Penale

Tabulati telefonici, dopo le prime contrastanti pronunce dei giudici italiani la ricostruzione di «Guida al Diritto»

Tribunale che vai acquisizione che trovi. E il tribunale di Rieti sceglie la via della Corte di giustizia. A quando l'intervento normativo?

di Andrea Alberto Moramarco

All'interno del numero 20 del 22 maggio del settimanale «Guida al Diritto» - in distribuzione agli abbonati a partire da oggi - è stato pubblicato un servizio dedicato agli orientamenti dei tribunali italiani dopo la sentenza della Corte giustizia europea del 2 marzo 2021, causa C-746/18 sull'acquisizione dei tabulati telefonici da parte del pubblico ministero. Vi riportiamo di seguito una prima ricostruzione della questione - il servizio più ampio lo trovate all'interno delle pagine del settimanale - e le decisioni di merito raccolte sul tema dalla Rivista.

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Sono passati poco più di due mesi dalla sentenza c.d. H.K. (Corte di giustizia dell’unione europea - Grande Sezione Sentenza 2 marzo 2021, H.K., causa C-746/18) in tema di data retention e acquisizione dei tabulati telefonici per finalità di giustizia. Questo relativamente breve lasso di tempo è però bastato a creare il caos negli uffici giudiziari. Si sono, infatti, susseguite diverse interpretazioni sulla disciplina da applicare, non solo tra i diversi tribunali, ma addirittura anche all’interno degli stessi uffici del Gip. A spazzare via ogni dubbio interpretativo potrebbe essere la stessa Corte di giustizia, chiamata in causa dal Tribunale di Rieti (ordinanza 4 maggio 2021, Pres. Sabatini, rel. Marinelli) per superare nel più breve tempo possibile un tale impasse ermeneutico.

Le questioni aperte

Nella famosa sentenza la Corte di Lussemburgo aveva, in sostanza, affermato che soltanto la repressione di gravi forme di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica può giustificare intrusioni nella vita privata di un singolo individuo, con la conseguenza che l’accesso ai tabulati deve essere circoscritto a tali ipotesi. Inoltre, per i giudici europei autorità competente ad autorizzare l’accesso ai dati non può essere il Pubblico ministero, ovvero un soggetto il cui compito sia quello di «dirigere il procedimento istruttorio penale e di esercitare, eventualmente, l’azione penale in un successivo procedimento».

Tali principi sono stati invero elaborati dalla Corte Ue in relazione all’ordinamento estone, nel quale il ruolo del Pm è diverso da quello italiano e non gode delle garanzie di giurisdizionalità che l’ordinamento italiano attribuisce a quest’ultimo. La domanda che si sono posti i giudici italiani è stata se le affermazioni della Corte di giustizia siano applicabili anche nel nostro ordinamento e se, quindi, il Pubblico ministero italiano possa ritenersi ancora organo dotato dei requisiti necessari per l’autorizzazione all’acquisizione dei dati relativi alle comunicazioni degli indagati, come prevede l’articolo 132 comma 3 del Codice della Privacy (D.lgs. n. 196/2003) e come costantemente ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità; e, ancor prima, come individuare i reati che compongono il catalogo di quelle gravi forme di criminalità per le quali è consentita l’acquisizione dei dati.

Applicabilità diretta della sentenza H.K. Vs Persistenza della normativa interna

A tali quesiti i giudici italiani hanno risposto schierandosi in due fazioni: da una parte, coloro che hanno optato per la disapplicazione della normativa interna (Gip di Roma, decreto 25 aprile 2021, giud. Sabatini; Gip di Bari, decreto 1° maggio 2021, giud. Agnino); dall’altra, coloro che si sono espressi a sfavore della diretta applicabilità della decisione europea (Tribunale di Milano, ordinanza 22 aprile 2021, Pres. Malatesta; Gip di Roma, decreto 28 aprile, giud. Fanelli; Gip di Roma, decreto 29 aprile, giud. Savio).

Per il primo orientamento, alla luce delle affermazioni della Corte Ue, deve ritenersi che il Pubblico ministero italiano non possiede quella caratteristica di terzietà necessaria per disporre l’acquisizione dei tabulati, né pare essere sufficientemente equidistante per effettuare quel bilanciamento tra la necessità di condurre le indagini e quella di rispettare la vita privata dei soggetti indagati. A disporre le autorizzazioni all’acquisizione dei dati deve essere, pertanto, il Giudice, mentre le problematiche concrete - inutilizzabilità delle autorizzazioni disposte dai Pm e individuazione del catalogo dei reati - che derivano dalla disapplicazione della normativa interna, vanno risolte trovando una sponda nella disciplina delle intercettazioni (articoli 267 e 271 cod. proc. pen.).

Per il secondo orientamento, invece, non è possibile applicare la sentenza H.K. in Italia, per via della non sovrapponibilità tra la figura del Pubblico ministero estone e quella del Pubblico ministero italiano, quest’ultimo considerato una “Autorità giurisdizionale”, nonché per via della indeterminatezza delle affermazioni ivi espresse, quanto alla individuazione della autorità deputata a disporre l’autorizzazione e alla procedura che essa deve seguire. A disporre le autorizzazioni all’acquisizione dei dati deve continuare ad essere, pertanto, il Pubblico ministero, non potendo, tra l’altro, le problematiche concrete derivanti dalla disapplicazione della normativa interna essere risolte in via creativa dalla giurisprudenza, ma solo da un intervento del legislatore.

Il rinvio pregiudiziale

Nell’attesa di una auspicata presa di posizione da parte del legislatore, pur aderendo sostanzialmente alla tesi che ritiene il Pubblico ministero dotato di un grado di autonomia e indipendenza sufficiente per continuare a disporre l’autorizzazione all’acquisizione dei dati, il Tribunale di Rieti opta per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. I giudici europei dovranno così sciogliere ogni dubbio in merito al nodo principale della questione: la riconducibilità del Pubblico ministero italiano nell’ambito di quelle autorità che, per le loro caratteristiche strutturali e funzionali, sono deputate ad autorizzare l’acquisizione di tabulati telefonici.

Se così non fosse, per i giudici laziali il principale problema concreto sta nell’evitare il «rischio di “paralisi” delle indagini penali», in assenza di una disciplina transitoria o di indicazioni “interptemporali”. Altra questione sta poi nella necessità di contemplare delle «eccezionali ipotesi di “urgenza investigativa”, tali da consentire al Pubblico ministero l’immediata acquisizione dei dati dei tabulati telefonici», con successiva convalida da parte del Giudice procedente, al pari di quanto prevede l’articolo 267 cod. proc. pen. in tema di intercettazioni telefoniche.

La futura pronuncia della Corte di giustizia si preannuncia, pertanto, come un tassello importante e un passo in avanti per la risoluzione interpretativa dell’intera vicenda, in attesa - forse – di un intervento legislativo diretto ad adeguare la normativa italiana al nuovo quadro europeo.

 

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