Uso equo, controllo delle decisioni e responsabilità: ancora molti gli interrogativi sui sistemi AI
L’importanza dell’IA si misura anche in termini sociali e culturali: con il costante progresso dei sistemi e la diffusione del loro utilizzo, sorge l’esigenza di comprenderne i limiti ed i potenziali rischi applicativi
Siamo un’epoca di trasformazione, in cui l’IA sta diventando una componente essenziale della nostra vita, spesso anche senza renderci conto della sua presenza, come quando ci suggerisce un film su una piattaforma o traduce un testo in tempo reale.
L’IA è certamente uno strumento che può amplificare le capacità umane, migliorare la produttività, rendere più efficienti i servizi pubblici, ma anche agevolare la ricerca e l’apprendimento in settori più umanistici come il diritto e l’economia.
L’importanza dell’IA si misura anche in termini sociali e culturali: con il costante progresso dei sistemi di IA e la diffusione del loro utilizzo, sorge l’esigenza di comprenderne i limiti ed i potenziali rischi applicativi.
La sua adozione solleva, infatti, questioni cruciali: come garantirne un uso equo? Chi controlla le decisioni degli algoritmi? Chi è responsabile se sbagliano?
Queste domande richiedono risposte anche politiche e regolamentari.
Nell’ambito della Giustizia sono state molto opportune, in proposito, le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica in occasione dell’incontro con i Magistrati ordinari in tirocinio del 28.5.2025.
Descrivendo l’altissimo compito dell’esercizio della Giustizia loro affidato, il Presidente ha osservato che “Lo ius dicere costituisce espressione di un sapere che non si esaurisce nel dato tecnico-giuridico e, di conseguenza, non potrebbe mai essere affidato a sistemi di intelligenza artificiale. La decisione giudiziale è destinata, infatti, a incidere sulle persone e sulla realtà sociale, intervenendo in situazioni talora drammatiche. Alla Magistratura spetta applicare le norme vigenti individuando la soluzione adeguata alle peculiarità della singola questione, così da rispondere alle esigenze di giustizia”.
Ha quindi proseguito il Presidente che “per sottolineare queste inderogabili esigenze la nostra Costituzione assicura alla Magistratura indipendenza e autonomia affinché possa decidere in modo imparziale, senza influenze o condizionamenti, anche derivanti da eventuali pregiudizi personali”: è chiaro che affidare le decisioni, o anche l’individuazione delle difese, a un sistema di intelligenza artificiale, significa consegnare questo ruolo agli anonimi “istruttori” e alimentatori dei sistemi di ricerca dell’AI.
Sul piano normativo entra in gioco l’AI Act, il Regolamento europeo approvato dal Legislatore euro-unitario nel 2024, che rappresenta il primo grande sforzo normativo globale per regolamentare l’IA in modo organico e trasparente, secondo cui l’innovazione è benvenuta, ma deve rispettare i diritti, la sicurezza e la dignità delle persone.
L’UE ha adottato un approccio basato sul rischio, classificando le applicazioni dell’IA in base al loro potenziale impatto sui diritti dei cittadini e imponendo divieti o vincoli a determinati usi dell’AI a causa dei rischi elevati ad essi connessi.
Sul piano nazionale, è stato approvato in prima lettura dal Senato della Repubblica il disegno di legge n. 1146/2025 recante “Disposizioni e delega al Governo in materia di intelligenza artificiale”, il quale passerà ora al vaglio della Camera dei deputati per la seconda lettura.
Sull’utilizzo dei sistemi di IA nell’ambito dell’attività giudiziaria, l’art. 15 di tale disegno di legge prevede che “nei casi di impiego dei sistemi di intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria è sempre riservata al magistrato ogni decisione sull’interpretazione e sull’applicazione della legge, sulla valutazione dei fatti e delle prove e sull’adozione dei provvedimenti”, previsioni in linea con le raccomandazione del Presidente.
Maggiore apertura emerge in relazione all’utilizzo dell’AI nelle attività amministrative collaterali e nei servizi relativi alla giustizia, per cui il disegno di legge prevede che “il Ministero della giustizia disciplina gli impieghi dei sistemi di intelligenza artificiale per l’organizzazione dei servizi relativi alla giustizia, per la semplificazione del lavoro giudiziario e per le attività amministrative accessorie” e - fino alla compiuta attuazione del regolamento (UE) 2024/1689 - ne autorizza l’impiego in via sperimentale negli uffici giudiziari ordinari.
Parallelamente, con riguardo alle Professioni intellettuali, la norma prevede che “L’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale nelle professioni intellettuali è finalizzato al solo esercizio delle attività strumentali e di supporto all’attività professionale e con prevalenza del lavoro intellettuale oggetto della prestazione d’opera”, senza che venga meno la centralità della valutazione critica e della discrezionalità che contraddistingue il ruolo del professionista.
Concludendo, ci sembra che in ambito UE e nel nostro Paese, l’intelligenza artificiale stia percorrendo la strada di una regolamentazione di avanguardia e lungimirante, da tenere aggiornata e allineata al progresso tecnologico, per fronteggiare i rischi, favorendo lo sviluppo economico, scientifico e professionale.
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*Antonio Ferraguto, partner de La Scala Società tra Avvocati