Il CommentoCivile

Trust: il possibile ritorno della cosiddetta "terza via" sulla tassazione in entrata

Dopo una lunga attesa dalla diffusione della bozza, durata oltre 14 mesi, finalmente l'Agenzia delle entrate ha pubblicato la circolare n. 34/E del 20 ottobre 2022, che si occupa della disciplina fiscale ai fini dell'imposizione diretta e indiretta dei trust. Circolare resasi necessaria al fine di recepire, come indicato dalla stessa fin dall'epigrafe, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, soprattutto, in ordine alla tassazione indiretta

di Nunzio Dario Latrofa*

Dopo una lunga attesa dalla diffusione della bozza, durata oltre 14 mesi, finalmente l'Agenzia delle entrate ha pubblicato la circolare n. 34/E del 20 ottobre 2022 , che si occupa della disciplina fiscale ai fini dell'imposizione diretta e indiretta dei trust . Circolare resasi necessaria al fine di recepire, come indicato dalla stessa fin dall'epigrafe, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, soprattutto, in ordine alla tassazione indiretta.

Non possiamo che plaudire all'impegno dell'Agenzia che ha cercato di chiarire molti aspetti legati alla tassazione dei trust ovvero rispetto agli obblighi di monitoraggio fiscale. L'interlocuzione intercorsa con gli operatori del settore, che numerosi hanno risposto all'invito di trasmettere note di commento alla bozza di circolare dello scorso 11 agosto, è un segno apprezzabile del tentativo di uniformare la visione sulla tassazione di questo poliedrico strumento giuridico.

Purtroppo, però, non possiamo non rammaricarci per alcune scelte fatte dall'Agenzia delle entrate in tema d i tassazione degli apporti al trust, che sono un evidente tentativo di far rientrare dalla finestra quello che era uscito dalla porta. Ci riferiamo alla riproposta (infondata) teoria della tassazione in entrata che si dovrebbe verificare al momento dell'attribuzione dei beni in trust, qualora detta attribuzione dovesse risultare stabile.

L'Agenzia delle entrate, in realtà, in un primo passaggio della Circolare accoglie la tesi della tassazione in uscita stigmatizzata dalla Corte di cassazione con oltre 120 pronunce, e ribadisce che il trasferimento imponibile si realizza solo all'atto " dell'effettivo incremento patrimoniale del beneficiario – ord. 30 ottobre 2020 nn. 25153 e 24154" o nel caso di " di eventuale attribuzione del bene al beneficiario, a compimento della realizzazione del trust medesimo – Cass. sent. 8082 del 2020 ".

Subito dopo, però, con un salto logico evidente, riproporne la tesi della tassazione in entrata, seppur limitata ad alcuni casi (c.d. "terza via"), e sottolinea che per individuare il "momento in cui si realizza l'effettivo trasferimento di ricchezza attraverso un'attribuzione stabile dei beni confluiti in trust a favore del beneficiario" è " necessario analizzare puntualmente le clausole contenute nell'atto istitutivo e nello Statuto del trust o emergenti da ulteriori documenti".

Questa idea, che era stata già avanzata da poche isolate sentenze della Cassazione del 2018 e del 2019, è stata decisamente sovvertita dalle successive oltre 100 pronunce che hanno espressamente sconfessato la tesi della c.d. "terza via" (tra le tante ordinanze espressamente contrarie a questa tesi vedasi: Corte di cassazione, n. 16705 del 2019; nn. 2897, 2898, 2899, 2900, 2901, 2902 del 2020; nn. 416 e 5766 del 2020; n. 3986 del 2021; n. 3075 del 2021; n. 729 del 2021; nn. 224 e 225 del 2021).

In pratica, l'Agenzia ha consapevolmente assunto una posizione contraria a un indirizzo chiaro e stabile della Corte di cassazione, a cui compete in via esclusiva la funzione nomofilattica.

Questa presa di posizione ci lascia molto perplessi, anche per l'evidente problema di "precomprensione" e di non corretta "metabolizzazione", ci permettiamo di usare le parole del Prof. Maurizio Lupoi, dell'istituto del trust, che purtroppo permea, a distanza di 30 anni dall'entrata in vigore della Convenzione de L'Aja, questa circolare.

