva l'azione di regresso di colui che abbia corrisposto l'intero credito nella misura determinata”.
Dalla predetta distinzione tra rivalsa e regresso la Corte fa discendere la infondatezza della doglianza della ricorrente principale, poiché basata su un ragionamento “inficiato in iure dalla pretesa erronea che l'esercizio dell'azione di rivalsa dell'assicuratore debba essere ricondotto senza aggiustamento alcuno all'esercizio dell'azione di regresso spettante ad uno dei condebitori solidali e che perciò esso debba essere sempre subordinato all'estinzione dell'obbligazione”.
Inidonea a paralizzare l’azione di rivalsa della Compagnia è stata quindi ritenuta la circostanza attinente al mancato integrale soddisfacimento delle pretese creditorie dei danneggiati (rectius della incongruità della somma offerta), posto che l’assicurato, tanto in via giudiziale quanto in via stragiudiziale, può formulare “tutte le possibili eccezioni in ordine alla sua responsabilità ed alla entità del risarcimento”.
Da tale facoltà attribuita all’assicurato la Corte fa discendere, sul piano logico, la possibilità per la Compagnia di azionare il proprio diritto di rivalsa a prescindere dalla previa proposizione dell’azione risarcitoria dei danneggiati (e al di fuori di quest’ultima), potendo appunto il soggetto convenuto opporre, anche in quella sede, le eccezioni del caso, con conseguente inesistenza di qualsivoglia vulnus alla propria posizione.