Responsabilità

Telefonia, per l'interruzione del servizio il risarcimento non si cumula con la penale

La Cassazione, ordinanza n. 21398 depositata oggi, ricorda che comunicare con un solo telefono non è un diritto fondamentale

di Francesco Machina Grifeo

Nel contratto di telefonia, la sospensione temporanea della prestazione non dà diritto al cumulo del risarcimento del danno con la penale. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 21398 depositata oggi.

Il cliente aveva agito in giudizio per sentire accertata la responsabilità di Telecom Italia, per la sospensione per dodici giorni del servizio telefonico, pur in presenza di reclamo dell'utente (circostanza contrattualmente ostativa alla sospensione della prestazione).

Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda ma solo parzialmente, riconoscendogli 800,00 euro a titolo di risarcimento del danno "da temporaneo disagio psichico", ma non l'indennizzo contrattualmente stabilito (e pari al 50% del canone mensile, moltiplicato per i giorni di sospensione, e dunque, nella specie, corrispondente ad un importo di € 582,12).

Contro questa decisione il cliente ricorreva in secondo grado. E la Corte di Appello di Messina, confermando la decisione di primo grado, circoscriveva nuovamente la condanna alla somma di 800,00 euro (oltre interessi dal momento della domanda giudiziale) a titolo di danno da "disagio psichico di lieve entità".

Proposto ricorso in Cassazione, la Suprema corte ribadisce che in simile ipotesi "rilevano (sempre e solo) i danni da temporanea ritardata esecuzione della prestazione", e che il ristoro "effettivo" degli stessi "non può cumularsi con quel risarcimento ‘forfettario' realizzato attraverso la pattuizione di cui all'art. 1382 cod. civ.".

Nella giurisprudenza di legittimità infatti la "clausola penale è intesa a rafforzare il vincolo contrattuale e a stabilire preventivamente la prestazione cui è tenuto uno dei contraenti qualora si renda inadempiente, con l'effetto di limitare a tale prestazione il risarcimento, indipendentemente dal danno effettivo", salvo "la risarcibilità di un danno ulteriore qualora ciò sia convenuto", sicché la funzione della clausola è di permettere la monetizzazione di tale pregiudizio "indipendentemente dalla prova della concreta esistenza del danno effettivamente sofferto", restando, d'altra parte, inteso che la clausola "costituisce solo una liquidazione anticipata del danno destinata a rimanere assorbita, nel caso di prova di ulteriori e maggiori danni, nella liquidazione complessiva di questi".

Dunque, non solo il ricorrente "non poteva conseguire una somma maggiore di quella già liquidatagli a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale" ma alla stessa – prosegue la Cassazione ricordando un recente precedente – "per vero, neppure avrebbe avuto diritto (ma in difetto di ricorso incidentale, sul punto, da parte dell'odierna controricorrente tale statuizione è divenuta incontrovertibile)", visto che "l'inadempimento del gestore telefonico tale da impedire l'uso del telefono fisso, quale che ne sia la durata, non può legittimare alcuna pretesa al risarcimento di danni non patrimoniali in quanto il diritto a comunicare con un solo telefono non è un diritto fondamentale della persona, perché non necessario alla sopravvivenza, e l'impedimento dell'uso del telefono non menoma né la dignità, né la libertà dell'essere umano, né costituisce violazione di alcuna libertà costituzionalmente garantita, tanto meno quella di comunicare" (Cass. 27 agosto 2020, n. 17894).

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