Truffa online, aggravante della minorata difesa se manca il contatto personale
Lo ha ribadito la Corte di cassazione, sentenza n. 18585 deposita oggi, respingendo il ricorso di un uomo condannato a 1 anno e 4 mesi di reclusione per sette episodi di truffa via internet
Nella truffa commessa attraverso la vendita di prodotti online scatta sempre l’aggravante della minorata difesa se le parti non si sono mai incontrate di persona. Lo ha ribadito la Corte di cassazione con la sentenza n. 18585 deposita oggi, che ha respinto il ricorso di un uomo condannato a 1 anno e 4 mesi di reclusione, oltre 800 euro di multa, per sette episodi di truffa, aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 5 cod. pen., “consistenti nell’avere proposto a più soggetti la vendita on line di scarpe da ginnastica, percependo le relative somme senza mai consegnare le scarpe ai diversi acquirenti”.
Nel ricorso l’imputato aveva contestato proprio l’irrogazione della circostanza aggravante in quanto la Suprema corte, nella sentenza rescindente, aveva precisato che non in tutti i casi di vendita on line può sussistere l’avvalimento di circostanze tali da ostacolare la privata difesa.
Per la VI Sezione penale va ribadito che “sussiste l’aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all’autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell’art. 61, n. 5, cod. pen., abbia approfittato, nell’ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti on-line, poiché, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l’agente, determina una posizione di maggior favore di quest’ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta”.
Così, nel caso specifico, la Corte di Appello di Perugia, con motivazione congrua, aveva evidenziato che il “contatto originario tra l’imputato e i giovani acquirenti era sempre avvenuto on line”. Successivamente, i contatti erano “variamente proseguiti, talvolta anche mediante contatti telefonici, sempre però nel segno di una condotta dell’imputato ispirata dallo scopo di tranquillizzare l’acquirente, magari inviargli una qualche foto oppure documentazione postale contraffatta, all’evidente fine di indurlo all’invio di denaro e/o beni in permuta, per poi rendersi inadempiente ed irreperibile”. Ma in nessuno dei sette casi contestati vi era stato un incontro diretto tra l’imputato e l’acquirente, “così che per la distanza delle trattative ed il mezzo a ciò utilizzato, permaneva quella posizione di maggior favore per il venditore che gli consentiva di schermare la propria identità (in taluno dei casi presentatosi con falsa generalità o tramite soggetti terzi compiacenti), soprattutto di evitare una visione diretta del bene da parte dell’acquirente (anche riguardo alla sua effettiva disponibilità alla vendita) ed, infine, di rendersi irreperibile e comunque sottrarsi all’adempimento delle proprie obbligazioni”.
Per tutti i reati in esame, allora, prosegue la decisione, sussiste l’aggravante contestata della minorata difesa, riferibile anche alla giovane età dei truffati.
Infine, la Cassazione afferma che un simile approdo non contrasta con un precedente di legittimità (n. 1085 del 14/10/2020) in cui si è precisato che «in tema di truffa contrattuale, non sussiste l’aggravante della minorata difesa, ai sensi dell’art. 61, n. 5, cod. pen., nell’ipotesi in cui il primo contatto tra venditore e acquirente sia avvenuto su una piattaforma web per poi svilupparsi mediante messaggi telefonici e incontri di persona per la visione e cessione del bene, con consegna di assegno circolare poi risultato falso, atteso che, a differenza delle trattative svolte interamente on-line, in tal caso non ricorre la costante distanza tra venditore e acquirente idonea a porre quest’ultimo in una situazione di debolezza quanto alla verifica della qualità del prodotto e dell’identità del venditore».
Una situazione, quest’ultima, diversa da quella indicata dalla sentenza impugnata nella quale si dà atto dell’assenza di contatti di persona tra l’imputato e gli acquirenti e dell’utilizzo, in alcuni casi, da parte del primo di una falsa identità e di documenti postali contraffatti.