Ci riferiamo, ad esempio, alla pagina 8, dove il difetto di "precomprensione" appare in tutta evidenza perché viene creata una nuovissima figura del tutto sconosciuta al diritto dei trust e alla Convenzione de L'Aja, ossia quella del trust discrezionale caratterizzato dal fatto che " il disponente si riserva la facoltà di nominare in un momento successivo i beneficiari ovvero rimette al trustee o ad un protector (guardiano) l'individuazione degli stessi, delle loro rispettive posizioni o delle modalità e dei tempi di attribuzione dei benefici". È chiaro che l'Agenzia confonde l'eventuale riserva di poteri in capo al disponente del trust, con la discrezionalità del trustee.

Ma tornando al tema della tassazione delle attribuzioni al trustee, questo difetto appare ancor più evidente.

A dire dell'Agenzia, l' "attribuzione stabile" potrebbe verificarsi all'atto di costituzione o di dotazione del trust, qualora " i beneficiari individuati (o individuabili) siano titolari di diritti pieni ed esigibili, non subordinati alla discrezionalità del trustee o del disponente, tali da consentire loro l'arricchimento e l'ampliamento della propria sfera giuridico-patrimoniale già al momento dell'istituzione del trust".

Il riferimento ai beneficiari individuati sembrerebbe indicare la categoria dei beneficiari con posizioni assolute (absolute beneficial interest), che sono possibili solo sul fondo in trust o parte di esso (ad esempio un solo bene) e non sul reddito, come sostiene l'Agenzia.

La circolare, infatti, per rendere più comprensibile l'ipotesi avanzata, delinea la fattispecie del " trust in cui al beneficiario viene attribuito il diritto a ricevere dal trustee un bene (...) un dato immobile o una somma di denaro, oppure (...) una rendita periodica".

Questo esempio ci disorienta e ci fa pensare che forse si tratta del caso - più diffuso - delle c.d. posizioni beneficiarie "quesite", che vedono i beneficiari titolari di diritti verso il trustee sul fondo, sul capitale o sul reddito. È evidente che l'Agenzia, assimilando la posizione dei beneficiari individuati a quella dei beneficiari individuabili, crea confusione anche rispetto alle diversità che caratterizzano il beneficiario "vested in possession" e il beneficiario "vested in interest".

Il "beneficiario individuato" a cui si riferisce la Circolare, dovrebbe essere il c.d. beneficiario "vested in possession", che può esercitare immediatamente la sua posizione anche chiedendo, a seconda della legge regolatrice e ove applicabile il principio Saunders v Vautier, l'anticipazione del termine finale del trust, con la conseguente consegna del fondo.

Il "beneficiario individuabile", invece, potrebbe essere assimilabile al beneficiario "vested in interest" che, come noto, può esercitare i suoi diritti solo a seguito di un evento futuro.

Trattasi pertanto di due posizioni giuridiche distinte, a differenza di quanto ritiene l'Agenzia.

L'esempio portato dalla Circolare non appare del tutto pertinente, neanche ai fini della tassazione, in quanto sembra riferirsi solo al caso del beneficiario "vested in possession". Ma in questo caso, una teorica tassazione ai fini donativi dell'attribuzione stabile dell'immobile o del denaro parte del fondo in trust, potrebbe avere un senso logico ai fini della tassazione indiretta che, però, è del tutto irrazionale nel caso della rendita che è un evento che, al massimo, può far scaturire i presupposti per la tassazione diretta.

Per l'Agenzia questa soluzione sarebbe coerente con l'art. 20 del D.P.R. 131 del 1986, secondo cui " L'imposta è applicata secondo (...) gli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione". Ebbene, seguendo quanto indicato nell'esempio in parola (che riteniamo comunque errato), dovremmo vertere in un caso di donazione.

A questo punto occorre ancora un cenno al diritto dei trust.

Nel caso di trust con beneficiario con posizioni assolute (absolute beneficial interest), fattispecie che in realtà normalmente si verifica alla fine della durata del trust, il trustee deve gestire i beni in trust limitatamente agli atti necessari per la consegna del fondo e non del reddito.

Nel caso di trust con beneficiario con posizioni "vested in possession", il trustee ha l'obbligo giuridico di gestire e amministrare i beni in trust fin tanto che il beneficiario non eserciti il suo diritto, che potrebbe non essere mai esercitato.

Nel caso di trust con beneficiario con posizioni "vested in interest", il trustee ha l'obbligo giuridico di gestire e amministrare i beni in trust in attesa che si verifichi l'evento e fin tanto che il beneficiario non eserciti il suo diritto, che potrebbe non essere mai esercitato.

In ultima analisi, anche dal punto di vista del diritto dei trust, senza considerare la posizione assolutamente contraria espressa dalla Corte di cassazione, la c.d. terza via, così come immaginata dall'Agenzia è del tutto errata e non realizzabile.

