Giustizia

Il notaio non paga l’imposta complementare se cade il bonus prima casa

La sentenza 24475/2025 della Cassazione ha accolto il ricorso del professionista

di Francesco Machina Grifeo

A seguito del disconoscimento dell’agevolazione prima casa, l’Agenzia delle entrate non può emettere l’avviso di liquidazione della maggiore imposta e irrogare sanzioni al notaio rogante, in quanto tale imposta non ha natura principale ma complementare. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza n. 24475/2025 depositata giovedì 4 settembre, accogliendo il ricorso del professionista.

In primo grado la Commissione tributaria aveva riconosciuto le ragioni del notaio ma poi la Ctr ha ribaltato la decisione accogliendo l’appello dell’Ufficio. Contro questa decisione il professionista ha proposto ricorso sostenendo, fra l’altro, che i giudici non avevano valutato la documentazione attestante l’inagibilità del secondo immobile, siti nel medesimo comune di quello acquistato; né di aver considerato l’eccezione di decadenza non avendo notificato l’atto entro il termine di 60 giorni dalla registrazione. La Suprema corte però si è limitata ad affrontare - accogliendolo - il terzo motivo di ricorso, quello cioè relativo alla omessa valutazione della evidente carenza di legittimazione passiva (solidale) del notaio rogante in quanto si verteva in ipotesi di imposta complementare.

La Sezione tributaria ricorda che il notaio è coinvolto nell’imposizione in quanto pubblico ufficiale rogante ma rimane estraneo al presupposto impositivo. In particolare, la responsabilità per il pagamento dell’imposta trova fondamento nel ruolo di garanzia a lui assegnato per il rafforzamento della pretesa del Fisco. La responsabilità del notaio dunque si affianca a quella dei contraenti nella loro veste di contribuenti effettivi. Ne consegue che la solidarietà passiva “non è paritetica, ma secondaria o dipendente rispetto a quella delle parti contraenti”, permettendo al professionista di esercitare la rivalsa per l’intero. Proprio la “peculiare natura” di tale ruolo limita la responsabilità del notaio rogante al pagamento della sola imposta principale, “non risultando il pubblico ufficiale gravato da responsabilità alcuna per l’imposta complementare e suppletiva”.

Nel caso di liquidazione dell’imposta di registro da parte dell’ufficio, a seguito del disconoscimento di un’agevolazione applicata al momento della registrazione dell’atto, deve dunque escludersi la responsabilità del notaio rogante, atteso che l’art. 57 del Dpr n. 131 del 1986 limita quest’ultima al pagamento della sola imposta principale, mentre, in un simile caso, l’imposta va qualificata come complementare.

Inoltre, ogniqualvolta la pretesa impositiva richieda l’accesso a elementi extratestuali o l’esperimento di particolari accertamenti, l’amministrazione finanziaria non potrà procedere alla notificazione al notaio, nei 60 giorni, dell’avviso di liquidazione integrativo, dovendo invece emettere avviso di accertamento - per l’imposta complementare - nei confronti delle parti contraenti.

Tornando al caso in esame, l’atto impositivo era scaturito da una attività (ulteriore) di verifica dell’ufficio il quale ha disconosciuto l’agevolazione prima casa in quanto l’acquirente risultava proprietario di altro immobile nello stesso comune. La Suprema corte ha così ritenuto erronea la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità del notaio in relazione a un’imposta non avente natura principale, bensì complementare e, decidendo nel merito, ha accolto il ricorso introduttivo del contribuente.

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