Immobili

Uso esclusivo in condominio: sì alla costituzione di usufrutto, validi anche servitù e comodati

Una via percorribile è anche l’assegnazione perpetua degli spazi nel regolamento

ADOBESTOCK

di A.Bu.

Con la sentenza 28972/2020 un risultato senz’altro lo si è ottenuto: l’uso esclusivo nei condomìni sicuramente non è un diritto reale “atipico” in quanto, per la Cassazione, è assai solida nel nostro ordinamento l’idea che i diritti reali sono solo quelli previsti dalla legge (è il cosiddetto principio della tipicità e del numero chiuso dei diritti reali) e che la trascrizione nei registri immobiliari vale a rendere talune situazioni opponibili ai terzi solo nelle ipotesi in cui è la legge a sancirlo.

Si tratta, dunque, di stabilire caso per caso come qualificare l’uso esclusivo che si intenda concedere ex novo o che ci si trovi a gestire perché rinveniente da pattuizioni già consolidate nel passato: sul punto, come detto, è intervenuto anche il Notaraiato.

Ad esempio, se la porzione concessa in uso esclusivo a una data unità immobiliare (senza limiti di durata, espliciti o impliciti) non avesse alcuna utilità per nessun’altra unità immobiliare dell’edificio (si pensi a un balconcino o a un abbaino cui si acceda solo da un appartamento) non sarebbe lontano dal vero se si individuasse in tale situazione un vero e proprio diritto di proprietà “piena” (che, come tale, è alienabile senza alcun limite da chi ne sia il titolare).

Inoltre, si potrebbe concepire l’avvenuta costituzione di un diritto reale di usufrutto (che è, di regola, cedibile) o di uso (che è, di regola, incedibile) quando se ne ravvisassero gli indici e, principalmente, quello della durata: si tratta infatti di diritti che si estinguono, al più tardi, con la morte della persona che ne è il titolare originario e che, se costituiti a favore di un soggetto diverso da una persona fisica, non possono eccedere un periodo maggiore di un trentennio.

Senz’altro più complicato ravvisare la configurazione di un diritto di servitù (ipotizzando il condominio come fondo servente e come fondo dominante l’unità immobiliare a cui vantaggio è stabilito l’uso esclusivo) in quanto la servitù non può asciugare del tutto l’utilità che può ritrarsi dal fondo servente. Tra l’altro, occorre tener conto che la servitù è configurabile, sia con una data di scadenza, sia in perpetuo.

Quindi, il diritto di parcheggio nel cortile condominiale può essere concepito come esercitabile in funzione di un diritto di servitù attiva che compete a un dato appartamento solo se l’area di parcheggio si può intendere come uno spazio dal quale il condominio trae luce e areazione e cioè le principali utilità che residuano se l’occupazione della porzione di suolo destinata alla sosta di veicoli compete stabilmente a un solo condomino. Ed è chiaro che, se configurato come servitù, questo “uso esclusivo” non è cedibile se non insieme all’appartamento cui afferisce (e, viceversa, non può non essere ceduto se viene alienato l’appartamento al quale esso è correlato).

Altre soluzioni possono essere quella del ricorso al regolamento condominiale, nel quale venga disciplinato l’uso esclusivo di talune parti dell’edificio come, appunto, l’area destinata a parcheggiare le vetture degli abitanti o degli utenti dell’edificio (prevedendo, ad esempio, spazi perpetuamente riservati oppure un godimento turnario); o si possono utilizzare figure contrattuali di contenuto non reale, come il comodato o la locazione, distinte dal fatto che nel primo caso l’utilizzo è gratuito mentre nel secondo caso vi è il pagamento di un canone.

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