Facendo un paragone, a solo fine esemplificativo con il diritto italiano, possiamo pensare alla donazione e al mandato a donare (art. 778, c. 2 c.c.), la cui realizzazione formale (art. 782 c.c.) richiede la necessaria accettazione del donatario, di modo che fino a quando ciò non si verifichi non sorge il presupposto impositivo.

Appare pertanto incoerente che nel caso di mandato a donare o di donazione il presupposto impositivo sorge solo se il donatario accetta, mentre nel trust con beneficiario vested il presupposto sorge al momento della " costituzione o dotazione del trust", senza che il beneficiario abbia espresso il suo volere di apprendere i beni ovvero di anticipare il termine finale.

In definitiva, ci perplime anche la scelta dell'Agenzia di individuare come momento topico ai fini della verifica del momento di "attribuzione stabile", l'atto di costituzione o di dotazione del trust. Ricordiamo che l'atto di costituzione del trust, così come più volte ricordato dalla Corte di cassazione e dalla stessa Agenzia in precedenti circolari, è un atto neutro che non prevede alcuna attribuzione patrimoniale; quindi, il caso è irrealizzabile.

Però ci potrebbero essere dei casi di coincidenza dell'atto di costituzione con quello di attribuzione di beni in trust (c.d. dotazione). Ma se è solo questo il momento storico in cui sorge il presupposto impositivo, come è possibile ipotizzare in quella sede l'esistenza dei "beneficiari individuabili" a cui imputare l' "attribuzione stabile" ?

Non possiamo di certo dire che la capacità contributiva è espressa " all'atto di costituzione del trust o di dotazione" da colui che nel diritto dei trust ha una posizione non quesita (c.d. contingent), che è condizionata a una circostanza futura.

L'unico caso teorico che ci viene in mente sarebbe quello del beneficiario individuato e con posizioni assolute (absolute beneficial interest), maggiorenne che partecipi all'atto di istituzione e di attribuzione dei beni al trust e contestualmente esprima, per iscritto, il suo desiderio di vedersi attribuire detti beni (si potrebbe avere anche la cessazione del trust se si tratta di beni che esauriscono il fondo).

La teoria dell'Agenzia mostra altri suoi gravissimi limiti, se si pensa che nel corso del tempo, ovvero dopo molti anni dall'atto " di costituzione del trust o di dotazione" può essere nominato un beneficiario "vested in possession" sul fondo. Secondo la tesi innanzi illustrata, in questo caso non sorgerebbe alcun presupposto impositivo. Quindi, avremmo una disparità di trattamento, censurabile ai sensi della nostra Carta costituzionale (art. 3 Cost.- Principio di eguaglianza), con il caso del beneficiario vested in possession nominato al momento della costituzione del trust.

In ultima analisi, possiamo sostenere che la posizione assunta dall'Agenzia delle entrate nella Circolare in commento, oltre a essere errata dal punto di vista del diritto dei trust, sovverte chiaramente l'interpretazione nomofilattica e granitica, fornita della Corte di cassazione sulla tassazione in uscita, secondo cui il conferimento dei beni in trust, per ogni tipo di trust, è da ritenersi fiscalmente irrilevante rispetto alla cd. nuova imposta sul vincolo di destinazione, all'imposta di successione e donazione e alle imposte ipotecarie e catastali che, invece, saranno dovute " ... non al momento della costituzione dell'atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri (...) bensì in seguito all'eventuale trasferimento finale del bene al beneficiario, in quanto solo quest'ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell'art. 53 Cost." (tra le tanti ricordiamo, Corte di cassazione, ordinanze n. 20324/2020; n. 14207/2020; n. 13715/2020; n. 13525/2020; n. 10261/2020; n.10259/2020; n. 10256/2020; n. 10254/2020; n. 9601/2020; n. 8281/2020; n. 8082 /2020; n. 7003/2020; n. 5766/2020; n. 4163/2020, n. 2902/2020).

Concludendo, siamo costretti a constatare che la Circolare 34/2022, che in questa parte appare in tutta evidenza errata e indifendibile, se applicata dagli uffici periferici, sarà causa di un'altra stagione di "inutile" affollamento delle Corti di Giustizia Tributaria che dovranno nuovamente pronunciarsi sullo stesso tema, già affrontato oltre 120 volte e risolto in termini contrari a quanto sostiene l'Agenzia.

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*A cura dell'Avv. Nunzio Dario Latrofa, Business Partner 24ORE