Professione e Mercato

Test di convenienza fiscale sui dividendi ai soci

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di Gian Paolo Ranocchi

I risvolti fiscali sono di particolare rilevanza nella scelta della forma giuridica con cui esercitare l’attività professionale. Oltre alle forme dello studio individuale e dell’associazione professionale, è infatti anche possibile esercitare l’attività nella forma delle società tra professionisti. Generalmente, peraltro, la scelta della società deriva dall’evoluzione dell’attività già esercitata in forma individuale (aggregazione di più studi autonomi) o in forma associativa (studio associato magari affiancato dalla società di servizi).

Tralasciando gli aspetti fiscali connessi al conferimento in società dell’avviamento dello studio individuale e inerenti alla trasformazione (omogenea o eterogenea) di un’associazione, vediamo quali sono le principali caratteristiche fiscali delle società tra professionisti.

Oggi è chiaro che la qualifica del reddito delle società tra professionisti non è legata all’attività svolta ma al tipo di società. L’ha confermato l’agenzia delle Entrate (direzione regionale della Lombardia), rispondendo a un interpello presentato dallo studio La Scala di Milano, Spa dallo scorso gennaio. Il reddito delle società tra professionisti (Snc, Sas e società di capitali) è quindi considerato reddito d’impresa e si applica il principio di competenza e non di cassa (salvo per le società di persone in contabilità semplificata). Lo svolgimento dell’attività in società non comporta l’applicazione delle ritenute sui compensi e consente di fruire delle agevolazioni per le imprese (come l’Ace).

La tassazione Ires del reddito al 24% è più conveniente, considerata da sola, della tassazione Irpef con la progressività delle aliquote. Il vantaggio, però, permane se il reddito resta acquisito al patrimonio della società. Nel caso di distribuzione, infatti, i dividendi percepiti dai soci sono tassati secondo le regole ordinarie e, quindi, dopo le modifiche della legge di Bilancio 2018, scontano una tassazione sostitutiva del 26% a prescindere dalla caratura della partecipazione.

Il nuovo meccanismo di tassazione dei dividendi induce a una particolare attenzione nel valutare la convenienza fiscale della società tra professionisti di capitali. Infatti, la scelta della società non rimuove per i soci professionisti l’obbligo di versare personalmente alle casse di appartenenza i contributi previdenziali, che sono deducibili dal reddito totale della persona fisica. Ma il presupposto per risparmiare l’Irpef sui contributi è correlato al fatto che vi sia un reddito tassabile Irpef. La questione che ora si pone con maggiore rilevanza (prima riguardava solo i soci non qualificati) è che i dividendi incassati da tutti i soci di società di capitali (comprese quelle tra professionisti) sono assoggettati a una ritenuta definitiva del 26% per cui non transitano più dalla dichiarazione dei redditi. Quindi, il professionista che dispone solo del reddito inerente lo stacco dividendi della società, non potrà dedurre i contributi versati. Trattandosi di cifre spesso significative la penalizzazione rischia di non essere da poco.

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