Termini processuali, l’attività difensiva durante il periodo feriale è idonea allo scopo
Lo ha chiarito la Cassazione, sentenza n. 51191 depositata oggi, con riferimento al periodo della pandemia: la richiesta di discussione orale presentata in agosto deve considerarsi tempestiva se depositata nel termine di 15 giorni liberi prima dell’udienza
Durante la disciplina emergenziale per il contrasto alla pandemia da COVID-19, la richiesta di discussione orale dell’appello (art. 23-bis, co. 4, Dl n. 137 del 2020, convertito con modificazioni, dalla L. 176/2020) «deve considerarsi tempestiva ove depositata nel periodo feriale nel rispetto del termine di quindici giorni liberi prima dell’udienza, con la conseguenza che, se il processo venga definito con rito camerale non partecipato, si radica una nullità generale a regime intermedio per violazione del principio del contraddittorio, deducibile con ricorso per cassazione». Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 51191 depositata oggi, esprimendo un principio di diritto e accogliendo - con rinvio - il ricorso di un uomo condannato per bancarotta fraudolenta.
La V Sezione penale ha dunque accolto il primo motivo di ricorso con cui si deduceva la nullità della decisione vuoi perché la richiesta di trattazione orale del giudizio di appello era stata ritenuta tardiva, ancorché questa fosse stata presentata il 22 agosto 2022, quindi anteriormente alla scadenza dei quindici giorni liberi prima dell’udienza, fissata per il 13 settembre 2022, previsti dalla norma evocata, vuoi perché era stato negato all’imputato di rendere spontanee dichiarazioni, sebbene ne avesse fatto richiesta.
Per la Suprema corte, infatti, la presentazione della richiesta durante il periodo di sospensione feriale dell’attività giudiziaria, deve essere interpretata “alla stregua di una rinuncia del difensore a valersene”.
La Cassazione mette in luce, infatti, che la sospensione dei termini processuali stabilita dall'art. 1 della legge n. 742 del 1969 risponde alla finalità di «fare godere ai professionisti forensi un periodo di pieno riposo» nel periodo feriale. Sulla stessa linea la Corte costituzionale (n. 222/2015) secondo cui «l'individuazione del periodo di sospensione feriale dei termini processuali risponde a un'esigenza di garanzia dell'effettività del diritto di difesa nel periodo di riposo degli avvocati». Inoltre, l’istituto nato «dalla necessità di assicurare un periodo di riposo a favore degli avvocati e procuratori legali [ ...] è anche correlato al potenziamento del diritto di azione e di difesa (art. 24 Cost.)” (sentenza n. 255 del 1987), cui deve essere accordata tutela, “quando la possibilità di agire in giudizio costituisca per il titolare l'unico rimedio per far valere un suo diritto» (sentenza n. 49 del 1990).
Pertanto, prosegue la decisione, “con riferimento ai termini processuali, stabiliti a pena di decadenza, diversi da quelli stabiliti per le impugnazioni, ove si negasse all'attività difensiva, utilmente compiuta nel periodo feriale, l'attitudine a raggiungere l'effetto cui essa è preordinata, si verrebbe a determinare una distorsione dell'ordine di valori sottesi alla previsione della sospensione dei termini processuali nel periodo indicato, ossia «la garanzia dell'effettività del diritto di difesa».
L'imputato, infatti, «si vedrebbe privato degli effetti, per lui favorevoli in termini di potenziamento del diritto di difesa, derivanti dalla tempestiva attività processuale del proprio difensore, consapevolmente rinunciante al riposo estivo accordato alla sua categoria di appartenenza, la cui garanzia – lo si è evidenziato – costituisce la ratio della previsione della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale».
Così tornando al caso concreto, la ritenuta tardività della richiesta di discussione orale dell'appello, depositata nel periodo feriale ma rispettando il termine di quindici giorni liberi prima dell'udienza ha prodotto »un'invalidità nella celebrazione del giudizio di secondo grado, suscettibile di dar luogo ad una nullità generale a regime intermedio della sentenza di appello», che tuttavia è stata “tempestivamente eccepita” con le conclusioni scritte e con la specifica allegazione del vulnus arrecato all'imputato, ossia la preclusione della possibilità di rendere spontanee dichiarazioni (con violazione del principio del contraddittorio).