Responsabilità

Scuola, no alla presunzione di responsabilità se l’alunno si è fatto male da solo

di Pietro Alessio Palumbo

La presunzione di responsabilità posta dalla disciplina civilistica a carico di scuola e insegnanti trova applicazione limitatamente al danno cagionato a un terzo dal fatto illecito dell'allievo nel “tempo” in cui è sottoposto alla loro vigilanza. Tale presunzione non è, invece, invocabile al fine di ottenere il risarcimento del danno che l'allievo abbia, con la sua condotta, procurato a sé stesso.

Lo schema di responsabilità delineato dalla normativa civilistica individua dunque quale fatto costitutivo, il fatto illecito produttivo di danno commesso da un allievo nel tempo in cui è sottoposto alla vigilanza, con la conseguenza che, secondo il generale criterio di riparto dell'onere probatorio incombe sul danneggiato, che intenda far valere quella responsabilità, l'onere di darne dimostrazione, non certo sul convenuto quello di dimostrare che quel fatto costitutivo non si sia verificato. Dal che - ha evidenziato la Corte di cassazione nella recente ordinanza 19110/2020 - va escluso lo schema ricostruttivo che consentirebbe al minore (alla sua famiglia) di agire per ottenere il risarcimento del danno subìto sul semplice presupposto che lo stesso si sia verificato “in occasione” dello svolgimento del rapporto contrattuale, sottraendolo così all'intero onere probatorio: fatto illecito, evento di danno, nesso causale, elemento soggettivo della condotta illecita.

La responsabilità contrattuale e da “contatto sociale” -
In caso di danno cagionato dall'alunno a sé stesso, ma anche in caso di danno cagionato all'alunno per responsabilità ascrivibili a difetto di vigilanza o di controllo degli organi scolastici, le responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante hanno natura contrattuale, atteso che, quanto all'istituto, l'instaurazione del vincolo negoziale consegue all'accoglimento della domanda di iscrizione, e, quanto all’insegnante, il rapporto giuridico con l'allievo sorge in forza di "contatto sociale".

Coerentemente deve essere ricostruita, nel quadro dei principi della responsabilità contrattuale, la connessa dimensione obbligatoria dell'insieme dei profili di doverosità che discendono, rispettivamente, all'istituto e al singolo insegnante, dall'iscrizione scolastica e dal contatto sociale “qualificato” che prelude all'individuazione dei relativi obblighi di prestazione nei confronti dei familiari (quali contraenti) e dei singoli alunni.

I “doveri di protezione” -
Ciò posto, individuato l'ambito obbligatorio in cui si inserisce il complesso delle prestazioni esigibili dall'istituto scolastico e dall'insegnante, a tale ambito deve essere altresì ricondotta l'intera gamma delle fonti integrative dell'obbligazione, tra le quali, in primo luogo, la normativa civilistica su correttezza e buona fede, cui risalgono i c.d. “doveri di protezione” che l'istituto scolastico e ciascun insegnante assume con riguardo a ognuno degli alunni agli stessi affidato.

A ben vedere, in quanto inseriti in un programma di natura obbligatoria, tali doveri di protezione richiedono di essere individuati e commisurati in relazione all'interesse sostanziale del creditore in cui si concreta lo scopo del rapporto obbligatorio, ossia all'interesse che il minore affidato dalle famiglie per la formazione scolastica non rimanga in nessun momento lasciato a sé stesso finché, di detto minore, non intervenga a occuparsi un altro e diverso soggetto responsabile, eventualmente chiamato a succedere all'istituzione scolastica nell'assunzione dei doveri connessi alla relativa posizione di garanzia.

L’incidente durante la gita scolastica -
Ebbene nella vicenda all’esame della Corte il trauma subìto al braccio dell’alunno intento a scendere dall’autobus non può essere ascritto a una carente vigilanza degli insegnanti presenti, per il mero fatto storico che sia occorso durante la gita scolastica, poiché non è stato dimostrato che la caduta da cui si è originato il trauma sia stata effettivamente provocata dalla spinta di altro alunno e non invece da accidentale, fortuito e, per ciò stesso, imprevedibile inciampo dell’alunno in questione.

In altre parole l’essersi l'evento dannoso verificato in occasione di una gita scolastica “nel mentre” l'alunno era affidato alla vigilanza degli insegnanti, unitamente alla mancata prova puntuale della esatta dinamica del sinistro, non basta di per sé a giustificare la responsabilità dell’accaduto a carico dell'amministrazione e degli insegnanti. Incombe sull’allievo l’onere della prova dell’illecito commesso da altro allievo, quale fatto costitutivo della sua pretesa, mentre è a carico della scuola la prova del fatto impeditivo, e cioè dell’inevitabilità del danno nonostante la predisposizione, in relazione al caso concreto, di tutte le cautele idonee a evitare il fatto.

Dal che, secondo la suprema Corte è errato l’assunto del ricorrente nella parte in cui riferisce il requisito temporale - dell'essersi il fatto verificato nel periodo in cui è operante l'obbligo di vigilanza degli insegnanti presenti - al danneggiato, laddove va correttamente riferito all'autore del danno ossia all'allievo che, in quel contesto temporale, abbia cagionato il danno di cui gli insegnanti sono conseguentemente tenuti a rispondere.

Corte di cassazione – Sentenza n. 19110/2020

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