Comunitario e Internazionale

Sostenibilità ambientale: dalla documentazione formale alla comunicazione

Comunicare "green" è ormai un tema all'ordine del giorno per le aziende, sempre in cerca di nuove opportunità di business e di maggiore competitività sul mercato.

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di Rita Tardiolo*

Non è un segreto che la sostenibilità sia diventata sempre più rilevante in ogni settore, da quello alimentare a quello tessile fino ad arrivare a quello automobilistico. Comunicare "green" è ormai un tema all'ordine del giorno per le aziende, sempre in cerca di nuove opportunità di business e di maggiore competitività sul mercato.

Ma da dove arriva questa corsa verso la sostenibilità e soprattutto un'azienda come può comunicare il proprio impegno ambientale?

Ci sono due driver principali strettamente connessi tra loro, quello normativo e quello di mercato.

Prima con l'approvazione dell'Agenda 2030 delle Nazione Unite nel 2015 e più di recente con il Green Deal della Commissione Europea sono state avviate numerose iniziative legislative per la transizione dell'economia verso un modello economico sostenibile in ambiti diversi, ma interconnessi.

Le novità a livello europeo sono le più varie, basti pensare alla nuovissima direttiva CSRD sulla comunicazione societaria in tema sostenibilità, alla direttiva in arrivo sul greenwashing, all'introduzione del passaporto digitale per gli indumenti e alla responsabilità estesa dei produttori della filiera tessile in arrivo anche in Italia.

Stiamo anche assistendo a un cambio di approccio nella politica ambientale, da quello tradizionale di "command-and-control" ad una regolamentazione più indiretta, basata su incentivi e disincentivi economici alle aziende per spingerle ad essere in prima fila nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, processi e comportamenti più sostenibili.

Naturalmente ci sono casi in cui la regolamentazione diretta resterà preferibile, ma un'unione ben calibrata dei due approcci che porti le aziende ad essere le prime a volersi esporre nella lotta all'inquinamento è forse una delle chiavi per realizzare veramente un'economia circolare.

A ciò si aggiunga il crescente interesse del legislatore all'introduzione di politiche che non si limitino alla regolamentazione ed al controllo di singole fasi o aspetti del processo produttivo, ma che coinvolgano tutta la filiera di produzione, fino a raggiungere anche il consumatore.

Ne è un esempio la responsabilità estesa produttori (EPR) della filiera tessile: i produttori diventeranno responsabili dell'impatto ambientale dei prodotti tessili lungo tutto il loro ciclo di vita, dalla fase di progettazione alle fasi di smaltimento, preparazione per il riciclo e riciclo. Lo stesso vale per la Direttiva sul dovere di diligenza che impone alle imprese di condurre una due diligence circa i potenziali impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente di tutta la loro attività, incluse eventuali filiali o partner commerciali.L'obiettivo è ancora una volta quello di favorire pratiche virtuose e incentivaril dialogo tra tutti i player coinvolti nella produzione di un prodotto o nella fornitura di un servizio.

Si vuole creare una cascata di pratiche sostenibili che fluisca senza intoppi lungo tutta la catena di fornitura fino ad arrivare alla fase di fruizione del prodotto da parte del consumatore finale che sarà invitato ad essere in prima persona maggiormente responsabile delle conseguenze dei suoi comportamenti sull'ambiente.

Tutto ciò va di pari passo con l'evoluzione del concetto di sostenibilità anche a livello di mercato. Fino ai primi anni duemila le (poche) aziende che si impegnavano in iniziative green si focalizzavano su fasi produttive o processi isolati con il solo obiettivo di massimizzare i benefici per i propri stakeholder.

Oggi invece, complice anche a un rinnovato interesse dei consumatori verso l'ambiente, sono le stesse imprese a cercare di estendere le proprie iniziative di sostenibilità a 360 gradi fino a coinvolgere l'intero ciclo di vita di un prodotto e l'intera struttura aziendale, con il fine ultimo di creare un valore condiviso per gli stakeholder nel loro percorso verso la sostenibilità.

Il viaggio verso la sostenibilità per un'azienda è infatti una vera e propria transizione. L'azienda deve passare da un modello in cui consuma materiali, energia, tempo e competenze delle proprie risorse umane a uno in cui gestisce un rapporto responsabile con la materia, con l'energia, con i valori che nascono dalle persone. Al fine di compiere questo passo un'azienda deve preparare la sua infrastruttura produttiva, le sue persone e la sua governance in generale per essere in grado di sostenere questo nuovo modello.

Fare in modo che tutti i soggetti che orbitano attorno a un determinato business siano "fidelizzati" e comprendano le sfide e le difficolta di questa transizione diventa quindi fondamentale per assicurarsi una continua crescita.

La transizione green delle aziende passa pertanto anche dalla comunicazione delle proprie iniziative e del proprio impegno ambientale, tanto che negli ultimi anni si è registrato un significativo aumento nell'utilizzo dei cosiddetti green claims, ossia delle affermazioni volte a mettere in risalto il basso impatto ambientale dei prodotti e servizi, dei processi produttivi, dell'organizzazione e delle iniziative delle aziende.

Purtroppo, nell'intento di attirare consumatori e investitori e, in ultima analisi, di superare i competitors e ottenere maggiori profitti, queste dichiarazioni ambientali sono spesso esagerate e non corrispondono alla verità sconfinando così nell'ormai dilagante fenomeno noto come greenwashing.

Basti pensare che da uno screening fatto nel 2021 dalla Commissione Europea è emerso che tra tutti green claims esaminati il 37% conteneva affermazioni troppo vaghe e generiche e il 42% era addirittura del tutto falso o ingannevole.

Si comprende quindi come le dichiarazioni ambientali possano essere facilmente fuorvianti per i consumatori e favorire pratiche commerciali scorrette delle aziende che vogliono presentarsi più "verdi" dei concorrenti di fronte ai consumatori.

La comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve invece basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili. Deve inoltre permettere al consumatore di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell'attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono.

Ed è per questo che la Commissione Europea sta lavorando su una Direttiva che regoli in modo specifico anche la comunicazione ambientale.

Si comprende ora lo stretto legame tra norme, mercato e sostenibilità. Le modifiche legislative devono essere introdotte quando le imprese sono pronte e dispongono degli strumenti necessari per accettare e adattarsi al cambiamento. Altrimenti, mutamenti repentini nella legislazione rischiano di avere effetti negativi o addirittura di portare alla mancata attuazione in concreto delle nuove norme da parte di aziende non in grado di far fronte a questo mutato contesto.

In parallelo a questi cambiamenti c'è poi sempre la comunicazione che per essere veramente veicolo di una corretta transizione verso la sostenibilità deve rispecchiare il reale impegno delle aziende a livello ambientale.

*a cura dell'Avvocatessa Rita Tardiolo, Counsel di Bird & Bird

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