Sì alla messa alla prova anche se la parte civile in udienza si oppone
La Cassazione, con la sentenza 19931 depositata ieri, respinge il ricorso della parte lesa ed esclude una violazione dell’articolo 464-quater del Codice di rito penale
Legittimo il via libera del giudice alla messa alla prova per l’imputato malgrado l’opposizione della parte civile, se questa ha depositato memoria e partecipato con il suo difensore al dibattimento, anche se non ascoltata personalmente. La Cassazione, con la sentenza 19931 depositata ieri, respinge il ricorso della parte lesa ed esclude una violazione dell’articolo 464-quater del Codice di rito penale che prevede l’obbligo per il giudice di sentire le parti e la persona offesa, a tutela del contraddittorio e per acquisire elementi utili a bilanciare i contrapposti interessi in gioco. Nel caso esaminato la ricorrente riteneva appunto che i suoi interessi non fossero stati considerati, visto il giudice aveva deciso di sospendere il procedimento per messa alla prova, senza procedere alla sua audizione e malgrado il parere negativo, anche per l’insufficienza del risarcimento, espresso dal suo legale.
Per i giudici è appunto l’opportunità di partecipare all’udienza con il difensore e di depositare una memoria a rendere legittimo l’operato del giudice che aveva applicato la norma “di favore”, malgrado il no della persona offesa dal reato. Per la Suprema corte non è utile al caso esaminato il precedente della Cassazione citato dalla ricorrente (sentenza 26205/2022), nel quale era stata rilevata la violazione dell’articolo 464-quater. In quell’occasione, infatti, la persona offesa si era presentata in udienza, il giudice non aveva tenuto conto della sua richiesta di essere sentita e aperto alla messa alla prova senza motivare i presupposti. nello specifico invece, anche se attraverso il suo legale e con una memoria, la parte lesa aveva avuto modo di manifestare il suo interesse ad un risarcimento maggiore e la sua contrarietà alla sospensione del procedimento.
La Cassazione chiarisce che la conclusione raggiunta è in linea con la ratio di una norma tesa a garantire il massimo livello di accessibilità all’interessato. E oggi «la necessità di una lettura del genere è ancora più evidente a fronte del rinnovato favore - si legge nella sentenza - del legislatore rispetto all’istituto, cui è stato dato ulteriore impulso dalla riforma cosiddetta Cartabia». Un intervento - precisa la Suprema corte - che ha potenziato l’uso della messa alla prova estendendo la sua applicazione anche a reati di maggiore gravità per i quali era fino ad oggi preclusa. E per ampliare maggiormente il suo raggio d’azione la riforma ha anche previsto un potere di sollecitazione da parte del pubblico ministero. La pubblica accusa può, infatti, persino farsi promotrice della messa alla prova della persona sottoposta alle indagini.
In tal caso «è previsto che alla persona offesa venga semplicemente dato un avviso della facoltà di depositare una memoria».