Immobili

Sì alla revocatoria se per l’acquirente il danno è conoscibile

di Michol Fiorendi

In tema di azione revocatoria ordinaria, per quanto attiene alla parte acquirente della vendita di cui si chiede la revoca, il requisito della «scientia damni» può ritenersi integrato dalla semplice conoscenza - cui va equiparata l’agevole conoscibilità – del pregiudizio. Ciò a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l’azione e senza che assuma alcuna rilevanza l’effettiva intenzione in capo al debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore né la partecipazione o la conoscenza del terzo rispetto all’intenzione fraudolenta del debitore. Lo ha chiarito la Corte d’appello di Napoli con la sentenza 2730 del 9 luglio 2020.

La vicenda

Il caso riguarda una coppia di coniugi da poco separati. Ad avviare l’azione era stata la moglie, che lamentava che il marito aveva effettuato distinti atti notarili, presso il medesimo professionista e recanti la stessa data, per dismettere, con atto a titolo oneroso in favore di società di capitali terza, tutti i cespiti immobiliari di cui all’epoca risultava proprietario.

L’attrice, pertanto, aveva chiesto al Tribunale che tali vendite immobiliari venissero revocate, e che i contratti di compravendita venissero dichiarati inefficaci nei suoi confronti.

La moglie affermava di essere creditrice nei confronti del marito sulla scorta di una sentenza di separazione, emessa dal Tribunale di Napoli, che - oltre ad autorizzarli a vivere separatamente - aveva attribuito un assegno di mantenimento a favore della donna di 2.000 euro, poi accresciuti in 3.000 euro, e dal convenuto mai corrisposti.

Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda, dichiarando l’inefficacia dei contratti di compravendita impugnati.

Con atto di appello, la società terza aveva impugnato la sentenza, mentre il marito era rimasto contumace.

La decisione

La Corte d’appello di Napoli rileva come nel caso di specie emerga con particolare risalto la circostanza della contestuale alienazione dell’intero patrimonio immobiliare da parte del marito e «tale rilievo si colloca nel solco di quell’insegnamento di legittimità secondo cui, in tema di azione revocatoria ordinaria, nel caso in cui il debitore disponga del suo patrimonio mediante vendita contestuale di un pluralità di beni, devono ritenersi in re ipsa l’esistenza e la consapevolezza (sua e di terzi acquirenti) del pregiudizio patrimoniale che tali atti arrecano alle ragioni del creditore, ai fini dell’esercizio da parte di quest’ultimo dell’azione pauliana, incombendo sul debitore, e non sul creditore, l’onere probatorio di dimostrare che il proprio patrimonio residuo possa essere sufficiente a soddisfare le ragioni del creditore».

La Corte d’appello di Napoli si allinea quindi con la pronuncia del Tribunale, sostenendo che l’elemento psicologico, per quel che riguarda la parte acquirente, è integrato dalla semplice conoscenza - cui va equiparata l’agevole conoscibilità – del pregiudizio causato al creditore.

Corte d'appello di Napoli, sentenza 2730 del 9 luglio 2020

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