Stagione di riforme per il D.lgs. 231/2001: breve rassegna dei principali progetti di legge allo studio
Il D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, ha compiuto vent'anni
Il c.d. "micro-sistema 231" giunge al traguardo avendo progressivamente acquisito un ruolo centrale nelle politiche di contrasto alla criminalità economica. È nota, in particolare, la costante espansione del catalogo dei "reati presupposto" di cui agli artt. 24 e ss. del D.lgs. cit., da ultimo con la Legge 19 dicembre 2019, n. 157 e con il D.lgs. 14 luglio 2020, n. 75.
L'attivismo del legislatore non sembra inoltre destinato a rallentare a giudicare dai numerosi progetti di legge attualmente all'esame delle Camere.
Tra questi può ricordarsi, in primo luogo, il disegno di legge C. 2427, già approvato in prima lettura alla Camera e in corso di esame presso la Commissione Giustizia del Senato.
Se approvato, il d.d.l. cit. porterebbe a un nuovo ampliamento del catalogo dei reati presupposto al fine di ricomprendervi i c.d. reati agro-alimentari. Il progetto si pone invero l'obiettivo di rafforzare le misure a tutela del patrimonio agro-alimentare, nella consapevolezza dell'esigenza di affrontare il fenomeno anche nella sua espressione imprenditoriale e "organizzata".
In particolare, accanto alla previsione di nuove fattispecie di reato, il d.d.l. prospetta l'introduzione nel D.lgs. 231/2001 degli artt. 25-bis.2 e 25-bis.3, dedicati rispettivamente alle "frodi nel commercio di prodotti alimentari" e ai "delitti contro la salute pubblica".
Oltre all'estensione del catalogo dei reati presupposto, il d.d.l. prospetta altresì l'introduzione di un nuovo art. 6-bis nel D.lgs. 231/2001. In particolare, tale norma andrebbe a disciplinare gli elementi essenziali cui i Modelli organizzativi delle Società operanti nel settore sarebbero chiamati ad allinearsi.
In particolare, pur con riguardo alla natura e alle dimensioni dell'organizzazione e del tipo di attività svolta, l'art. 6-bis imporrebbe la previsione di:
-idonei sistemi di registrazione dell'avvenuto adempimento di tutti gli obblighi giuridici, previsti a livello nazionale e sovranazionale, per il settore di riferimento;
-un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, la valutazione, la gestione e il controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello;
-un idoneo sistema di vigilanza e di controllo sull'attuazione del Modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.Solo in presenza di tali elementi, la Società potrebbe ottenere il riconoscimento dell'efficacia esimente prevista dall'art. 6, D.lgs. 231/2001.
Il legislatore, pertanto, non si limiterebbe in questo caso a intervenire sulla Sezione III del D.lgs. cit., innovando anche la stessa Sezione I, dedicata ai principi generali e ai criteri di attribuzione della responsabilità .
Se approvato, il d.d.l. introdurrebbe dunque un sistema specifico per la gestione dei rischi penali agro-alimentari, analogamente a quanto già previsto in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Un altro progetto di legge che coinvolge la disciplina della responsabilità da reato degli enti è quello di cui allo schema di disegno di legge 50069/no. 3.75, anche denominato d.d.l. "Terra mia". Invero, con l'intento di rafforzare la «risposta punitiva nei confronti della criminalità in materia ambientale» e provvedere alla «razionalizzazione dell'impianto normativo» di settore (cit. Relazione illustrativa, p. 12), il legislatore prospetta non solo l'inasprimento delle sanzioni comminate per i reati ambientali di maggiore allarme sociale e la criminalizzazione di condotte attualmente costituenti illeciti amministrativi, ma anche un significativo ampliamento del catalogo dei reati presupposto richiamati dall'art. 25-undecies, D.lgs. 231/2001.
In particolare, a titolo esemplificativo, rientrerebbero tra le fattispecie che possono determinare la responsabilità da reato degli enti: gli illeciti di incendio boschivo (art. 423-bis c.p.); morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (art. 452-ter c.p.) e omessa bonifica (art. 452-terdecies c.p.).
