Professione e Mercato

Un Test che fotografa il nuovo avvocato

La coraggiosa scelta degli avvocati, per ora solitaria, di chiedere e ottenere dal legislatore il nuovo esame segna un momento probabilmente di non ritorno

di Alessandro Galimberti

Non è solo uno switch dall’aula alla piattaforma digitale, e forse neppure un passaggio temporaneo causa pandemia, in attesa di tornare all’antico. La coraggiosa scelta degli avvocati, per ora solitaria, di chiedere e ottenere dal legislatore il nuovo esame segna un momento probabilmente di non ritorno, e che non ha a che fare solo con il rito dell’esame stesso. Il nuovo test di ammissione all’Albo/abilitazione professionale, perché di questo si tratta, prende atto - magari giocoforza, ma lo fa - del fatto che il legale del 2021 è una professione geneticamente un po’ modificata rispetto a quella portata sin qua dalla tradizione. Non cambia la solida preparazione tecnica richiesta all’aspirante, così come non cambia (non dovrebbe cambiare) il solido impianto/retroterra culturale del futuro professionista; quello che il nuovo esame sottolinea ed enfatizza è però piuttosto la capacità del legale di capire/inquadrare/reagire in tempo reale alle sollecitazioni che la società digitale (e liquida) di oggi gli sottopone. Un professionista problem solver, come altre tradizioni giuridiche insegnano, è un profilo diverso e per certi aspetti più completo rispetto all’avvocato campione di litigation. Non a caso quello che la prima prova selettiva esige dal candidato è l’inquadramento velocissimo del problema sottoposto (30 minuti) e quindi l’esposizione alla commissione della soluzione proposta (altri 30 minuti, in totale sei ore in meno della prova tradizionale). Il cronometro, triste ma brillante metafora della società della comunicazione, sarà il discrimine tra chi riuscirà a disegnare un percorso logico argomentativo (con)vincente e chi invece resterà a metà del guado tormentato dai dubbi, o più verosimilmente dai non ricordo.

Riserve? Molte, e alcune probabilmente non del tutto infondate, a cominciare dalle limitazioni di ambito stabilite dal ministero (eliminare il Libro VI del Codice civile dai quesiti sembra più un autogol che un assist ai candidati).

Ma attenzione a non scivolare su un equivoco, questo sì, che sa di conservazione. La semplificazione e la tempestività nel percorso che porta a decisioni/scelte - importanti per il cliente, vitali per la reputazione del professionista - non sono da guardare con altezzoso dispetto: in fondo è ciò che il mercato chiede, competenza, chiarezza e, spesso, velocità di determinazione. Per questo i 26mila candidati che da un anno e mezzo attendono il loro momento sono, magari inconsapevolmente e magari controvoglia, dei pionieri. E con loro le 1.500 commissioni. In bocca al lupo a tutti.

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