Infine, l'art. 17 del d.d.l. porterebbe all'introduzione di un nuovo art. 25-undecies.1, D.lgs. 231/2001, il quale andrebbe ad estendere per la prima volta il catalogo dei reati presupposto alle fattispecie di "lottizzazione abusiva", previste dagli artt. 30 e 44, lett. c), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Anche il d.d.l. "Terra mia", se approvato, comporterebbe quindi una significativa estensione della responsabilità da reato degli enti. Peraltro, a differenza di quanto accennato con riferimento al d.d.l. C. 2427, il legislatore sembra in questo caso concentrare la propria attenzione sui profili sanzionatori del D.lgs. 231/2001, rinunciando a valorizzarne la dimensione premiale.
Accanto ai progetti di riforma interni, non mancano inoltre gli interventi di matrice europea destinati a influire, seppur indirettamente, sulla disciplina della responsabilità da reato degli enti. Sono almeno due, invero, le direttive europee che entro la fine dell'anno – se attuate nei tempi previsti dal legislatore sovranazionale – potrebbero riguardare il D.lgs. 231/2001.
In primo luogo, si segnala l'approssimarsi della scadenza per l'attuazione della Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, avente ad oggetto la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione (cfr. G.U.U.E. L 350; 26 novembre 2019; pp. 17 e ss.).
La Direttiva in esame si pone l'obiettivo di armonizzare le discipline nazionali in materia di whistleblowing. In particolare, per l'ordinamento italiano, le principali novità riguarderebbero:
-la rimozione della distinzione tra settore pubblico e privato nell'applicazione della disciplina in materia di whistleblowing, con la previsione di un obbligo generalizzato di predisporre adeguati canali di segnalazione e di tutelare i segnalanti da eventuali azioni ritorsive. Tale obbligo ricadrebbe, infatti, su tutti gli enti pubblici e privati con più di 50 dipendenti (con possibilità di esonero per gli enti pubblici afferenti a Comuni con meno di 10.000 abitanti);
-la previsione di tre diverse tipologie di canali di segnalazione:
a) "interni", ossia rivolti a soggetti appartenenti all'organizzazione dell'ente;
b) "esterni", ossia rivolti ad autorità esterne e indipendenti dall'ente;
c) "pubblici", ossia il ricorso alla divulgazione presso giornali, canali televisivi e altri media (utilizzabile solo in caso di inefficace ricorso ai primi due sistemi);
- l'estensione dell'ambito soggettivo di applicazione delle tutele, che non riguarderebbero più soltanto la persona del segnalante, ma anche i propri parenti, colleghi e i c.d. "facilitatori", ossia coloro che abbiano aiutato il whistleblower nell'effettuare la segnalazione.
Come è noto, per il settore privato, la disciplina italiana del whistleblowing è contenuta all'interno del D.lgs. 231/2001. In particolare, si tratta di uno dei requisiti che il legislatore pone quale condizione dell'idoneità astratta del Modello organizzativo a prevenire i reati presupposto di cui agli artt. 24 e ss., D.lgs. cit.
Per questo motivo, l'attuazione della Direttiva non potrà non fare i conti anche con la disciplina della responsabilità da reato degli enti, al fine di allinearla ai contenuti del "nuovo" whistleblowing.In secondo luogo, si segnala lo schema di decreto legislativo recante l'attuazione della Direttiva (UE) 2018/1673, sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale.
È prevista infatti una significativa estensione dei "reati presupposto" dei delitti di riciclaggio, ricettazione, impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita, nonché di autoriciclaggio, volta a ricomprendere tra questi anche le fattispecie colpose e contravvenzionali.
Tale estensione, potrebbe invero influire sul "peso" da attribuire a questi reati nella redazione e nell'adeguamento dei Modelli organizzativi già adottai ai sensi del D.lgs. cit.Dai progetti di riforma così brevemente passati in rassegna, senza alcuna pretesa di esaustività, sembra quindi prospettarsi un periodo di rilevanti cambiamenti per il D.lgs. 231/2001.
Una costante evoluzione che ne conferma – pur con fortune alterne – il fondamentale valore strategico per la politica criminale del Paese.
*a cura dell' avv. Fabrizio Ventimiglia e del Dott. Marco Marengo (Studio Legale Ventimiglia)